Prova Dattiloscopica: Quando le Impronte Bastano per la Condanna
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante conferma sulla valenza della prova dattiloscopica nel processo penale. Con la sua decisione, la Suprema Corte chiarisce i confini del proprio giudizio, ribadendo come una solida base probatoria e una motivazione logica da parte dei giudici di merito rendano inattaccabile una sentenza di condanna. Analizziamo insieme questo caso emblematico.
I Fatti del Caso: un Furto e delle Impronte Digitali
La vicenda processuale ha origine da una condanna per furto aggravato, confermata sia in primo grado che in appello. L’elemento chiave che ha portato all’identificazione e alla condanna dell’imputato è stato il rinvenimento di un’impronta papillare sul coperchio di un contenitore sulla scena del crimine. Le analisi tecniche hanno stabilito una corrispondenza per ben 22 punti caratteristici con le impronte dell’imputato.
Nonostante la doppia pronuncia di condanna, la difesa ha deciso di presentare ricorso per cassazione, articolando tre distinti motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e il Ruolo della Prova Dattiloscopica
L’imputato ha tentato di smontare l’impianto accusatorio basando il suo ricorso su tre argomenti principali, tutti respinti dalla Suprema Corte.
La Contestazione sulla Prova Dattiloscopica
Il primo motivo di ricorso mirava a contestare l’affermazione di responsabilità, suggerendo una rivalutazione delle prove. La difesa ha messo in discussione l’affidabilità dell’accertamento dattiloscopico. Questo motivo è stato giudicato inammissibile perché tendeva a una riconsiderazione dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità.
La Richiesta di Attenuanti Generiche
In secondo luogo, si lamentava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza sull’aggravante contestata. Anche in questo caso, la Corte ha sottolineato che il bilanciamento tra circostanze è un tipico giudizio di merito, discrezionale e insindacabile in sede di legittimità se sorretto da una motivazione sufficiente e non illogica.
La Doglianza sulla Quantificazione della Pena
Infine, il terzo motivo contestava la graduazione della pena. La Cassazione lo ha ritenuto generico e manifestamente infondato, ricordando che la determinazione della sanzione rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, il quale deve attenersi ai principi degli artt. 132 e 133 del codice penale.
Le Motivazioni Giuridiche
La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha fornito chiarimenti decisivi. In primo luogo, ha riaffermato la solidità della prova dattiloscopica. Citando una consolidata giurisprudenza, ha ricordato che le indagini dattiloscopiche offrono piena garanzia di attendibilità e possono costituire da sole fonte di prova. Questo è vero anche se si tratta dell’impronta di un solo dito, purché si evidenzino almeno sedici o diciassette punti caratteristici uguali. Nel caso di specie, i punti erano addirittura 22, un numero che fornisce la certezza della presenza dell’individuo sul luogo del reato. In assenza di una giustificazione plausibile per tale presenza, questa prova è legittimamente utilizzata per fondare un giudizio di colpevolezza.
Per quanto riguarda gli altri motivi, la Corte ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici delle precedenti istanze su questioni come l’analisi delle prove, il bilanciamento delle circostanze o la congruità della pena. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata per ogni sua decisione, ritenendo la pena irrogata (peraltro nel minimo edittale) congrua e proporzionata.
Conclusioni: L’Inappellabilità del Giudizio di Merito
L’ordinanza rafforza il principio secondo cui una condanna basata su una solida prova dattiloscopica e supportata da una motivazione coerente e priva di vizi logici è difficilmente attaccabile in sede di legittimità. Il tentativo di trasformare il ricorso per cassazione in un appello mascherato, chiedendo una nuova lettura dei fatti, è destinato a fallire. Questa decisione conferma che, una volta accertata la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio nei gradi di merito, le porte della Cassazione si chiudono a mere doglianze fattuali, consolidando la certezza del diritto.
Quanti punti caratteristici di un’impronta digitale sono necessari per una condanna?
Secondo la giurisprudenza citata nell’ordinanza, anche l’impronta di un solo dito può costituire piena prova se evidenzia almeno sedici o diciassette punti caratteristici uguali per forma e posizione, in quanto fornisce la certezza che la persona si trovava sul luogo del reato. Nel caso specifico, ne sono stati riscontrati 22.
La Corte di Cassazione può ridurre una pena se la si ritiene troppo alta?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare l’adeguatezza o la congruità della pena. La sua quantificazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte può intervenire solo se la decisione è frutto di arbitrio, manifestamente illogica o totalmente priva di motivazione, circostanze non riscontrate in questo caso.
Cosa significa che un ricorso è dichiarato “inammissibile”?
Significa che la Corte di Cassazione lo respinge senza entrare nel merito della questione. Ciò avviene quando i motivi del ricorso non sono consentiti dalla legge, come nel caso in cui si tenti di ottenere una nuova valutazione delle prove o dei fatti, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10573 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10573 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/06/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
– che COGNOME NOME ricorre per cassazione, a mezzo del difensore, articolando tre motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta in data 14 giugno 2023, che ha confermato la condanna inflittagli per il delitto di cui agli artt. 624-bis e 1525, comma 1, n. 2 pen. (fatto commesso in Caltanissetta il 10 ottobre 2016);
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il primo motivo, che denuncia vizio di motivazione in punto di affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato contestato, non è consentito n questa sede, giacché affidato a mere doglianze in fatto, dirette a suggerire una rivalutazione delle prove poste fondamento del giudizio di responsabilità, siccome formulato da entrambi i giudici di merito nell loro conformi decisioni, in assenza di specifica allegazione di individuati, inopinabili e deci fraintendimenti delle prove medesime e pur a fronte di un impianto giustificativo de convincimento maturato dai giudici di merito , non inficiato, quindi, da alcuna il logicità evidente;
che il secondo motivo, che lamenta mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza, è articolato senza tener conto che, per diritto vivente, statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qual non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficie motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si s limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Se U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931), come nel caso di specie (vedasi pag. 2, punto 2.2 della sentenza impugnata);
che il terzo motivo, con il quale ci si duole dell’operata graduazione della pena, è generic non consentito e manifestamente infondato, tenuto conto del pacifico insegnamento di questa Corte secondo cui la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merit che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., co conseguenza che è inammissibile la doglianza che in Cassazione miri ad una nuova valutazione della sua congruità ove la relativa determinazione non sia frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – dep. 04/02/2014, Rv. 259142; Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007 dep. 11/01/2008, Rv. 238851), come nel caso di specie (cfr. pag. 2, punto 2.2, della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale ha ritenuto la pena irrogata congrua e proporzionata, anzi quanto più possibi favorevole al condannato, atteso che il Giudice di primo grado ha irrogato il minimo edittale);
rilevato, dunque, che il ricorso deve essere dichiarato inammissible, con la cond ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favor Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Il consigliere estensore
Così deciso il 28 febbraio 2024
Il Pré’sidente’