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Prova associazione per delinquere e reati-scopo

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per alcuni soggetti per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, nonostante la loro precedente assoluzione per i singoli episodi di spaccio (i cosiddetti reati-scopo). La Corte ha stabilito che le prove raccolte per i reati-scopo, pur non essendo sufficienti a provare il singolo delitto, possono legittimamente essere utilizzate per dimostrare la partecipazione stabile e consapevole di un individuo a un più ampio sodalizio criminale. La sentenza chiarisce i criteri per la prova dell’associazione e la distinzione tra la partecipazione al gruppo e la commissione dei singoli crimini.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere: la prova resiste anche all’assoluzione per i reati-scopo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nella lotta alla criminalità organizzata: la prova della partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Il caso in esame chiarisce che l’assoluzione di un imputato per i singoli reati di spaccio non esclude automaticamente la sua responsabilità per il reato associativo, a patto che esistano elementi sufficienti a dimostrare un inserimento stabile nel sodalizio. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Le indagini avevano portato alla luce l’esistenza di due distinte organizzazioni criminali dedite al narcotraffico, operanti tra Milano, Novara e altre località. Diversi soggetti erano stati accusati sia di far parte di queste associazioni (art. 74 D.P.R. 309/90) sia di aver commesso specifici episodi di importazione e spaccio di droga (art. 73 D.P.R. 309/90).

In primo grado, il Giudice per l’udienza preliminare aveva pronunciato una sentenza particolare: aveva assolto tutti gli imputati dalle accuse relative ai singoli episodi di spaccio per insufficienza di prove, ma li aveva condannati per la partecipazione all’associazione per delinquere. La Corte d’Appello aveva successivamente confermato questa decisione. Gli imputati hanno quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo, tra le altre cose, l’illogicità di una condanna per il reato associativo a fronte di un’assoluzione per i reati-scopo che ne costituivano il programma criminale.

La Decisione della Cassazione sull’associazione per delinquere

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i ricorsi, confermando le condanne. La decisione si fonda su un’attenta distinzione tra la prova necessaria per condannare per un singolo reato e quella richiesta per affermare la partecipazione a un’organizzazione criminale.

L’Utilizzo probatorio dei fatti dei reati-scopo

Il punto centrale della difesa era che, una volta assolti per i singoli episodi di spaccio, le conversazioni intercettate relative a quegli episodi non potessero più essere utilizzate per provare il reato associativo. La Cassazione ha respinto questa tesi. I giudici hanno chiarito che l’assoluzione per insufficienza di prove non significa che i fatti non siano accaduti, ma solo che non è stata raggiunta la certezza processuale necessaria a condannare per quel singolo reato.

Tuttavia, gli stessi elementi (come le conversazioni intercettate) possono essere valutati in una prospettiva più ampia. Essi possono rivelare l’esistenza di contatti stabili, la conoscenza delle dinamiche del gruppo, l’uso di un linguaggio criptico e la disponibilità a contribuire agli scopi dell’organizzazione. Questi sono tutti indizi validi per dimostrare il vincolo associativo, cioè la consapevolezza di far parte di una struttura stabile e permanente.

I Requisiti per la prova dell’associazione per delinquere

La Corte ha ribadito che per integrare il reato di associazione per delinquere non è necessaria un’organizzazione complessa e gerarchica. È sufficiente l’esistenza di una struttura anche elementare, purché stabile e funzionale al perseguimento del programma criminale. Nel caso di specie, gli elementi valorizzati sono stati:
* La stabilità dei ruoli (chi si occupava dell’approvvigionamento, chi della custodia, chi della distribuzione).
* L’utilizzo di utenze cellulari dedicate ai traffici illeciti e di codici per comunicare.
* La disponibilità di luoghi per l’occultamento e la preparazione dello stupefacente.
* Il ricorso a fornitori stabili e la capacità di reclutare corrieri.
* La presenza di risorse finanziarie da reinvestire nel traffico.

Questi elementi, nel loro insieme, disegnano un quadro di operatività che va ben oltre la semplice commissione di singoli reati in concorso tra loro.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si basa sulla differente natura giuridica dei reati contestati. Il reato di spaccio (art. 73) è un reato istantaneo che si consuma con la singola cessione o detenzione. Il reato di associazione per delinquere (art. 74) è invece un reato permanente, che punisce la stessa appartenenza a un’organizzazione stabile, a prescindere dal contributo del singolo a ogni operazione illecita.

Di conseguenza, un’assoluzione per il reato-scopo per mancanza di prova certa sulla partecipazione a quella specifica transazione non cancella il valore indiziario di quella stessa prova rispetto al reato associativo. I giudici di merito hanno legittimamente ritenuto che le conversazioni, pur non provando in modo inconfutabile la commissione di un determinato spaccio, dimostravano inequivocabilmente l’inserimento degli imputati in un contesto criminale strutturato, la loro disponibilità a operare per il gruppo e la loro consapevolezza delle finalità illecite comuni. Questo ragionamento non viola alcun principio processuale, poiché i fatti vengono semplicemente valutati sotto una diversa prospettiva giuridica ai fini di un’imputazione differente.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio giurisprudenziale: la prova della partecipazione a un’associazione per delinquere ha una sua autonomia rispetto alla prova dei singoli reati-scopo. Per i tribunali, ciò significa poter affermare la responsabilità per il grave reato associativo anche quando le indagini non riescono a cristallizzare con certezza assoluta il coinvolgimento di un affiliato in ogni singola operazione criminale. Per gli operatori del diritto, questa decisione sottolinea l’importanza di analizzare le prove non in modo frammentario, ma nella loro globalità, per cogliere l’esistenza di quel patto criminale stabile e duraturo che costituisce l’essenza del reato associativo.

Un’assoluzione per i singoli reati di spaccio impedisce di usare le prove raccolte per condannare per associazione per delinquere?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’assoluzione per un singolo reato-scopo (es. spaccio) per insufficienza di prova non impedisce al giudice di utilizzare gli stessi elementi probatori (es. intercettazioni) per dimostrare la partecipazione stabile e consapevole dell’imputato a un’associazione per delinquere, valutando tali prove in una prospettiva più ampia.

Quali elementi sono necessari per dimostrare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico?
Non è richiesta un’organizzazione complessa. Sono sufficienti elementi che dimostrino una struttura stabile e funzionale, come la ripartizione dei ruoli tra gli associati, l’uso di utenze telefoniche dedicate e linguaggi criptici, la disponibilità di luoghi per lo stoccaggio, fornitori abituali e la capacità di reinvestire i profitti.

Il contributo a un singolo episodio criminale è sufficiente per essere considerati partecipi di un’associazione per delinquere?
Sì, anche il coinvolgimento in un solo reato-fine può integrare la partecipazione all’associazione, a condizione che le modalità della condotta rivelino, secondo massime di comune esperienza, un ruolo stabile dell’agente all’interno delle dinamiche operative del gruppo criminale e la sua consapevolezza di servirsi dell’organizzazione per commettere il fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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