Proscioglimento nel merito e reato prescritto: la Cassazione chiarisce i limiti
Quando un reato si estingue per prescrizione, è ancora possibile ottenere un’assoluzione piena? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19295/2024, torna a fare luce su una questione fondamentale del processo penale: le condizioni per ottenere un proscioglimento nel merito anche in presenza di una causa di estinzione del reato. La decisione sottolinea come questa possibilità sia un’eccezione, applicabile solo in casi di innocenza palese.
Il Caso: Dalla Prescrizione alla Richiesta di Assoluzione Piena
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imputato il cui procedimento si era concluso davanti alla Corte d’Appello di Palermo con una sentenza di non doversi procedere. Il motivo era l’intervenuta prescrizione dei reati a lui contestati, tra cui l’abuso d’ufficio. Nonostante questo esito, che di per sé estingue il reato, l’imputato ha deciso di presentare ricorso in Cassazione. L’obiettivo non era contestare la prescrizione, ma ottenere una formula assolutoria più favorevole: un proscioglimento nel merito, che avrebbe attestato la sua completa innocenza rispetto ai fatti contestati.
Il Principio di Diritto: Quando prevale il proscioglimento nel merito?
Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’articolo 129, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, anche in presenza di una causa di estinzione del reato (come la prescrizione), il giudice ha l’obbligo di assolvere l’imputato se riconosce che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso, che il fatto non costituisce reato o che non è previsto dalla legge come reato.
Tuttavia, la giurisprudenza, consolidata da una pronuncia delle Sezioni Unite (sent. n. 35490/2009), ha chiarito che questa prevalenza dell’assoluzione non è automatica. Il giudice può e deve pronunciare il proscioglimento nel merito solo quando le prove dell’innocenza emergano dagli atti in modo ‘assolutamente non contestabile’.
La valutazione del giudice deve essere simile a una ‘constatazione’, una percezione immediata (ictu oculi), e non a un ‘apprezzamento’, che implicherebbe un’analisi approfondita o la risoluzione di dubbi interpretativi. In altre parole, l’innocenza deve essere talmente evidente da non richiedere alcun approfondimento istruttorio.
Le Motivazioni della Corte
Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno osservato che l’imputato, con i suoi motivi di ricorso, non ha fatto altro che riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Soprattutto, il ricorrente non è riuscito a dimostrare l’evidenza palese e indiscutibile della sua innocenza. Le sue doglianze, inclusa una presunta violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza per il reato di abuso d’ufficio, avrebbero richiesto un’analisi complessa e una valutazione di merito, attività preclusa in presenza di una causa estintiva già accertata. La Corte ha quindi concluso che non sussistevano i presupposti per derogare alla regola generale che impone di dichiarare immediatamente la causa di estinzione del reato.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio cruciale: la prescrizione del reato è la via prioritaria che il giudice deve percorrere, a meno che l’innocenza dell’imputato non sia di una chiarezza solare. La richiesta di un proscioglimento nel merito in questi casi non può basarsi su argomentazioni complesse o sulla necessità di una nuova valutazione delle prove. Questa decisione serve a bilanciare due esigenze: da un lato, il diritto dell’imputato a vedere riconosciuta la propria innocenza, dall’altro, il principio di economia processuale, che impone di chiudere un procedimento quando il reato è ormai estinto. L’imputato che cerca un’assoluzione piena deve quindi poter contare su prove che parlino da sole, senza bisogno di interpretazioni.
Quando un reato è prescritto, il giudice può comunque assolvere l’imputato nel merito?
Sì, ma solo a condizioni molto specifiche. L’articolo 129, comma 2, del codice di procedura penale prevede questa possibilità, ma la giurisprudenza la limita ai soli casi in cui l’innocenza dell’imputato sia evidente e indiscutibile.
Quali sono le condizioni per ottenere un proscioglimento nel merito nonostante la prescrizione?
Le circostanze che dimostrano l’innocenza (come la non esistenza del fatto o la non commissione da parte dell’imputato) devono emergere dagli atti in modo ‘assolutamente non contestabile’. La valutazione del giudice deve essere una ‘constatazione’ immediata (ictu oculi), incompatibile con qualsiasi necessità di approfondimento o analisi complessa.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché l’imputato non ha dimostrato l’evidenza dei presupposti per un’assoluzione nel merito. I suoi motivi di ricorso riproponevano argomentazioni già respinte in appello e avrebbero richiesto una valutazione approfondita, non una semplice constatazione, rendendo quindi inapplicabile l’eccezione prevista dall’art. 129 c.p.p.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19295 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19295 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Palermo ha confermato le pronunzie di non doversi procedere per i reati a lui ascritti in quanto estinti per prescrizione.
Rilevato che il difensore dell’imputato ha depositato memoria a sostegno dei motivi di ricorso.
Rilevato che in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu ()culi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244274).
Rilevato che con i motivi di ricorso vengono sostanzialmente rieditate le medesime doglianze sottoposte al giudice dell’appello e da questi ritenute infondate o comunque inidonee a dimostrare l’evidente sussistenza dei presupposti per pronunziare il proscioglimento nel merito dell’imputato. Rilevato in particolare che il ricorrente, senza peraltro confrontarsi compiutamente con la motivazione della sentenza impugnata, non indica le ragioni della propugnata evidenza di tali presupposti, che, tenuto conto di quanto argomentato dalla Corte, non emerge dal contenuto dei motivi di ricorso. Rilevato che anche con riferimento ai capi relativi al reato di abuso d’ufficio quello che sostanzialmente eccepisce il ricorrente è una surrettizia violazione del principio di correlazione, obiezione comunque confutata dalla sentenza impugnata.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27 m zo 2024