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Proscioglimento ex art. 129: limiti dopo il concordato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver concordato la pena in appello, lamentava il mancato proscioglimento ex art. 129 c.p.p. La Corte ribadisce che tale proscioglimento è possibile solo per cause evidenti ‘ictu oculi’ (a colpo d’occhio), e non quando richiede un ‘apprezzamento’ dei fatti, incompatibile con la scelta processuale del concordato.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Proscioglimento ex art. 129: non c’è spazio per l’apprezzamento dopo il concordato

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione torna a delineare i confini applicativi di due importanti istituti del diritto processuale penale: il concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.) e l’obbligo di immediata declaratoria di cause di non punibilità (art. 129 c.p.p.). La decisione chiarisce che, una volta scelta la via dell’accordo sulla pena, la possibilità di ottenere un proscioglimento ex art. 129 si restringe notevolmente, essendo limitata a casi di evidenza assoluta e non a valutazioni di merito che richiederebbero un approfondimento istruttorio.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte di Appello. In secondo grado, l’imputato aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. (c.d. concordato in appello), ottenendo una ridefinizione della pena per una serie di reati, tra cui sostituzione di persona, accesso abusivo a sistema informatico e truffa. Nonostante l’accordo, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte di Appello non avesse valutato la sussistenza di cause di proscioglimento, come l’insussistenza del fatto, che a suo dire avrebbero dovuto prevalere sull’accordo raggiunto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno stabilito che la scelta di accedere al concordato in appello è incompatibile con una successiva doglianza basata su una presunta mancata valutazione di cause di proscioglimento che non siano di immediata evidenza. Il ricorso è stato quindi rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la differenza tra “constatazione” e “apprezzamento”

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione, già tracciata dalle Sezioni Unite, tra il concetto di “constatazione” e quello di “apprezzamento”. Il proscioglimento ex art. 129 presuppone una “constatazione”, ovvero una percezione ictu oculi (a colpo d’occhio) di una causa di non punibilità. Si tratta di situazioni in cui l’innocenza dell’imputato o l’improcedibilità dell’azione penale emergono in modo lampante dagli atti, senza necessità di alcuna attività di valutazione o approfondimento.

Al contrario, il motivo di ricorso proposto dall’imputato si basava su “assunti valutativi”, che richiedevano un “apprezzamento” del merito della vicenda. Questo tipo di valutazione è incompatibile con la logica del concordato, che è una modalità definitoria del processo basata proprio sulla rinuncia a una piena valutazione nel merito in cambio di un beneficio sanzionatorio. Scegliendo il concordato, l’imputato accetta che il processo si concluda sulla base dell’accordo, rinunciando a contestazioni che implicherebbero un esame approfondito dei fatti. Pertanto, lamentare la mancata valutazione di elementi che non sono immediatamente percepibili come cause di proscioglimento è una contraddizione logica e giuridica.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale per la difesa tecnica: la scelta di un rito alternativo come il concordato in appello ha conseguenze preclusive significative. L’imputato e il suo difensore devono essere consapevoli che tale scelta comporta una quasi totale rinuncia alla possibilità di far valere in Cassazione vizi legati alla valutazione del merito. L’unica porta che rimane aperta è quella del proscioglimento ex art. 129, ma solo se la causa di non punibilità è talmente palese da non richiedere alcuna interpretazione o analisi fattuale. La decisione consolida l’orientamento secondo cui i riti premiali si fondano su un bilanciamento di interessi: il beneficio della riduzione di pena si paga con una limitazione delle facoltà di impugnazione.

È possibile chiedere il proscioglimento dopo aver accettato un concordato in appello?
Sì, ma solo se la causa di proscioglimento (ad esempio, l’insussistenza del fatto o la prescrizione) emerge in modo palese e immediato dagli atti, senza la necessità di alcuna valutazione o approfondimento. Non è possibile se richiede un’analisi del merito dei fatti.

Cosa intende la Cassazione per “constatazione” rispetto ad “apprezzamento” nell’applicazione dell’art. 129 c.p.p.?
Per “constatazione” si intende la percezione immediata, a colpo d’occhio (ictu oculi), di una causa di non punibilità evidente. Per “apprezzamento”, invece, si intende un’attività di valutazione e analisi dei fatti che richiede un approfondimento, attività incompatibile con la logica del concordato in appello.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione come questo viene dichiarato inammissibile?
Il ricorso viene rigettato senza formalità di procedura. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (nel caso specifico, quattromila euro) a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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