Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3785 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3785 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: FILOCAMO COGNOME
Data Udienza: 19/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 25/12/1962
avverso l’ordinanza del 02/05/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME che ha concluso chiedendo una dichiarazione d’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento sopra indicato, il Tribunale di sorveglianza di Roma, ha rigettato il reclamo, proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso il decreto ministeriale di proroga d applicazione del regime carcerario di cui all’art. 41-bis legge 27 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.).
NOME COGNOME ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo, avverso tale provvedimento affidandosi ad un unico motivo.
Con tale motivo, il ricorrente denuncia la violazione di legge in relazione all’art. 41-bis ord. pen. e 125 cod. proc. pen. perché la motivazione addotta dal Tribunale non avrebbe considerato la lunga detenzione senza sopravvenienze giudiziarie di alcun tipo, sarebbe identica alle precedenti proroghe, quindi privq,di qualsiasi novità e basata sul trascorso del detenut risalente a circa 15 anni prima; nonché, durante la detenzione scontata in regime di art. 41-bis ord. pen. dal 2007, il detenuto non aveva mai tentato di riallacciare contatti con l’associazio criminale di provenienza.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo una dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, quindi, meritevole di un rigetto.
Premesso che l’ambito del sindacato devoluto alla Corte di cassazione è segnato dal comma 2-sexies dell’art. 41-bis, a norma del quale il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale è limitato alla violazione di legge e che tale limitazione dei motivi di ricorso al violazione di legge comporta che il controllo affidato questa Corte è esteso, oltre ch all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dato che tale vizio scaturisce, prima che dalla violazione della regola generale prescritta dall’ 125 cod. proc. pen., dalla trasgressione della specifica norma di cui al comma 2-sexies dell’art. 41-bis ord. pen., secondo cui il Tribunale di sorveglianza “decide En camera di consiglio, nelle forme previste dagli artt. 666 e 678 c.p.p., sulla sussistenza dei presupposti per l’adozione de provvedimento e sulla congruità del contenuto dello stesso rispetto alle esigenze di cui al comma 2”. Ne consegue che col ricorso per cassazione contro l’ordinanza del tribunale di sorveglianza è denunciabile il vizio di mancanza della motivazione, nel quale devono essere ricondotti tutti casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenz completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, ovvero quando le lin argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione.
Dai precedenti rilievi deve conclusivamente affermarsi che il sindacato della Corte di legittimità è finalizzato ad accertare, oltre che la violazione dei principi di diritto stabili 41-bis ord. pen., l’esistenza della motivazione dell’ordinanza con cui il tribunale di sorveglianz nel decidere il reclamo, ha verificato le condizioni richieste per l’applicazione o per la pro della sospensione delle regole del trattamento penitenziario e il collegamento strumentale tra l limitazioni imposte al detenuto e la salvaguardia delle esigenze di ordine e di sicurezza.
Anche la Corte costituzionale, nel dichiarare inammissibile per manifesta infondatezza la questione di legittimità costituzionale dell’art. 41-bis della legge n. 354 del 1975, come modificato dalla legge n. 279 del 2002, ha precisato che “ogni provvedimento di proroga deve pertanto contenere «una autonoma congrua motivazione in ordine alla permanenza attuale dei pericoli per l’ordine e la sicurezza che le misure medesime mirano a prevenire» e non possono ammettersi «motivazioni apparenti o stereotipe, inidonee a giustificare in termini di attualità misure disposte»”; che “le modifiche apportate dalla legge n. 279 del 2002 alla disciplina della proroga del regime differenziato, prevista nel comma 2-bis dell’art. 41-bis, devono essere interpretate in conformità ai princìpi affermati nella giurisprudenza costituzionale per quan riguarda sia i presupposti e i contenuti dell’istituto che il controllo giurisdizion provvedimento di proroga; che “tali princìpi sono stati recepiti dalla giurisprudenza di legittimi formatasi in relazione al nuovo comma 2-bis dell’art. 41-bis, la quale ha ribadito che ai fini d proroga è necessaria un’autonoma e congrua motivazione in ordine alla attuale esistenza del pericolo per l’ordine e la sicurezza derivante dalla persistenza dei vincoli con la crimina organizzata e della capacità del detenuto di mantenere contatti con essa”; che “la giurisprudenza di legittimità ha pure sottolineato che l’inciso di cui al comma 2-bis («purché non risulti che la capacità del detenuto o dell’internato di mantenere contatti con associazioni criminali terroristiche o eversive sia venuta meno») non comporta una inversione dell’onere della prova, in quanto rimane intatto l’obbligo di dare congrua motivazione in ordine agli elementi da cu risulti che il pericolo che il condannato abbia contatti con associazioni criminali o eversive no venuto meno”; che “i dubbi di costituzionalità sollevati dal rimettente non hanno pertanto ragion d’essere, posto che è possibile attribuire ai presupposti del provvedimento di proroga di cui a comma 2-bis dell’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario una interpretazione conforme a Costituzione”; che, in particolare, “il provvedimento di proroga deve contenere una adeguata motivazione sulla permanenza dei presupposti che legittimano l’applicazione del regime differenziato, vale a dire sugli specifici ed autonomi elementi da cui risulti la persistente cap del condannato di tenere contatti con le organizzazioni criminali”; che, “a sua volta, in sede di controllo giurisdizionale, spetterà al giudice verificare in concreto – anche alla luce d circostanze eventualmente allegate dal detenuto – se gli elementi posti dall’amministrazione a fondamento del provvedimento di proroga siano sufficienti a dimostrare la permanenza delle eccezionali ragioni di ordine e sicurezza che, sole, legittimano l’adozione del regime speciale (Corte cost., n. 417 del 2004). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Pertanto, in conformità a quanto già precisato da questa Corte, va riconosciuto che, nel controllo di legittimità sul provvedimento di proroga, il Tribunale di sorveglianza è tenut
valutare gli elementi indicati nel decreto ministeriale e a sottoporli ad autonomo vaglio crit accertando se le informazioni delle autorità competenti forniscano dati realmente significativ sulla persistente capacità di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata, ovvero se dette informazioni, magari risalenti nel tempo, si limitino a riprodurre la biografia delinquenz e giudiziaria del detenuto, senza alcun riferimento ad altre apprezzabili e concrete circostanz idonee a provare l’attuale pericolosità del detenuto e la cessazione dei collegamenti con l’associazione criminale, quali l’importanza o non del ruolo ricoperto, l’eventuale dissolvimen del sodalizio cui il detenuto apparteneva, la durata della sottoposizione al regime differenziato i risultati del trattamento carcerario, che rimane un parametro ineludibile in relazione a funzione rieducativa della pena (Sez. 1, n. 14016 del 07/03/2008, Rv. 240141).
Rispetto alle doglianze esposte in ricorso deve essere richiamata anche Sez. 1, n. 39760 del 28/09/2005, Rv. 232684, secondo cui la proroga della sospensione dell’applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall’ordinamento penitenz non presuppone la prova dell’attualità dei contatti tra il detenuto e l’organizzazione criminale appartenenza, e quindi, con evidente controsenso, la prova del fatto che il detenuto sia riuscit a violare o comunque ad aggirare il regime speciale di detenzione, essendo invece sufficiente che si dimostri la permanenza attuale dei pericoli per l’ordine e la sicurezza (La Corte nella spec ha ritenuto adeguatamente motivato il decreto di proroga con il richiamo all’attualità dell’atti criminale dell’organizzazione di appartenenza, alla presenza al suo interno di latitanti in posizio di vertice, alla permanenza del ruolo di capo del detenuto, ruolo che all’interno di Cosa nostr non si perde, bensì si accresce in occasione della detenzione, salva una dissociazione che nel caso di specie non era intervenuta).
Infine, sullo specifico tema della proroga del regime detentivo differenziato di cui all’ 41-bis ord. pen., in relazione all’accertamento dell’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale di tipo mafioso, da svolgere tenendo conto dei parametri indicati in termini non esaustivi dal comma 2-bis della citata norma in ricorso, si sostanzia in un ponderato apprezzamento di merito nvolgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste fondamento del suddetto regime (Sez. 1, n. 2660 del 09/10/2018, dep. 2019, Rv. 274912), che non devono essere dimostrate in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che la capacità di mantenere i collegamenti di cui sopra e la sua attualità possano essere ragionevolmente ritenute probabili sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti (Sez. 1, n. 20986 23/06/2020, Rv. 279221).
3. Ciò premesso e condiviso, va altresì riaffermato che i decreti di proroga del regime di detenzione differenziato devono essere sorretti da congrua e autonoma motivazione in ordine agli specifici elementi dai quali desumere la permanenza attuale delle eccezionali ragioni d ordine e di sicurezza, correlate ai pericoli connessi alla persistente capacità del condannato d tenere contatti con la criminalità organizzata, che le misure mirano a prevenire (Sez. 1, n. 48396 del 06/10/2011, Rv. 251583), il che è avvenuto nel caso di specie ove la
motivazione qui impugnata per violazione di legge, in relazione all’apparenza della motivazione, ha dato conto che il ricorrente è un ergastolano condannato per essere stato un esponente di vertice di Cosa Nostra palermitana con ruolo apicale, è rimasto a lungo latitante con NOME COGNOME, poi diventato reggente di Cosa Nostra e pur essendo detenuto dal 2007 è ancora attuale l’operatività del clan di appartenenza, nonché si dà atto dell’estrema pericolosità d detenuto il quale non ha mai mostrato alcuna resipiscenza, anzi, si dà conto delle moltissime sanzioni disciplinari (di cui l’ultima nel 2024).
Il Tribunale di sorveglianza ha, quindi, condiviso le valutazioni espresse nel decreto ministeriale in merito all’attualità del pericolo di ripresa dei collegamenti, desunta dalla biog criminale dell’Adamo e dalla sua posizione di vertice nell’ambito dell’associazione criminale d stampo mafioso, che rende concreto il rischio che egli, se inserito nel circuito penitenziar ordinario, possa riallacciare i contatti con Cosa Nostra.
Ciò, anche in virtù del fatto, da tempo emerso nell’esperienza investigativa e giudiziaria che nelle organizzazioni di tipo mafioso il vincolo associativo permane anche durante la detenzione, ancor più in relazione a chi ha ricoperto un ruolo apicale, tanto che, in mancanza di una chiara manifestazione di resipiscenza, con una positiva evoluzione della personalità o, comunque, un distacco dall’associazione criminale di appartenenza, il detenuto conserva inalterati i propri poteri di intervento e decisionali nelle logiche e nelle dinamiche in dell’organizzazione ancora operativa sul territorio.
Ricostruito in questi termini, il percorso argomentativo che supporta l’ordinanza impugnata essa appare rispettosa tanto delle risultanze istruttorie quanto dei parametri, sopra richiamati, affermati dalla giurisprudenza di legittimità. Ne consegue che i vizi lamentati n sono ammessi al vaglio in questa legittimità, poiché il ricorso tende, in parte, a provocare un nuova e non consentita valutazione di merito dei presupposti per la proroga del regime detentivo speciale e, per la parte residua, allo sfavorevole apprezzamento di un apparato motivazionale che, in quanto immune dai vizi rappresentati e fondato sulla corretta indicazione delle pertinent circostanze di fatto, non può essere qualificato in termini di mancanza o di apparenza.
Per le considerazioni appena espresse, il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
&getta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. C osì deciso in data 19 settembre 2024 D IZIA NOME