Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30271 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30271 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 9 novembre 2023 il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto avverso il decreto ministeriale del 17 giugno 2023 di proroga, per la durata di due anni, del regime detentivo di cui all’art. 41-bis ord. pen. applicato a NOME COGNOME, detenuto presso la Casa circondariale di Roma – Rebibbia in virtù di provvedimento di cumulo emesso dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli del 17 marzo 2022 per la pena di ventidue anni, un mese e diciassette giorni di reclusione e un mese di arresto.
Il titolo detentivo ha ad oggetto il delitto di associazione dedita al narcotraffico con ramificazioni internazionali, violazioni in materia di armi e misure di prevenzione e altre fattispecie di reato.
Il Tribunale ha evidenziato come dall’impugnato provvedimento emerga la descrizione di COGNOME quale esponente di spicco della cosca RAGIONE_SOCIALE.
Il sodalizio in relazione al quale è stata riconosciuta l’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991 per il delitto associativo, ha struttura familiare il ruolo del ricorrente, nel contesto criminale, non è mutato per effetto della detenzione.
Il trattamento penitenziario, quindi, si è rivelato inefficace, tanto che il ruol di vertice nell’associazione è emerso anche all’esito di un’ordinanza cautelare del 21 settembre 2020.
Il Tribunale di Sorveglianza ha evidenziato come nel territorio nel quale è operativa la suddetta cosca vi sia stato dal 2006 al 2013 un conflitto armato nel corso del quale sono stati commessi diversi omicidi.
Peraltro, alcuni agguati sono avvenuti anche in tempi molto più recenti: 26 agosto 2020, 12 settembre 2021 e 26 marzo 2023.
Da tali elementi, i giudici hanno desunto il pericolo che il condannato possa impartire disposizioni tramite i colloqui con i familiari.
La condotta carceraria è stata definita «irregolare», avendo riportato il detenuto ulteriori sanzioni disciplinari negli anni 2022 e 2023.
E’ stata segnalata, inoltre, la presenza di altra condanna con fine pena provvisorio al 19 aprile 2035, mentre sostanzialmente irrilevante, stante la condizione detentiva, è stato ritenuto il mancato coinvolgimento di COGNOME in recenti operazioni di polizia, così come priva di decisività, anche a fronte della perdurante operatività della cosca, è stata giudicata l’assenza di un ruolo apicale.
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Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo dei propri difensori AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO Accorretti, articolando un unico motivo con il quale ha eccepito la violazione dell’art. 41-bis ord. pen. nonché dell’art. 125 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen.
Ha evidenziato come, giusta giurisprudenza costante di questa Corte, con il ricorso in tema di applicazione del regime detentivo di cui all’art. 41-bis ord pen. possa essere fatta valere esclusivamente la violazione di legge nozione nella quale rientra l’assenza di motivazione.
Nel caso di specie, sarebbero mancate la verifica e l’illustrazione di tutti gli elementi fattuali idonei a giustificare la proroga del regime detentivo speciale, giustificato solo attraverso una motivazione apparente che avrebbe trascurato di considerare profili quali il risalente (ininterrotto) stato detentivo di COGNOME, risultanze positive rese dall’equipe della Casa circondariale, la presenza di sole quattro segnalazioni disciplinari in quattordici anni di detenzione, la mancata sopravvenienza di incriminazioni in epoca successiva alla stessa, l’emersione di una nuova organizzazione camorristica diversa da quella della quale aveva fatto parte COGNOME.
Piuttosto, è stato dato rilievo a circostanze smentite (mancato svolgimento dell’attività lavorativa, rilevanza di un’ordinanza di custodia cautelare del 21 settembre 2020, condanna non definitiva per un titolo ull:eriore) irrilevanti (coinvolgimento dei familiari in procedimenti penali) o generiche (relazioni sentimentali dei figli).
Anche la capacità di comunicare con l’esterno è stata illustrata con mere espressioni di stile, non avendo il Tribunale chiarito l’effettivo rapporto del ricorrente con il contesto criminale alla luce delle più recenti emergenze investigative.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
L’ambito del sindacato di legittimità sui provvedimenti del Tribunale di Sorveglianza in materia di proroga del regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis ord. pen. è limitato, ai sensi del comma 2-sexies della stessa disposizione,
alla violazione di legge.
Ne consegue che il controllo suscettibile di essere effettuato nel presente giudizio riguarda solo l’osservanza delle disposizioni di legge sostanziale e processuale e l’assenza di motivazione nei termini in cui la stessa deve essere articolata a norma dell’art. 41, comma 2-sexies ord. pen. che impone al Tribunale di Sorveglianza di motivare sui presupposti per l’adozione del provvedimento e la congruità del contenuto dello stesso rispetto alle esigenze di cui al comma 2.
Sul punto si è formato un consolidato orientamento nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui nella materia di interesse il vizio della violazione di legge include, quale mancanza di motivazione, «tutti i casi nei quali essa appaia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare soltanto apparente o comunque non idonea – per evidenti carenze di coordinazione e per oscurità del discorso – a rendere comprensibile il percorso argomentativo seguito dal giudice di merito» (Sez. 1, n. 48494 del 09/11/2004, COGNOME, Rv. 230303) oppure si riveli «assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano così scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione» (Sez. 1, n. 449 del 14/11/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 226628).
Si tratta della concreta applicazione ai provvedimenti qui in rilievo del principio generale secondo cui «qualora il ricorso per cessazione sia ammesso esclusivamente per violazione di legge, è comunque deducibile la mancanza o la mera apparenza della motivazione, atteso che in tal caso si prospetta la violazione della norma che impone l’obbligo della motivazione nei provvedimenti giurisdizionali» (Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611)
Al contrario, il controllo del Tribunale di Sorveglianza ha ad oggetto profili più ampi se si considera che l’ambito della relativa cognizione è stato definito dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso che «anche a seguito delle modifiche introdotte all’art. 41 bis Ord. Pen. dalla legge n. 94 del 2009, il controllo di legalità del Tribunale di sorveglianza sul decreto di proroga del regime di detenzione differenziato consiste nella verifica, sulla base delle circostanze di fatto indicate nel provvedimento, della capacità del soggetto di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata, della sua pericolosità sociale e del collegamento funzionale tra le prescrizioni imposte e la tutela delle esigenze di ordine e di sicurezza» (Sez. 7, Ordinanza n. 19290 del 10/03/2016, COGNOME, Rv. 267248; Sez. 1, n. 18434 del 23/04/2021, Mulè, Ftv. 281361).
3 Tenuto conto di tale premessa, gli elementi valorizzati dal Tribunale di
Sorveglianza per affermare la configurabilità delle condizioni legittimanti la proroga del regime detentivo speciale risultano compiutamente illustrati.
E’ stato messo in evidenza come il gruppo mafioso di appartenenza del ricorrente (nel quale lo stesso riveste un ruolo di rilievo) ha struttura e base familiare ed in relazione a tale adesione COGNOME ha riportato la condanna per il delitto associativo di narcotraffico aggravato dall’art. 7 legge n. 203 del 1991.
Il detenuto non risulta avere posto in essere condotte dissociative di alcun genere e nel settembre 2020 è stato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare.
Quali elementi sintomatici dell’operatività della cosca e della sua perdurante pericolosità sono stati richiamati alcuni – episodi delittuosi (un tentato omicidio del 2020 e due omicidi, rispettivamente, del 2021 e del 2023).
Dal complesso di tali elementi, in uno con l’irregolare condotta intramuraria sfociata in alcune recenti sanzioni disciplinari, il Tribunale di Sorveglianza ha argomentato in punto di «pieno coinvolgimento familiare» nel contesto di una cosca ancora attiva.
Si tratta di un percorso argomentativo che non denuncia alcun vizio di apparenza della motivazione, risolvendosi nella effettiva valorizzazione di elementi insindacabilmente ritenuti convergenti al fine di affermare la sussistenza delle condizioni che legittimano la disposta proroga del regime detentivo speciale.
Il provvedimento si pone pienamente in linea con i principali arresti di questa Corte che, sul tema qui in rilievo ha affermato che «ai fini della proroga della sospensione dell’applicazione delle regole di trattamento nei confronti dei soggetti condannati per taluno dei delitti menzionati dall’art. 41 bis, comma secondo, legge 26 luglio 1975 n. 354, la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva, richiesta dalla norma, non deve essere dimostrata in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che essa possa essere ragionevolmente ritenuta probabile sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti. (Fattispecie in cui la Corte vfitenuto legittimo l’utilizzo de attestazioni di pendenza di procedimenti penali per nuovi reati di associazione di stampo mafioso, quali fonti informative sufficienti ad indicare la sussistenza di collegamenti del detenuto con associazioni criminali)» (Sez. 1, n. 18791 del 06/02/2015, Caporrimo, Rv. 263508) e, ancora, che «in tema di proroga del regime carcerario differenziato previsto dall’art.41-bis dell’Ordinamento penitenziario, è legittimo il provvedimento che protrae l’applicazione del regime considerando la persistenza della pericolosità del prevenuto raggiunto, mentre era già in carcere, da un’ulteriore misura cautelare per traffico internazionale di
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stupefacenti, atteso che l’essere il provvedimento cautelare risalente a tre anni prima del decreto di proroga non esclude di per sè il pericolo di persistenza dei collegamenti con la criminalità organizzata se tale pericolo, nel provvedimento ministeriale, è adeguatamente motivato» (Sez. 1, n. 41731 del 15/11/2005, Stranieri, Rv. 232892).
La capacità di mantenere i contatti con l’organizzazione criminale di appartenenza e la vitalità della stessa integrano profili presi in considerazione e sui quali la motivazione è stata effettiva in ossequio al principio per cui «ai fini della proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41 bis della legge n. 354 del 1975 è necessario accertare che la capacità del condannato di tenere contatti con l’associazione criminale non sia venuta meno, accertamento che deve essere condotto anche alla stregua di una serie predeterminata di parametri quali il profilo criminale, la posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, la perdurante operatività del sodalizio e la sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, elementi tutti che devono essere considerati mediante l’indicazione di indici fattuali sintomatici di attualità del pericolo di collegamenti con l’esterno, non neutralizzata dalla presenza di indici dimostrativi di un sopravvenuto venir meno di tale pericolo» (Sez. 5, n. 40673 del 30/05/2012, Badagliacca, Rv. 253713).
Sulla sufficienza anche della mera «potenzialità» dei rapporti con l’organizzazione criminale ,.Sez. 1, n. 24134 del 10/05/2019, COGNOME, Rv. 276483; Sez. 1, n. 47521 del 02/12/2008, COGNOME, Rv. 242079
Sul medesimo aspetto deve essere anche ribadito che «ai fini della proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, l’accertamento dell’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale, da svolgere tenendo conto dei parametri indicati in termini non esaustivi dal comma 2-bis della norma citata, si sostanzia in un ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste a fondamento del suddetto regime. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto adeguatamente motivato il provvedimento di proroga fondato, tra l’altro, sulla posizione di rilievo assunta dal ricorrente in un “clan” camorristico ancora attivo e operativo nell’ambito territoriale di riferimento e sui suoi legami familiari con l’esponente di vertice)» (Sez. 1, n. 2660 del 09/10/2018, dep. 2019, Vinciguerra, Rv. 274912).
Correttamente, infine, è stato negato rilievo al mero trascorrere del tempo e alla condizione di detenzione e ciò in ragione del contesto complessivo nel quale si inquadra il ruolo del detenuto nell’ambito dell’organizzazione camorristica tuttora operativa per come emerso dai recenti episodi omicidiari che, sul punto
assumono spiccato rilievo.
Va, infatti, richiamato l’arresto secondo cui GLYPH «L’accoglimento del ricorso avverso il provvedimento di proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41 bis L. n. 354 del 1975 (ordinamento penitenziario) implica l’individuazione di elementi specifici e concreti indicativi della sopravvenuta carenza di pericolosità sociale, che non possono identificarsi con il mero trascorrere del tempo dalla prima applicazione del regime differenziato, né essere rappresentati da un apodittico e generico riferimento a non meglio precisati risultati dell’attività di trattamento penitenziario. (Sez. 1, n. 14822 de 03/02/2009, COGNOME, Rv. 243736; Sez. 1, n. 32337 del 03/07/2019, COGNOME, Rv. 276720).
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 03/05/2024