Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26984 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26984 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminato il ricorso proposto da NOME COGNOME e l’ordinanza impugnata.
Rilevato che, a mente dell’art. 41 bis, comma 2-sexies, Ord. pen., il Procuratore generale presso la Corte di appello, l’internato o il difensore possono proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con cui il tribunale di sorveglianza ha prorogato il regime differenziato solo per violazione di legge. La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre ch all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali l motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (cfr. Sez. U., n. 25080 del 28/5/2003, COGNOME, Rv. 224611).
Rilevato che la proroga del regime detentivo differenziato può essere disposta ove sia stato accertato che la capacità del condannato di tenere contatti con l’associazione criminale non sia venuta meno, tenuto conto di una serie di indicatori sintomatici dell’attualità del pericolo di collegamenti con l’esterno indicati in termini non esaustivi dal comma 2-bis del citato articolo e non necessariamente sopravvenuti (Sez. 1, n. 2660 del 9/10/2018, dep. 2019, Vinciguerra, Rv. 274912), quali: il profilo criminale del soggetto, la posizione dal medesimo rivestita in seno all’associazione, la perdurante operatività del sodalizio e la sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, anche considerata l’assenza di elementi di fatto dimostrativi di un sopravvenuto venir meno di tale pericolo (Sez. 5, n. 40673 del 30/5/2012, Badagliacca, Rv. 253713), che non possono identificarsi con il mero trascorrere del tempo dalla prima applicazione del regime differenziato, né essere rappresentati da un apodittico e generico riferimento a non meglio precisati risultati dell’attività di trattament penitenziario (Sez. 1, n. 32337 del 3/7/2019, Graviano, Rv. 276720).
Ritenuto che, alla luce dei richiamati parametri ermeneutici, il Tribunale di sorveglianza di Roma, valutando correttamente gli elementi risultanti dagli atti e seguendo un percorso motivazionale congruo e adeguato, ha accertato la
sussistenza del pericolo, legittimante la proroga del regime differenziato, che il ricorrente, ove rimesso in regime penitenziario ordinario, possa riprendere i contatti con l’organizzazione nella quale ha a lungo militato disimpegnando un ruolo di primo piano. Sotto questo profilo, ha congruamente valorizzato in risposta ai rilievi difensivi: – la biografia criminale di COGNOME ; – il ruolo di vertice ass dallo stesso all’interno dell’organizzazione camorristica, a forte struttura familistica, per un lungo periodo; la consumazione di una pluralità di reati fine; il mantenimento di collegamenti con il clan di appartenenza anche durante la precedente carcerazione protrattasi per molti anni, anche in regime di sorveglianza particolare, al punto da riprendere immediatamente dopo la scarcerazione l’attività delinquenziale per conto del gruppo; — la perdurante attività del clan di conclamata appartenenza, ampiamente dimostrata dalle numerose operazioni che lo hanno interessato fino ad epoca recente vari sodali, molti dei quali suoi stretti familiari o comunque già condannati per avere fatto parte dell’originario gruppo dirigenziale, in cui era inserito COGNOME, ma ancora in grado, in perfetta continuità con il passato, di tenere le redini del gruppo.
Sulla base di tali dati fattuali, il Tribunale è pervenuto alla conclusione, nient’affatto illogica, che COGNOME, in virtù del ruolo di spicco ricoperto in passato all’interno del clan a cagione ed in conseguenza del rapporto privilegiato con i vertici del gruppo ai quali è legato da rapporti di parentela, rappresenta, ancora oggi, anche alla luce delle più recenti attività investigative, un punto di riferimento dell’intera organizzazione. Né in senso contrario depongono i risultanti dell’osservazione infrannuraria che non indicano significativi mutamenti tali da far ipotizzare un ripensamento rispetto al passato deviante ed una messa in discussione dei valori camorristi a lungo condivisi.
Ritenuto che, a fronte di tale motivazione, il ricorso si è limitato a contestazioni generiche, senza confrontarsi con il richiamato percorso giustificativo, apoditticamente considerato come del tutto mancante o apparente, mentre, per le considerazioni già espresse, esso deve considerarsi non solo presente, ma finanche adeguatamente sviluppato o, pur denunciando formalmente la violazione di legge, tende in realtà a provocare una nuova – e non consentita – valutazione del merito delle circostanze di fatto, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità.
Ritenuto che non è fondata nemmeno la doglianza con la quale si assume che non sono stati presi in ponderazione elementi fattuali dimostrativi dell’attualità del pericolo di collegamenti del ricorrente con l’ambiente criminale d’appartenenza, giacché essa si fonda sull’errata equiparazione tra attualità, ovvero perduranza, della capacità di collegamenti con l’ambiente mafioso di provenienza e necessità che siffatto perdurante pericolo sia assistito ogni volta da
“prove nuove”. Quello che la misura disposta tende a prevenire, al momento della sua applicazione, è difatti la possibilità che tali collegamenti o contatti avvengano. La legittimità della sua proroga non può, pertanto, che essere parametrata alla capacità del detenuto di riprendere detti contatti, che l’utile pregressa applicazione del regime speciale si presume, e si vuole, abbia forzosament:e interrotto; quello che occorre è dunque non che vi siano fatti nuovi che dimostrino il perdurante collegamento, ma che «il pericolo che il condannato abbia contatti con associazioni criminali o eversive non è venuto meno», ovverosia che non siano elementi sapravvenuti idonei ad escludere «la persistente capacità del condannato di tenere contatti con le organizzazioni criminali» (cfr. sentenza Corte Cost. n. 417 del 2004).
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 6 giugno 2024.