Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19783 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19783 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BRONTE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 19 ottobre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il decreto ministeriale emesso in data 07 febbraio 2023 con cui il Ministro della Giustizia ha applicato la proroga per due anni del regime penitenziario differenziato di cui all’art. 41-bis Ord.pen.
Il Tribunale, dopo avere ricordato che i reclami avverso i precedenti decreti di proroga sono stati tutti rigettati, ritenendosi dimostrata la persistenza dei collegamenti del reclamante con il clan mafioso di appartenenza, ha ritenuto tuttora sussistente la capacità dello stesso di controllare le attività del clan, nonostante lo stato di detenzione, già in passato accertata attraverso messaggi veicolati tramite il figlio NOME, stante la caratura criminale del COGNOME COGNOME e la persistente operatività del clan di appartenenza. La mancanza di prova di un’attualità di contatti concreti non è significativa, perché l’eventuale assenza di contatti deriva proprio dall’applicazione del regime penitenziario differenziato. Alcune indagini hanno coinvolto familiari del detenuto, il quale non ha mostrato la volontà di distaccarsi dal gruppo di provenienza, e la sua famiglia gode di una capacità reddituale ben superiore alle normali esigenze di sostentamento.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza di elementi che provino la capacità del detenuto di tenere contatti con la cosca di appartenenza.
Il Tribunale ha omesso ogni motivazione in merito all’oggetto del reclamo, cioè la concreta e attuale capacità del ricorrente di mantenere contatti con la criminalità organizzata, e si è adagiato sulle affermazioni del decreto ministeriale stesso, senza fornire una motivazione autonoma e, in particolare, senza rispondere alle censure formulate nel reclamo. In particolare ha omesso ogni valutazione circa l’attuale pericolosità del ricorrente, limitandosi a richiamare le informazioni poste alla base del decreto ministeriale di proroga, che sono però molto risalenti nel tempo e prive di ogni attualità. Il ricorrente non risulta coinvolto in fatti di reato successivamente al 2006, è sottoposto al regime differenziato da 14 anni, e non vi sono elementi che dimostrino la stabilità del vincolo associativo. Il decorso del tempo, essendo egli sottoposto al regime differenziato da molti anni, se non è sufficiente per escludere la sua pericolosità,
impone però una valutazione più approfondita circa la sussistenza degli indici sintomatici del suo permanente inserimento nella cosca.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
L’art. 41-bis, comma 2 sexies, Ord.pen. stabilisce che il ricorso avverso il provvedimento di applicazione o di proroga del regime differenziato è proponibile solo per violazione di legge, mentre il ricorrente, pur prospettando, quale unico motivo, una violazione di legge, ha di fatto sollevato solo questioni inerenti la completezza della motivazione dell’ordinanza impugnata.
Costituisce un principio consolidato della giurisprudenza di legittimità quello secondo cui la limitazione dei motivi del ricorso alla sola violazione di legge deve essere interpretata nel senso che il controllo è esteso, in ogni caso, alla mancanza di motivazione, vizio idoneo ad integrare la violazione dell’art. 125 cod.proc.pen. e dello stesso art. 41-bis, comma 2-sexies, Ord.pen., che stabilisce che la decisione del tribunale di sorveglianza deve riguardare la sussistenza dei presupposti per l’adozione del decreto ministeriale. E’ notorio, poi, che alla mancanza di motivazione, come assenza grafica della stessa, equivale la sua mera apparenza, che ricorre quando essa risulta del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, ovvero non rende comprensibile la ratio decidendi (Sez. 1, n. 48494 del 09/11/2004, Rv. 230303), o, infine, «omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio» (Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Rv. 279284)
Con riferimento allo specifico oggetto del ricorso, deve ribadirsi che, secondo il consolidato principio di questa Corte, ai fini della proroga dell’applicazione del regime penitenziario differenziato la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale non deve essere dimostrata in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che essa possa essere ragionevolmente ritenuta probabile sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti (vedi Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020, Rv. 27922; Sez. 1, n. 24134 del 10/05/2019, Rv, 276483; Sez. 1, n. 18791 del 06/02/2015, Rv. 263508). La proroga del regime differenziato, peraltro, postula l’accertamento della persistenza della capacità del detenuto di tenere contatti con l’associazione criminosa di appartenenza, non l’effettivo
mantenimento di tali contatti, che possono essere stati interrotti proprio dall’applicazione del regime stesso.
La persistenza di tale pericolo di ripresa o mantenimento dei collegamenti deve essere verificata sulla base degli indici di pericolosità esposti dalla legge n. 94/2009, non necessariamente compresenti, quali l’attuale operatività della cosca, il ruolo apicale del ricorrente e il suo profilo criminale, l’assenza di resipiscenza. Come già affermato da questa Corte, «l’accertamento dell’attuale capacità del condanNOME di mantenere contatti con l’associazione criminale … si sostanzia in un ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste a fondamento del suddetto regime. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto adeguatamente motivato il provvedimento di proroga fondato, tra l’altro, sulla posizione di rilievo assunta dal ricorrente in un “clan” camorristico ancora attivo e operativo nell’ambito territoriale di riferimento e sui suoi legami familiari con l’esponente di vertice)» (Sez. 1, n. 2660 del 09/10/2018, dep. 2019, Rv. 274912). Inoltre, il mero decorso del tempo dalla prima applicazione del regime differenziato o la corretta condotta carceraria non sono indici rilevanti della cessazione del pericolo di ripristino o di mantenimento dei contatti con l’associazione di riferimento, né del venir meno della pericolosità sociale del condanNOME (Sez. 1, n. 32337 del 03/07/2019, Rv. 276720).
L’ordinanza impugnata si è conformata a questi principi, ed ha fornito una motivazione adeguata in ordine ai motivi del reclamo, fondata su argomentazioni logiche e non contraddittorie, peraltro analoghe a quella già in passato ritenute corrette da questa Corte, in relazione a precedenti ordinanze di rigetto di altri decreti ministeriali di proroga. Anche nel respingere questo reclamo il Tribunale di sorveglianza ha esamiNOME gli elementi di fatto indicati nel provvedimento dell’autorità amministrativa, da cui è desumibile la persistenza del pericolo di un ripristino dei collegamenti con il clan di appartenenza del ricorrente, pericolo tale da legittimare la proroga disposta. Ha, in particolare, valutato le questioni poste dal ricorrente quanto alla sua ancora attuale pericolosità, come indicata nel decreto ministeriale impugNOME, e ne ha confermato la sussistenza sulla base del suo spessore criminale, dimostrato dalle condanne riportate e dalla gravità dei reati’ commessi, e del ruolo apicale ricoperto a lungo nell’omonimo gruppo criminale, da lui fondato e affiliato alla famiglia RAGIONE_SOCIALE. Inoltre ha sottolineato, quali elementi da cui è deducibile l’attuale vicinanza del ricorrente alla cosca e il conseguente pericolo di un mantenimento o ripristino dei collegamenti con essa, la persistente attività di quest’ultima, dimostrata anche dalla condanna del fratello del ricorrente, in epoca ancora recente, per estorsione
aggravata dal metodo mafioso, la notevole sproporzione reddituale di cui godono i suoi familiari, il suo mancato allontanamento da logiche criminali, e la già avvenuta dimostrazione della sua capacità di inviare ordini e messaggi ai sodali, nonostante il regime differenziato che gli era stato applicato, affidandoli al figlio NOME, autorizzato a svolgere colloqui con lui.
Il ricorso non si confronta, in realtà, con tale motivazione, in quanto si limita a riproporre, in modo generico, le considerazioni già esposte nel reclamo, contrastanti con il contenuto del decreto ministeriale e dell’ordinanza stessa, senza citare accertamenti o provvedimenti che sostengano le sue obiezioni, e a lamentare l’assenza di una valutazione autonoma degli elementi indicati nel decreto ministeriale a sostegno della decisione di proroga del regime differenziato, valutazione che invece è stata svolta in maniera sufficientemente approfondita.
2. Il ricorso, di fatto, mira a richiedere a questa Corte una diversa valutazione degli elementi che il Tribunale di sorveglianza ha posto a base della sua decisione. Si deve, invece, ricordare che «In tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di cassazione è normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno; ed invero, avendo il legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugNOME, che si presenta quale elaborato dell’intelletto costituente un sistema logico in sé compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza strutturale della sentenza in sé e per sé considerata, necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è “geneticamente” informata, ancorché questi siano ipoteticamente sostituibili da altri» (Sez. U., n. 12 del 31/05/2000 Rv. 216260). Esula, pertanto, dai poteri di questa Corte la formulazione di una diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, in quanto il giudizio di legittimità può riguardare solo la verifica dell’iter argonnentativo esposto nel provvedimento impugNOME, accertando se esso dia conto adeguatamente delle ragioni di quella decisione. Nel presente caso la motivazione risulta completa, adeguata, non illogica e non contraddittoria, nonché corretta alla luce dei consolidati principi giurisprudenziali in tema di proroga del regime penitenziario differenziato, mentre è il ricorso a prospettare
una violazione di legge, esposta in maniera generica e, comunque, manifestamente insussistente.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 03 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente