Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14108 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 288/2025
CC – 23/01/2025
R.G.N. 39722/2024
Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 18/08/1985
avverso l’ordinanza del 07/11/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 07/11/2024, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il decreto del Ministro della Giustizia di proroga per due anni del regime di sorveglianza particolare ai sensi dell’art. 41-bis ord. pen. con sospensione di alcune regole di trattamento previste dalla legge n. 354/1975.
Il provvedimento ministeriale evidenziava l’elevata caratura criminale di NOME COGNOME, in posizione di vertice con i fratelli NOME e NOME del clan de ‘i Bodo’, operante nell’area orientale di Napoli e in particolare nel quartiere Ponticelli; il gruppo, distaccatosi dal clan COGNOME di Barra (del quale i COGNOME facevano parte), si era alleato nel 2012 con il clan COGNOME e aveva ingaggiato una sanguinosa guerra di camorra con il clan COGNOME per il controllo del quartiere Conocal. COGNOME era stato arrestato, dopo alcuni mesi di latitanza, il 19/02/2015 ed era stato successivamente condannato per vari reati (associazione mafiosa, estorsioni, vari omicidi).
Sulla base delle risultanze di piø recenti ordinanze di custodia cautelare emesse tra il 2018 e il 2023 era emerso che il clan COGNOME era ancora operativo, tesseva nuove alleanze e al contempo era protagonista di contrapposizioni violente e armate con altri sodalizi rivali per il controllo del territorio e delle attività illecite (COGNOME, COGNOME, COGNOME
COGNOME e COGNOME
COGNOME).
Il Tribunale di sorveglianza ha respinto le doglianze della difesa del condannato, che lamentava che il provvedimento ministeriale richiamava condotte precedenti all’applicazione del regime ora
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE PENALE Depositata in Cancelleria oggi Numero di raccolta generale 14108/2025 Roma, lì, 10/04/2025
prorogato e non segnalava fatti piø recenti che dessero contezza dell’attuale pericolosità del detenuto.
Ha ritenuto che compito del Collegio fosse quello di verificare non l’attualità dei contatti con la criminalità organizzata, ma la qualificata capacità del detenuto di riprendere pienamente i vincoli associativi dell’interno del carcere, se collocato nel circuito ordinario; non era necessario valutare elementi diversi in occasione di ogni proroga ma accertare la permanenza del pericolo attuale di collegamento con la criminalità organizzata.
SicchŁ il Tribunale di sorveglianza ha considerato le informazioni riportate nel decreto ministeriale idonee a sorreggere il giudizio sulla capacità di NOME COGNOME di mantenere o ripristinare i contatti con la consorteria mafiosa di riferimento, in considerazione del suo indiscusso ruolo di rilievo, del mantenimento attuale di operatività del suo clan, dell’assenza di elementi che potessero far ritenere venuta meno la sua posizione nell’organigramma della cosca, della qualità delle relazioni che egli ha intrattenuto con gli altri esponenti della criminalità.
2.Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore del condannato, articolando un unico motivo, con il quale denuncia violazione ed erronea applicazione dell’art. 41-bis l.n. 354/1975, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., nonchØ violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. in relazione all’art. 666 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen.
Con due atti di impugnazione, uno del difensore e uno del detenuto COGNOME era stato impugnato il decreto di proroga della sottoposizione al regime di cui all’art. 41-bis ord. pen. ed era stata richiesta l’acquisizione di diversi documenti indicati in apposito elenco ed illustrati con memoria, quali elementi con i quali si intendeva smentire la sussistenza di elementi che attualizzassero il giudizio di pericolosità e di capacità del ricorrente di mantenere contatti con l’associazione.
Il Tribunale di sorveglianza non ha accolto tali richieste istruttorie e non ha articolato alcuna motivazione sul punto. Da ciò sarebbe derivata una prima violazione di legge per l’assenza di motivazione.
Ulteriore illegittimità era da riscontrare nel fatto che l’omessa valutazione di questi non aveva consentito una verifica specifica dell’attuale operatività dell’associazione e della sussistenza attuale di un’articolazione che potesse collegarsi ai fatti ascritti al COGNOME.
Il Tribunale di sorveglianza non aveva inoltre tratto alcun elemento nØ lo avrebbe adeguatamente apprezzato dalle relazioni di sintesi che contenevano plurimi e articolati riferimenti al percorso rieducativo in atto per il condannato; da tale documentazione emergeva che COGNOME aveva maturato consapevolezza del disvalore dei suoi pregressi comportamenti delittuosi e delle sofferenze provocate alle vittime e alle loro famiglie, oltre che alla propria, ma anche che aveva intrapreso un efficace percorso di rivalutazione delle sue scelte di vita, mentre il provvedimento impugnato definisce quelle relazioni del tutto generiche e ne sintetizza in maniera diversa i contenuti.
La motivazione relativa ad un provvedimento di proroga avrebbe dovuto essere articolata e rigorosa alla luce anche del tempo trascorso dall’epoca in cui era stato applicato per la prima volta il regime di cui all’art. 41-bis ord. pen.
Pertanto il provvedimento avrebbe dovuto essere annullato.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł infondato per le ragioni di seguito esposte.
2. Occorre premettere che, ai sensi dell’art. 41bis, comma 2sexies, ord. pen., avverso il provvedimento impugnato dinanzi alla Corte di Cassazione possono essere denunciati solo vizi di violazione di legge, sebbene «il controllo svolto dal Tribunale di sorveglianza sul decreto di proroga del regime di detenzione differenziato, diversamente dal sindacato conducibile nel giudizio di legittimità, non Ł limitato ai profili di violazione della legge, ma si estende alla motivazione ed alla sussistenza, sulla base delle circostanze di fatto indicate nel provvedimento, dei requisiti della capacità del soggetto di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata, della sua pericolosità sociale e del collegamento funzionale tra le prescrizioni imposte e la tutela delle esigenze di ordine e di sicurezza» (Sez. 1, n. 18434 del 23/04/2021, Rv. 281361-01).
Tuttavia «ai fini della proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, l’accertamento dell’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale, da svolgere tenendo conto dei parametri indicati in termini non esaustivi dal comma 2bis della norma citata, si sostanzia in un ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste a fondamento del suddetto regime» (Sez. 1, n. 2660 del 09/10/2018, dep. 2019, Rv. 274912).
Pertanto «l’accoglimento del ricorso avverso il provvedimento di proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis, legge 26 luglio 1975, n. 354 implica l’individuazione di elementi specifici e concreti indicativi della sopravvenuta carenza di pericolosità sociale, che non possono identificarsi con il mero trascorrere del tempo dalla prima applicazione del regime differenziato, nØ essere rappresentati da un apodittico e generico riferimento a non meglio precisati risultati dell’attività di trattamento penitenziario». (Sez. 1, n. 32337 del 03/07/2019, Graviano, Rv. 276720 01).
Difatti il decorso del tempo non Ł elemento – di per sØ solo – capace di azzerare le spinte criminali che la personalità del condannato e gli stimoli derivanti dalle sue qualificate relazioni associative mafiose possono esprimere; al contempo, la capacità potenziale di riattivazione dei contatti va apprezzata in riferimento alla «particolare influenza» del soggetto detenuto sullo specifico contesto esterno.
Tale pericolo Ł stato sovente rapportato – in chiave logica – al ruolo di vertice svolto, in libertà, nell’ambito della organizzazione camorristica, il cui profilo operativo non può dirsi neutralizzato, in ragione di dati di fatto obiettivi e percepibili, riportati sia pure per sintesi nel corpo della decisione.
Per questo dinanzi ad una accertata qualità di capo o comunque di dirigente della organizzazione criminale e in presenza di elementi che descrivano tale organizzazione ancora attiva e ove manchino segnali di abbandono della logica deviante, si Ł ritenuto giustificato il decreto di proroga del regime differenziato, in ragione delle finalità preventive della misura di cui all’art. 41 bis ord.pen. (Sez. I, n. 52054 del 29.4.2014, rv 261809).
La legittimità del regime differenziato Ł stata ribadita in ragione proprio della meritevolezza della finalità preventiva con la nota pronuncia della Corte EDU (I sezione, sentenza del 25 settembre 2018, ricorrente COGNOME contro COGNOME); finalità non in contrasto con i diritti fondamentali, quando ricorre la necessità di particolari forme di inibizione dei contatti tra il soggetto posto in detenzione e il contesto criminale di provenienza.
Tenendo conto di questi principi, l’esame del provvedimento impugnato nella presente sede di
legittimità evidenzia che le carenze motivazionali denunciate sono insussistenti.
3. Non vi Ł omessa motivazione sulle richieste istruttorie.
Nel reclamo era stata articolata una richiesta di acquisizioni istruttorie, che aveva ad oggetto un cospicuo elenco di provvedimenti, tutti espressamente richiamati nel decreto di proroga. Tutti questi atti (sentenze, ordinanze di custodia cautelare, decreti di fermo, provvedimenti di trattenimento della corrispondenza) venivano ritenuti necessari per verificarne i contenuti e la rilevanza ai fini della decisione di proroga del regime in atto.
Si era chiesto anche di acquisire il registro della corrispondenza del detenuto, il registro dei colloqui telefonici e/o visivi del detenuto e la relazione comportamentale aggiornata e il programma rieducativo preposto dall’area educativa. Tale documentazione era ritenuta necessaria per verificare con chi manteneva attualmente i contatti il COGNOME e per saggiare la compatibilità del livello raggiunto nel percorso rieducativo e il regime derogatorio di cui all’art. 41-bis ord. pen.
Orbene contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il Tribunale di sorveglianza dà atto di avere esaminato la memoria depositata il 30.10.2024 (cfr. pag. 3 del provvedimento impugnato) e gli atti ad essi allegati, in particolare i provvedimenti del Tribunale di sorveglianza e dell’Ufficio di sorveglianza di Novara di consegna di corrispondenza precedentemente trattenuta.
Con riguardo a tutti gli atti di cui si chiedeva l’acquisizione non può dirsi che sia stata omessa motivazione, poichØ le informazioni da essi tratte e contenute nel provvedimento ministeriale sono state debitamente e ampiamente esaminate e la difesa non ha esposto nemmeno in ricorso quali aspetti o quali contenuti fossero stati omessi nella motivazione del provvedimento o quali difformità rispetto a quanto riportato nel decreto ministeriale si dovessero verificare rispetto alle plurime fonti del provvedimento medesimo, posto che nessuna specifica risultanza Ł stata storicamente contestata.
La censura rimane quindi priva di alcuna correlazione ad uno specifico interesse processuale.
Sotto tutti gli altri profili la motivazione risulta esaustiva e non apparente. Il Tribunale ha svolto un apprezzamento in concreto della incidenza del decorso del tempo in rapporto ad una condizione associativa pregressa accertata in posizione di vertice, con l’inserimento del COGNOME in una rete di legami gerarchizzati rispetto ai quali non vi Ł alcun elemento nuovo che dia conto del loro affievolimento o del loro scardinamento.
La relazione di sintesi Ł stata debitamente valutata e il Tribunale di sorveglianza ha formulato degli apprezzamenti in ordine alla genericità dei suoi propositi di cambiamento, mostrando di avere contezza di quanto rappresentato dagli operatori e tuttavia non ritenendolo sufficiente a dimostrare un definitivo allontanamento dalle logiche criminale. Gli argomenti proposti dalla difesa, pertanto, non possono valere ad evidenziare una violazione di legge per assenza della motivazione su questi punti, ma finiscono per proporre una diversa valutazione degli elementi apprezzati come insufficienti dal Tribunale di sorveglianza.
La motivazione del provvedimento svolge, inoltre, una analisi concreta delle emergenze fattuali che dimostrano l’attivismo esterno e assai pericoloso del gruppo di riferimento anche in tempi recenti.
Per contro attraverso le verifiche sulla corrispondenza sono emersi elementi che hanno fatto ragionevolmente ritenere al Tribunale di sorveglianza che venga posta cura dai familiari e dagli affiliati affinchØ sui social rimangano visibili immagini che ritraggono il COGNOME e che di questa cura si cerchi di fare avere notizia al detenuto; circostanza questa sintomatica della possibilità attuale che egli mantenga o riattivi i legami con l’esterno.
SicchŁ il provvedimento impugnato risulta del tutto immune dai vizi denunciati.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato; ne consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 23/01/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME