Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46038 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46038 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME Giovanni nato a PALERMO il 21/02/1976; avverso l’ordinanza del 07/06/2024 del TRIBUNALE di RAGIONE_SOCIALE di Roma; vista la relazione del Consigliere NOME COGNOME vista la requisitoria del Sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità del ricorso, e esaminata la memoria depositata nell’interesse del ricorrente. in procedura a trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto emesso in data 7 giugno 2024 il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo introdotto da NOME COGNOME avverso la proroga del regime differenziato di cui all’art. 41 bis ord.pen. disposta in data 9 novembre 2023.
1.1 Premessa la ricognizione dei contenuti dei titoli in esecuzione (per associazione mafiosa e omicidio), in motivazione si evidenzia, in sintesi che: a) pur in assenza di riconoscimento processuale della qualità di capo o promotore della associazione mafiosa, Ł stata rappresentata nelle decisioni emesse nel corso del tempo una posizione di ‘sovraordinazione’ del Riina rispetto ad altri sodali; b) la associazione mafiosa Ł ancora attiva nel territorio di Corleone; c) mancano segnali di effettivo ravvedimento, in presenza di condotta carceraria non sempre regolare.
Da ciò la considerazione della perdurante capacità del COGNOME di relazionarsi con soggetti esterni al circuito detentivo e la correlata necessità di proroga del regime differenziato.
Avverso detto decreto ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – COGNOME COGNOME Il ricorso Ł affidato a due motivi.
2.1 Dopo ampia premessa in fatto (ove si rammenta che il ricorrente Ł detenuto dal 10 giugno del 1996 ed Ł sottoposto al regime differenziato dal 20 giugno 2002) si deduce, al primo motivo, erronea applicazione di legge, con particolare riferimento ai contenuti dell’art.3 Conv. Edu. a al divieto, derivante dall’art.27 Cost. di presunzioni legali assolute di pericolosità.
Si rappresenta che il decreto di proroga non contiene alcuna rinnovata valutazione della
condizione soggettiva di pericolosità del COGNOME, finendo con il riproporre le motivazioni dei decreti precedenti.
Da qui una sostanziale denunzia della esistenza – di fatto – di presunzione assoluta di pericolosità correlate al titolo di reato (art.416 bis cod.pen.) in espiazione. Ciò sarebbe, in tesi, contrario ai principi costituzionali e convenzionali.
Quanto ai pretesi indicatori di pericolosità si evidenzia che: a) l’attività associativa Ł stata posta in essere, senza alcun ruolo direttivo, tra il 1995 e il 1996; b) la pretesa posizione di sovraordinazione non si Ł mai tradotta in una decisione applicativa di una condizione diversa da quella di semplice affiliato; c) il fratello NOME NOME Ł attualmente libero e non vi Ł stato alcun accertamento giurisdizionale sulla esistenza di un ruolo di comando esercitato da NOME NOME tramite il fratello; d) in nessuno dei procedimenti recenti che riguardano la frazione corleonese di cosa nostra Ł stato coinvolto il ricorrente; e) il riferimento a una sanzione disciplinare non Ł sviluppato in fatto, a differenza di quanto chiesto dalla difesa, che ne aveva illustrato la totale inconsistenza dimostrativa.
Al contempo, si evidenzia la totale omissione di valutazione rispetto ad indicatori positivi che erano stati rappresentati nell’atto introduttivo ed ina memoria difensiva. Tra questi: a) il fatto di aver riconosciuto l’antigiuridicità delle condotte poste a base delle condanne con pubbliche affermazioni di contrarietà all’agire mafioso; b) il costante riconoscimento della liberazione anticipata; c) gli spunti positivi emergenti dalla relazione trattamentale.
Da qui la denunzia di una mera apparenza di motivazione, con reiterazione di valutazioni correlate ai legami familiari del ricorrente e non individualizzate, in violazione dei principi regolativi piø volte espressi nelle decisioni della Corte di legittimità e della Corte costituzionale. Si pone in evidenza, inoltre, come la temporaneità del trattamento differenziato, correlata alla permanenza dei rischi per l’ordine pubblico, rappresenti uno dei parametri di compatibilità costituzionale e convenzionale dello strumento in questione, come evidenziato anche dalla Corte Edu nella nota decisione COGNOME contro Italia .
Si ritiene, inoltre, che anche il tema della proroga del regime differenziato non sia immune dalla riforma del sistema delle presunzioni attuata con la novellazione dell’art. 4 bis ord.pen. (posteriore a Corte Cost. n.253 del 2019). In particolare si deduce che – a seguire quanto affermato dal Tribunale di Sorveglianza di Roma – non vi Ł alcuna prevedibilità in concreto delle condotte necessarie per evitarla, in assenza di collaborazione con la giustizia. In tale chiave la difesa ipotizza la rilevanza di una nuova questione di legittimità costituzionale, data la tendenziale perpetuità della sottoposizione al regime differenziato.
2.Al secondo motivo l’assenza di motivazione viene prospettata anche in riferimento ai contenuti dell’art.125 cod.proc.pen., con asserita violazione dei principi costituzionali e sovranazionali in tema di diritto di difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato, sotto il profilo della denunzia di mera apparenza di motivazione, sollevato al primo motivo di ricorso.
La decisione impugnata, a parere del Collegio, non realizza un percorso argomentativo effettivo ed idoneo a dare conto della «perdurante necessità» di sottoporre il ricorrente al regime differenziato di cui all’art.41 bis ord.pen., per le ragioni che seguono.
2.1 Come Ł noto, avverso il provvedimento emesso dal Tribunale di Sorveglianza in sede di reclamo circa l’applicazione o la proroga del regime differenziato di cui all’art. 41 bis ord.pen. Ł ammesso ricorso per cassazione in rapporto alla sola violazione di legge (art. 41 bis, comma 2
sexies ord.pen.) .
Ciò determina la possibilità, per questa Corte di rilevare, anzitutto, l’assoluta carenza di motivazione, intesa come mancanza grafica della stessa o come redazione di un testo del tutto sfornito dei requisiti minimi di logicità e aderenza ai dati cognitivi acquisiti, tale da rendere incomprensibile il percorso giustificativo della decisione.
Vi Ł, al contempo, carenza assoluta di motivazione anche quando l’organo giurisdizionale omette di prendere in esame circostanze di fatto potenzialmente decisive introdotte dalla difesa, posto che il giudice – specie in sede di impugnazione – Ł tenuto a fornire adeguata motivazione circa l’infondatezza, l’indifferenza o la superfluità degli argomenti opposti dall’interessato (v. Sez. 2, n. 37100 del 7.7.2023, Rv. 285189).
2.2 Ora, nel caso della proroga della sottoposizione al regime differenziato, va rilevato che l’intero sistema del controllo giurisdizionale – esercitato nel merito dal Tribunale di Sorveglianza – Ł finalizzato a garantire che il parziale sacrificio dei diritti trattamentali spettanti al detenuto poggi su una effettiva attualizzazione delle valutazioni in punto di «capacità e attitudine» del detenuto medesimo a mantenere i legami comunicativi con l’ambiente criminale esterno, sì da rappresentare, ove non contrastata con le limitazioni tipiche della misura- un pericolo per l’ordine pubblico.
In caso contrario la permanenza delle restrizioni non troverebbe giustificazione nØ copertura costituzionale, risolvendosi – effettivamente – in una sorta di presunzione legale di permanenza sine die di pericolosità soggettiva, contraria agli equilibri di sistema e al bilanciamento costituzionale realizzatosi attraverso le numerose tappe evolutive della misura trattamentale de qua .
2.3 In particolare, va ricordato che Ł la stessa Corte Costituzionale ad aver piø volte affermato che il ruolo affidato alla particolare disciplina derogatoria dell’art.41 bis ord.pen. Ł quello di inibire in rapporto alla accentuata pericolosità sociale dei destinatari – le possibili forme relazionali con il tessuto criminale di provenienza, in un contesto di tutela anticipata dell’ordine e della sicurezza pubblica: ” la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito che il regime differenziato previsto dall’art. 41bis , comma 2, ordin. penit. mira a contenere la pericolosità di singoli detenuti, proiettata anche all’esterno del carcere, in particolare impedendo i collegamenti dei detenuti appartenenti alle organizzazioni criminali tra loro e con i membri di queste che si trovino in libertà: collegamenti che potrebbero realizzarsi attraverso i contatti con il mondo esterno che lo stesso ordinamento penitenziario normalmente favorisce, quali strumenti di reinserimento sociale (sentenza n. 376 del 1997; ordinanze n. 417 del 2004 e n. 192 del 1998). Ciò che l’applicazione del regime differenziato intende soprattutto evitare Ł che gli esponenti dell’organizzazione in stato di detenzione, sfruttando il regime penitenziario normale, possano continuare ad impartire direttive agli affiliati in stato di libertà, e così mantenere, anche dall’interno del carcere, il controllo sulle attività delittuose dell’organizzazione stessa (sentenza n. 143 del 2013) ” (così, in motivazione, sent. Corte cost. n. 186 del 2018).
In tale chiave metodologica, anche la decisione in tema di proroga deve basarsi su un apprezzamento ‘in concreto’ di tutte le situazioni di fatto incidenti sul particolare giudizio. Come affermato già da Corte Cost. ord. n.417 del 2004 ogni provvedimento di proroga deve pertanto contenere «una autonoma congrua motivazione in ordine alla permanenza attuale dei pericoli per l’ordine e la sicurezza che le misure medesime mirano a prevenire» e non possono ammettersi «motivazioni apparenti o stereotipe, inidonee a giustificare in termini di attualità le misure disposte».
2.4 Può dirsi dunque che l’accertamento dell’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale, Ł da svolgere tenendo conto degli ‘indicatori logici’ indicati, in termini non esaustivi, dal comma 2bis dell’art.41 bis ord.pen. e si sostanzia in un ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste a fondamento del suddetto regime
(in questi termini, Sez. I n. 2660 del 9.10.2018, dep. 2019, rv 274912).
La motivazione del provvedimento di proroga deve, pertanto, da un lato rapportarsi alle originarie statuizioni (al fine di soppesare la loro attuale validità indicativa) dall’altro vagliare tutti gli elementi sopravvenuti, potenzialmente idonei a rappresentare mutamenti nelle varie condizioni di fatto che possono incidere sulla necessità di mantenere in vita le restrizioni al regime ordinario.
2.5 Ora, negli arresti di questa Corte di legittimità si Ł piø volte evidenziato che il decorso del tempo non Ł elemento – di per sØ solo – capace di azzerare la attitudine comunicativa «di impulso criminale» del soggetto e che, al contempo, la capacità potenziale di riattivazione dei contatti va apprezzata in riferimento alla «particolare influenza » del soggetto detenuto sullo specifico contesto esterno.
Tale pericolo Ł stato sovente rapportato – in chiave logica – al ruolo di vertice svolto, in libertà, nell’ambito della organizzazione camorristica, il cui profilo operativo non può dirsi neutralizzato, in ragione di dati di fatto obiettivi e percepibili, riportati sia pure per sintesi del corpo della decisione.
In tal senso, ove il Tribunale si trovi di fronte ad una accertata – nelle decisioni definitive confluite nel titolo in esecuzione – qualità di capo o comunque di dirigente della organizzazione criminale ancora attiva e ove manchino segnali di abbandono della logica deviante, si Ł ritenuto giustificato il decreto di proroga del regime differenziato.
Ciò perchØ, Ł bene ribadirlo, la misura «trattamentale» – di cui all’art. 41 bis ord.pen. realizza finalità preventive (si veda, sul punto, quanto affermato da Sez. I, n. 52054 del 29.4.2014, rv 261809, in riferimento alla immutata natura preventiva della misura in parola, pure a seguito delle modifiche apportate con legge n. 94 del 15 luglio 2009), tese alla inibizione di contatti con il contesto criminale di provenienza.
2.6 La condizione del soggetto detenuto, pertanto, viene sottoposta ad un «aggravamento» del grado di afflizione, già di per sŁ correlato alla limitazione di libertà, in virtø della constatazione del livello di pericolosità soggettiva (desumibile dalla natura del reato commesso e da altri indicatori fattuali relativi alla personalità) che legittima l’adozione di misure idonee a prevenire il fenomeno del mantenimento delle capacità di incidenza del soggetto recluso sugli accadimenti esterni.
Giova anche precisare che la natura preventiva della adozione del regime differenziato Ł stata ribadita – in modo significativo – dalla stessa Corte Edu, nel noto caso COGNOME contro Italia (I sezione, sentenza del 25 settembre 2018), lì dove si Ł affermato (al par. 150) che: La Corte riconosce gli argomenti del Governo sulle finalità puramente preventive e di sicurezza – piuttosto che punitive – del regime carcerario speciale in questione, e il suo obiettivo di separare i contatti tra detenuti e le loro reti criminali (vedere paragrafo 143 sopra), nonchØ gli argomenti addotti in merito alla giustificazione dell’imposizione delle misure (cfr. paragrafo 146 sopra) .
Trattasi di finalità di per sŁ ritenuta – dalla stessa Corte di Strasburgo – non in contrasto con i diritti fondamentali, lì dove emerga la necessità di particolari forme di inibizione dei contatti tra il soggetto posto in detenzione e il contesto criminale di provenienza.
Sempre nella citata decisione COGNOME contro Italia si ribadisce – al par. 147 della sentenza – la compatibilità tra il modello differenziato di trattamento del detenuto portatore di pericolosità accentuata e il principio di cui all’art. 3 Conv., sempre che sia presente adeguata giustificazione circa le opzioni di applicazione e proroga : La Corte nota in apertura che ha già avuto ampia possibilità di valutare il regime di cui all’art. 41 bis in un gran numero di casi prima di questo, e ha concluso che, secondo le circostanze di tali casi, l’imposizione del regime non dà luogo a problemi ai sensi dell’articolo 3 neppure quando Ł stato imposto per lunghi periodi di tempo (vedi, tra molti altri esempi, Enea , citata sopra; COGNOME , citato sopra; Campisi v. Italia , no. 24358/02, 11 luglio 2006; e Paolello c. Italia (dec.) n. 37648/02, 24 settembre 2015). In tali casi, la Corte ha
costantemente affermato che, nel valutare se l’applicazione estesa delle restrizioni di cui alla sezione del regime di cui all’art.41 bis raggiunge la soglia minima di gravità necessaria per rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 3, la durata deve essere esaminata alla luce delle circostanze di ciascun caso, che comporta, tra l’altro, accertare se il rinnovo o l’estensione delle restrizioni contestate era giustificata o no (vedi COGNOME , citata sopra, § 64; COGNOME , citata sopra, § 21; COGNOME, sopra citato, § 38, 11 luglio 2006; e COGNOME , citata sopra, § 27); e, mutatis mutandis , COGNOME c. Francia , n. 59450/00, § 145, CEDU 2006-IX) .
Tutto ciò premesso, va rilevato che nel caso in esame le doglianze difensive sono fondate in rapporto ai seguenti punti: a) non vi Ł stato da parte del Tribunale alcun apprezzamento in concreto della incidenza del decorso del tempo in rapporto ad una condizione associativa pregressa che, per quanto si comprende, non Ł mai stata processualmente accertata in termini di ruolo «di vertice» in riferimento a COGNOME Giovanni, condannato per mera partecipazione al sodalizio mafioso ; b) risulta meramente assertiva e poco chiara la considerazione di una posizione di ‘sovraordinazione’ del COGNOME rispetto ad altri affiliati, non essendo stata argomentata la fonte e il significato concreto di tale affermazione in rapporto alla attuale condizione di pericolosità; c) non si rintraccia in motivazione una analisi concreta delle emergenze fattuali che dimostrino l’attivismo esterno del gruppo di riferimento ; d) non vi Ł alcun riferimento in motivazione all’avvenuto apprezzamento in concreto del percorso trattamentale del detenuto, in particolare sugli aspetti che erano stati evidenziati nell’atto introduttivo del reclamo e nella posteriore memoria difensiva.
L’insieme di dette carenze argomentative conduce ad un apprezzamento di mera apparenza di motivazione e da ciò deriva l’annullamento con rinvio della decisione impugnata.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma.
Così Ł deciso, 11/10/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME