Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27431 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27431 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a MATERA il 24/11/1969
avverso l’ordinanza del 08/02/2024 del TRIBUNALE DI RAGIONE_SOCIALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso il decreto del Ministro della giustizia in data 11 maggio 2023 con il quale è stato prorogato per la durata di anni due il regime detentivo differenziato dell’art. 41bis legge 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.).
1.1. Ad avviso del Tribunale non sono intervenuti elementi di novità rispetto alla precedente proroga (il reclamo contro la quale era stato rigettato con provvedimento del 28 febbraio 2022; il ricorso è stato rigettato da Sez. 1, n. 28302 del 2023): le condizioni che hanno indotto il Ministro a disporre la proroga sono inalterate quanto all’accertato ruolo del ricorrente nella compagine associativa, alla perdurante attività del gruppo di appartenenza e alla assenza di segni dissociativi o – in senso lato – collaborativi.
Ricorre NOME COGNOME a mezzo del difensore avv. NOME COGNOME denunciando la violazione di legge, in relazione agli artt. 125 cod. proc. pen. e 41bis ord. pen., per mancanza di specificità della motivazione che si riferisce a fatti di epoca remota e che neppure motiva sulla attuale operatività dell’organizzazione, né prende in esame le specifiche doglianze difensive sul punto, che, tra l’altro, concernevano il novum derivante dall’annullamento senza rinvio del provvedimento cautelare recentemente emesso per art. 416-bis cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
È bene ricordare che il provvedimento del Tribunale di sorveglianza, che decide sul reclamo avverso il decreto del Ministro della giustizia che applica o proroga il regime differenziato di cui all’articolo 41-bis ord. pen, è impugnabile unicamente per violazione di legge.
Si è, da tempo, chiarito che «in tema di regime carcerario differenziato, è legittima la proposizione del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza per violazione di legge, in tale vizio ricomprendendosi, come mancanza della motivazione, tutti i casi nei quali essa appaia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare soltanto apparente o comunque non idonea – per evidenti carenze di coordinazione e per oscurità del discorso – a rendere comprensibile il percorso argomentativo seguito
dal giudice di merito» (Sez. 1, n. 48494 del 09/11/2004, COGNOME, Rv. 230303), e che «non costituisce violazione di legge, unico vizio legittimante il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di applicazione o di proroga del regime previsto dall’art. 41-bis della legge n. 354 del 1975, l’omessa enunciazione delle ragioni per le quali il Tribunale di Sorveglianza non abbia ritenuto rilevanti gli argomenti e la documentazione prodotta dalla difesa, ove i dati assunti a fondamento della decisione siano sufficienti a sostenerla e non risultino intrinsecamente apparenti o fittizi» (Sez. 1, n. 37351 del 06/05/2014, Trigila, Rv. 260805).
2.1. Per quanto riguarda la proroga del regime differenziato, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che «ai fini della proroga della sospensione dell’applicazione delle regole di trattamento nei confronti dei soggetti condannati per taluno dei delitti menzionati dall’art. 41-bis, comma secondo, legge 26 luglio 1975 n. 354, la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva, richiesta dalla norma, non deve essere dimostrata in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che essa possa essere ragionevolmente ritenuta probabile sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti» (Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020, COGNOME, Rv. 279221).
Il ricorso denuncia fondatamente l’assenza della motivazione circa le denunciate carenze argomentative del decreto ministeriale sulla persistenza dell’organizzazione e sul ruolo del ricorrente, essendo richiamati fatti vecchi dei quali manca una effettiva attualizzazione; del resto, il Tribunale non ha esaminato importanti e decisivi arresti giurisprudenziali concernenti proprio i più recenti fatti di partecipazione mafiosa addebitati al ricorrente.
3.1. Il Tribunale di sorveglianza ha affermato la “notevole caratura criminale” di COGNOME – già accreditato esponente, tra il 1990 e il 1998, di un clan mafioso e legato, nel corso del tempo, a diverse organizzazioni criminali, nonché condannato, in epoca più recente, a gravosa pena detentiva quale partecipe di un’associazione finalizzata al narcotraffico le attività della quale si svolgevano in sinergia con una compagine criminale ex art. 416-bis cod. pen. – e ne ha confermato la consistente e attuale pericolosità sociale.
Il Tribunale ha anche osservato che l’organizzazione criminale, nella quale RAGIONE_SOCIALE ha militato, è tuttora attiva e vitale, come comprovato dai
procedimenti penali promossi a suo carico nel 2023 anche per art. 416-bis cod. pen. (fatti dal 2013 al 2020).
Ha, quindi, mutuato il giudizio espresso dal Ministro della giustizia in ordine alla persistenza di collegamenti tra il detenuto e la criminalità organizzata che, letti alla luce del rango delinquenziale di SOLIMANDO e dell’assenza di segno alcuno del ripudio, da parte sua, delle logiche che hanno fatto da sfondo alla commissione dei gravi delitti per i quali egli è stato condannato a severa pena detentiva, rendono concreto il rischio che egli, una volta restituito all’ordinario circuito detentivo, approfitti della più ampia facoltà di comunicazione per riannodare i contatti con i gruppi che, all’attualità, esercitano il giogo su una determinata porzione di territorio e che, quali che ne siano denominazione e composizione, sono senz’altro riconducibili al fenomeno mafioso.
In effetti, il Tribunale non ha esaminato le argomentazioni difensive, sostenute da produzioni, in forza delle quali la più recente ipotesi associativa mafiosa è stata ritenuta insussistente in fase cautelare, sicché restano confermate unicamente le più remote risultanze investigative e processuali.
In particolare, risulta che l’ordinanza cautelare emessa anche a carico del ricorrente (cui, in realtà, era attribuita unicamente la qualità di concorrente esterno ex artt. 110 e 416-bis cod. pen.) è stata annullata senza rinvio per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, proprio con riguardo alla esistenza dell’organizzazione criminale (Sez. 6, n. 11352 del 2023).
Sul punto l’ordinanza è muta, pur dovendosi annettere a tale evenienza un valore significativo in punto di persistenza dei contatti e di concreta pericolosità, ciò per il rilievo assunto da tale contestazione nell’inquadramento sia della persistente operatività del sodalizio, sia dello stabile e rilevante ruolo del condannato in tale contesto associativo di alto livello, ritenuto connesso ai clan di ‘ndrangheta nei quali COGNOME aveva militato – quale associato – negli anni ’90 del secolo scorso.
4.1. Il provvedimento impugnato non ha, dunque, attualizzato la motivazione rispetto alla precedente valutazione di permanenza dei presupposti per la proroga del regime differenziato: non ha preso in esame, nel dettaglio, le deduzioni difensive (pagg. 5 e 6 del ricorso), ove si mette in evidenza come, quanto al presunto ruolo di vertice nella associazione e all’applicazione della misura
cautelare per partecipazione ad associazioni criminose di carattere mafioso, giudizio è stato assertivamente espresso nonostante l’assenza di elementi ch
depongano in tal senso.
La valutazione compiuta nel provvedimento pare richiamare, piuttosto, dati non attualizzati e riferibili alla precedente valutazione, a fronte, invece,
esigenza che la proroga del regime detentivo sia fondata su dati non contrasta dalle successive risultanze investigative e processuali che impongono di
scongiurare la possibile, permanente ed attuale esistenza di un collegamento con la associazione criminosa di riferimento.
5. L’ordinanza impugnata va, quindi, annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma che, nell’assoluta libertà delle proprie valutazioni di meri
provvederà a sanare i vizi rilevati, stendendo una motivazione non apparente che ponga in evidenza, nel decreto ministeriale, la ricorrenza degli indici richiesti la proroga del regime differenziato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così deciso il 7 giugno 2024.