LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Promotore associazione a delinquere: il ruolo basta?

Un individuo, accusato di essere un promotore di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti con l’aggravante mafiosa, ricorre in Cassazione lamentando la carenza di motivazione autonoma dell’ordinanza cautelare e l’illogicità nella valutazione degli indizi. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che un capitolo dedicato nell’ordinanza costituisce valutazione autonoma e che il ruolo di supervisore e coordinatore, anche per un sodalizio preesistente, è sufficiente a integrare la qualifica di promotore.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Promotore Associazione a Delinquere: Quando la Supervisione Diventa Ruolo Apicale

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre importanti chiarimenti sulla figura del promotore di associazione a delinquere, delineando i confini tra la semplice partecipazione e un ruolo direttivo. Il caso analizzato riguarda un individuo sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di essere il promotore di un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso. La Suprema Corte si è pronunciata su due questioni cruciali: la validità di un’ordinanza cautelare con motivazione parzialmente ripresa da altri atti e la definizione concreta del ruolo di promotore.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva tratto in arresto e sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere. Le accuse erano gravissime: essere il promotore di un’associazione criminale dedita al traffico di droga, con l’aggravante della recidiva e, soprattutto, del fine di agevolare una consorteria di tipo mafioso. Secondo l’accusa, l’indagato, pur trovandosi agli arresti domiciliari, agiva come supervisore del mercato degli stupefacenti per conto dei vertici mafiosi locali. La gravità indiziaria era stata desunta principalmente da una serie di intercettazioni che, secondo gli inquirenti, dimostravano il suo incarico di riordino e controllo del traffico illecito.
Il Tribunale del Riesame confermava l’ordinanza del G.I.P., ritenendo che vi fosse un’autonoma valutazione della posizione dell’indagato e che la misura carceraria fosse adeguata al contesto mafioso e ai connessi rischi di inquinamento probatorio e reiterazione del reato.

Il Ricorso in Cassazione e le Doglianze della Difesa

La difesa ha impugnato la decisione del Riesame, basando il ricorso su due motivi principali.

Primo Motivo: Nullità per Difetto di Motivazione Autonoma

Il ricorrente sosteneva che l’ordinanza del G.I.P. fosse nulla perché si sarebbe limitata a riprodurre quasi integralmente la richiesta del Pubblico Ministero, senza svolgere un’autonoma valutazione critica degli elementi a carico. Secondo la difesa, mancava un’analisi personalizzata sia dei gravi indizi che delle esigenze cautelari, che erano state genericamente riferite a tutti gli indagati.

Secondo Motivo: Vizio Logico sulla Qualifica di Promotore Associazione a Delinquere

La difesa contestava la valutazione delle prove. Si evidenziava come le intercettazioni a carico diretto dell’indagato fossero solo due e che il suo stato di detenzione domiciliare rendesse improbabile un ruolo apicale. Inoltre, si criticava la valorizzazione di conversazioni tra terzi, ritenute insufficienti a provare un contributo stabile e permanente all’associazione. Infine, si contestava l’equazione automatica tra “supervisore” e “promotore”, definendola un sillogismo privo di logica.

La Decisione della Cassazione: Il Ruolo del Promotore nell’Associazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le doglianze e fornendo chiarimenti fondamentali.

Sulla Motivazione dell’Ordinanza Cautelare

La Corte ha ribadito un principio consolidato: la nullità per difetto di motivazione si verifica solo quando questa manchi del tutto o si risolva in clausole di stile. Nel caso di specie, l’ordinanza del G.I.P., pur riproducendo parti della richiesta del P.M., conteneva un capitolo autonomo interamente dedicato alla posizione dell’indagato. In quelle pagine, il giudice ricostruiva il suo ruolo di supervisore, richiamava specifiche conversazioni e analizzava il suo contributo alla gestione delle piazze di spaccio. Questo, per la Corte, costituisce quella “autonoma valutazione” richiesta dalla legge. Inoltre, è stato ricordato che il Tribunale del Riesame ha il potere-dovere di integrare eventuali insufficienze motivazionali del primo provvedimento.

Le Motivazioni

La Corte ha qualificato come inammissibili le censure sulla valutazione del quadro indiziario, poiché tendevano a una rilettura del merito, non consentita in sede di legittimità. I giudici hanno sottolineato che il loro compito non è riesaminare le prove, ma verificare la logicità della motivazione. Nel caso in esame, i giudici di merito avevano concordemente e logicamente desunto dalle intercettazioni che l’indagato svolgeva con continuità un ruolo di supervisore e organizzatore del traffico di droga. Egli partecipava alle decisioni strategiche, gestiva i rapporti con i vertici, controllava l’operato degli altri e assolveva l’onere contributivo economico. Questo tipo di “controllo”, con funzioni non solo di vigilanza ma anche di impulso e coordinamento, è stato ritenuto un grave indizio della qualifica di figura di riferimento del sodalizio, assimilabile a quella del promotore di associazione a delinquere. La Corte ha precisato che “promotore” o “organizzatore” non è solo chi “fa nascere” il sodalizio, ma anche chi, in un gruppo già costituito, ne accresce le potenzialità criminali con la sua attività di coordinamento e supervisione.

Le Conclusioni

La sentenza consolida due principi fondamentali. Primo, la motivazione di un’ordinanza cautelare non è nulla per il semplice fatto di richiamare o riprodurre atti del P.M., purché contenga una sezione che dimostri un vaglio critico e autonomo da parte del giudice. Secondo, e più importante, la qualifica di promotore di associazione a delinquere non è riservata ai soli fondatori, ma si estende a chiunque svolga compiti direttivi, di coordinamento e supervisione che assicurino la piena funzionalità dell’organismo criminale. Un ruolo di “supervisore”, se implica impulso e organizzazione dell’attività altrui, è sufficiente a integrare la figura apicale prevista dalla norma, con tutte le conseguenze in termini di gravità del reato e di regime cautelare.

Quando un’ordinanza cautelare è nulla per difetto di motivazione?
Un’ordinanza è nulla solo quando la motivazione manca del tutto o si risolve in clausole di stile che impediscono di individuare la ratio della decisione. La parziale riproduzione di atti del Pubblico Ministero non ne determina automaticamente la nullità, se il giudice svolge comunque un reale vaglio critico e un’autonoma valutazione, anche in un capitolo dedicato.

Chi può essere considerato ‘promotore’ di un’associazione a delinquere?
Non è solo colui che fonda l’associazione. È definito ‘promotore’ o ‘organizzatore’ anche chi, in un sodalizio già esistente, svolge compiti di coordinamento e supervisione dell’attività degli associati, assicurando la piena funzionalità dell’organismo criminale e accrescendone le potenzialità illecite.

Il Tribunale del Riesame può correggere o integrare la motivazione del G.I.P.?
Sì, il Tribunale del Riesame ha il potere e il dovere di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato. Questo potere è escluso solo nei casi di motivazione mancante sotto il profilo grafico o del tutto apparente, ad esempio quando il primo giudice si è limitato a una sterile rassegna delle fonti di prova senza alcuna analisi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati