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Programma terapeutico: inammissibile se manca serietà

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto che chiedeva la sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari per seguire un programma terapeutico. La decisione si fonda sulla valutazione del giudice di merito, ritenuta non illogica, circa la mancanza di una seria volontà di recupero da parte del soggetto, desunta sia dalla genericità del programma presentato sia dalle ripetute interruzioni di percorsi analoghi in passato.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Programma Terapeutico: Quando la Mancanza di Serietà Preclude l’Accesso alle Misure Alternative

La richiesta di accedere a un programma terapeutico come alternativa alla detenzione è un momento cruciale nel percorso di un imputato o condannato. Tuttavia, non basta la semplice presentazione di un certificato per ottenere il beneficio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 4433/2025) ha ribadito un principio fondamentale: il giudice deve valutare la serietà e l’effettiva volontà del richiedente, e i fallimenti passati possono pesare in questa valutazione.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla richiesta di un individuo, sottoposto a custodia cautelare in carcere, di ottenere gli arresti domiciliari per intraprendere un percorso di recupero per tossicodipendenti. La sua istanza era stata respinta sia dal Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.) sia, in sede di appello, dal Tribunale della libertà.

Contro quest’ultima decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, il programma presentato era l’unico rilasciabile dal Servizio per le Dipendenze (Sert) in una fase iniziale, e la sua personalizzazione sarebbe avvenuta solo in un secondo momento. Inoltre, si contestava che la pregressa interruzione di altri percorsi potesse, di per sé, dimostrare un attuale disinteresse verso il recupero.

La Decisione della Cassazione e la Valutazione del Programma Terapeutico

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. I giudici supremi hanno chiarito che la valutazione del Tribunale non presentava alcuna ‘manifesta illogicità’. Il rigetto della richiesta non si basava su un singolo elemento, ma su una valutazione complessiva che teneva conto di due fattori cruciali.

In primo luogo, il programma terapeutico presentato era stato ritenuto generico. In secondo luogo, e in modo determinante, si è data rilevanza alla circostanza che l’imputato, in più occasioni precedenti e sempre a seguito di periodi di carcerazione, aveva già avuto accesso a programmi simili, interrompendoli sistematicamente. Questo schema comportamentale è stato interpretato dal giudice come un indicatore di una mancanza di seria ed effettiva volontà di intraprendere un percorso di recupero.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione si concentra sulla natura del suo giudizio, che è di legittimità e non di merito. La Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice precedente, ma solo verificare che il ragionamento di quest’ultimo sia logico e coerente.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che dedurre una mancanza di serietà da un pattern di ripetuti fallimenti non fosse un’argomentazione illogica. L’analisi del Tribunale si configura come una ‘valutazione di fatto’, immune da censure in sede di legittimità. Il ricorso, secondo la Cassazione, era ‘meramente assertivo’, poiché per contestare la genericità del programma, la difesa avrebbe dovuto allegarlo agli atti, cosa che non è avvenuta. La decisione sottolinea quindi che la storia personale e i comportamenti passati del richiedente sono elementi pertinenti e rilevanti per il giudice che deve decidere se concedere una misura alternativa basata su un programma terapeutico.

Le Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre importanti spunti pratici. Chi intende chiedere una misura alternativa per seguire un percorso di recupero deve essere consapevole che non è sufficiente un approccio formale. È necessario dimostrare una concreta e credibile volontà di cambiamento. I precedenti fallimenti non costituiscono una preclusione assoluta, ma possono essere legittimamente interpretati dal giudice come un segno di inaffidabilità, specialmente se ripetuti nel tempo. Pertanto, è fondamentale che la richiesta sia supportata da un programma il più possibile dettagliato e personalizzato fin dall’inizio e, se possibile, da altri elementi che possano convincere il giudice della genuinità dell’intento del richiedente.

È sufficiente presentare un programma del Sert per ottenere gli arresti domiciliari al posto del carcere?
No, secondo la sentenza non è sufficiente. Il giudice valuta anche la serietà e l’effettiva volontà del richiedente, e un programma ritenuto ‘generico’ può non essere considerato adeguato.

I fallimenti di precedenti percorsi di recupero impediscono sempre di ottenerne uno nuovo?
Non lo impediscono in modo automatico, ma la sentenza chiarisce che il giudice può legittimamente considerare le ripetute interruzioni passate come prova di una mancanza di serietà e di effettiva volontà di intraprendere un programma di recupero, rigettando di conseguenza la richiesta.

Cosa valuta il giudice per decidere sulla serietà di un programma terapeutico?
Il giudice compie una valutazione complessiva. Oltre al programma stesso (che non deve essere generico), analizza le circostanze del caso e il comportamento passato del richiedente, come ad esempio la sua condotta durante precedenti percorsi terapeutici, per desumere la reale intenzione di impegnarsi nel recupero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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