Prognosi Negativa: Quando il Passato Blocca le Misure Alternative
L’accesso a misure alternative alla detenzione, come l’affidamento in prova, non è un diritto automatico ma è subordinato a una valutazione discrezionale del giudice. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: una prognosi negativa sulla futura condotta del condannato, basata su elementi concreti e oggettivi, giustifica pienamente il diniego dei benefici. Questo caso offre uno spaccato chiaro di come il percorso carcerario, anche se caratterizzato da aspetti positivi, possa non essere sufficiente a superare un giudizio sfavorevole radicato nella storia personale e criminale del soggetto.
I Fatti del Caso
Un detenuto, con una pena residua di oltre tre anni di reclusione, presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale o, in subordine, la detenzione domiciliare. A sostegno della sua richiesta, il suo difensore evidenziava una serie di comportamenti positivi tenuti durante la detenzione: la frequenza scolastica, la partecipazione a eventi religiosi, lo svolgimento di attività lavorativa, la disponibilità al dialogo e i contatti mantenuti con la famiglia.
Tuttavia, il Tribunale di Sorveglianza di Genova respingeva le istanze, ritenendo impossibile formulare una prognosi favorevole sulla futura condotta del richiedente. Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per cassazione.
Le Motivazioni della Cassazione e la Rilevanza della Prognosi Negativa
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione del Tribunale di Sorveglianza. La decisione della Suprema Corte si fonda su due pilastri argomentativi principali.
In primo luogo, le censure sollevate dal ricorrente sono state qualificate come “mere doglianze in punto di fatto”. Ciò significa che il ricorso non contestava una violazione di legge, ma tentava di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare che quest’ultima sia logica e non contraddittoria.
In secondo luogo, e questo è il cuore della decisione, l’apparato motivazionale del Tribunale è stato giudicato congruente e privo di vizi. La prognosi negativa non era un giudizio astratto, ma si basava su elementi precisi e gravi:
* Precedenti penali specifici: Il condannato aveva un curriculum criminale significativo per reati contro il patrimonio, evasione, traffico di sostanze stupefacenti e armi.
* Indole personale: Le relazioni carcerarie ne avevano sottolineato l’indole impulsiva, un dato confermato da tre distinte sanzioni disciplinari.
* Condotte recenti: La commissione di nuovi reati in tempi recenti indicava una persistente inclinazione a delinquere.
* Necessità di un percorso trattamentale: I giudici hanno ritenuto che il condannato necessitasse di un percorso psicoterapeutico specifico, più efficacemente realizzabile in un contesto inframurario (all’interno del carcere) piuttosto che all’esterno.
Di fronte a questo quadro, gli elementi positivi (lavoro, scuola, etc.) sono stati considerati insufficienti a fondare un giudizio di affidabilità futura.
le motivazioni
Le motivazioni della Corte si incentrano sul corretto esercizio del potere valutativo da parte del Tribunale di Sorveglianza. La Cassazione chiarisce che il giudice di merito ha correttamente bilanciato gli elementi positivi del percorso carcerario con quelli negativi derivanti dalla storia criminale e dalla personalità del soggetto. La decisione di negare le misure alternative non è stata arbitraria, ma il risultato di un’analisi completa che ha portato a ritenere prevalente il rischio di recidiva. Il percorso trattamentale intramurario è stato visto come la scelta più adeguata per affrontare le problematiche di fondo del condannato, prima di un eventuale reinserimento nella società.
le conclusioni
L’ordinanza in commento insegna che la buona condotta in carcere è una condizione necessaria ma non sufficiente per accedere a misure alternative. La valutazione del giudice deve essere globale e proiettata al futuro. Una prognosi negativa, se ancorata a elementi concreti e gravi come un passato criminale allarmante e una personalità impulsiva non ancora gestita, costituisce un ostacolo legittimo alla concessione dei benefici. La decisione evidenzia come il sistema non miri solo a premiare il comportamento positivo, ma a garantire la sicurezza della collettività, privilegiando percorsi di recupero più strutturati e controllati quando il rischio di ricaduta è ritenuto ancora troppo elevato.
Avere una buona condotta in carcere garantisce l’accesso a misure alternative come l’affidamento in prova?
No. Secondo questa ordinanza, la buona condotta è un elemento positivo ma non è sufficiente. Il giudice deve fare una valutazione complessiva (“prognosi”) sul futuro comportamento. Precedenti penali gravi, un’indole impulsiva e la necessità di un percorso psicoterapeutico possono portare a un diniego.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito degli elementi positivi portati dal ricorrente?
La Corte di Cassazione non riesamina i fatti, ma controlla solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della decisione precedente. Poiché il Tribunale di Sorveglianza aveva già valutato tutti gli elementi in modo logico e coerente, le lamentele del ricorrente sono state considerate “mere doglianze di fatto” non ammissibili in sede di legittimità.
Cosa si intende per “prognosi negativa” nella decisione di concedere misure alternative?
Per “prognosi negativa” si intende la previsione sfavorevole del giudice sulla futura condotta del condannato. In questo caso, si basava su gravi precedenti per reati contro il patrimonio, evasione, traffico di stupefacenti e armi, un’indole impulsiva documentata da relazioni carcerarie e la commissione di recenti reati, elementi che hanno fatto ritenere probabile la commissione di nuovi crimini.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3532 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3532 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ARHIP COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza dei 24/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di GENOVA ,4)..0 …/A 4 Aa…i .1
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
/
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Genova ha rigettato le istanze presentate da NOME, volte ad ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale, o la detenzione domiciliare, relativamente alla pena espianda pari ad anni tre, mesi nove e giorni dieci di reclusione, inflittagli dalla Corte di appello di Genova con sentenza del 12/10/2021, confermativa della sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città del 06/05/2021 e passata in giudicato il 03/05/2022, ricompresa in provvedimento di cumulo del 07/01/2023.
Ricorre per cassazione NOME, per il tramite del difensore AVV_NOTAIO, deducendo violazione di legge e vizio della motivazione, in relazione agli artt. 4 -bis e 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, lamentando la mancata considerazione degli elementi di segno positivo (quali la frequenza scolastica, la partecipazione agli eventi religiosi, la prestazione di attività lavorativa in ambiente carcerario, la disponibilità al dialogo, i contatti c la famiglia e la manifestata volontà di partecipare ad attività teatrali)
Dette censure non sono consentite in sede di legittimità, in quanto evidentemente costituite da mere doglianze in punto di fatto. Esse sono, altresì, riproduttive di profili di doglianza già adeguatamente vagliati e disattesi – secondo un corretto e logico argomentare, destiNOME a rimanere immune da qualsivoglia stigma, in sede di legittimità – dal Tribunale di sorveglianza di Genova, nel rigettare le istanze di affidamento in prova e di detenzione domiciliare. Invero, detto Tribunale ha rilevato l’impossibilità di formulare, per il richiedente, un prognosi positiva quanto alla futura condotta di vita. Sul punto, i Giudici di sorveglianza hanno sottolineato l’esistenza di gravi precedenti a carico del condanNOME, per reati contro il patrimonio, evasione, traffico di sostanze stupefacenti, armi; la relazione di sintesi redatta dalla Casa circondariale di Genova Marassi, inoltre, ne ha sottolineato l’indole impulsiva, cristallizzata in tre distinte relazioni disciplinari. La stessa recente commissione di condotte costituenti reato, nonché la necessità di compiere un adeguato percorso psicoterapeutico, hanno portato il Tribunale di sorveglianza a ritenere preferibile una ipotesi trattamentale di tipo infrannurario. L’apparato motivazionale adottato nel provvedimento avversato, infine, si appalesa congruente, logico e privo del pur minimo spunto di contraddittorietà, mentre le censure difensive sono meramente confutative e assertive.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 07 dicembre 2023.