Prognosi di non recidivanza: quando la revisione critica del reato è decisiva
L’accesso alle misure alternative alla detenzione, come l’affidamento in prova, è un momento cruciale nel percorso di rieducazione del condannato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che una positiva prognosi di non recidivanza non può prescindere da una sincera e profonda revisione critica del reato commesso. Senza questo passaggio, il ricorso del detenuto rischia di essere respinto, come avvenuto nel caso in esame.
I fatti del caso
Un soggetto, condannato per un grave reato, presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale. Questa misura gli avrebbe permesso di scontare la pena residua al di fuori del carcere, seguendo un programma specifico finalizzato al suo reinserimento sociale.
Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, respingeva la richiesta. La motivazione del rigetto si basava sulla constatazione che il condannato non aveva ancora intrapreso un percorso di revisione critica rispetto al crimine per cui era stato condannato. Di conseguenza, il Tribunale riteneva di non poter formulare, in quel momento, un giudizio favorevole sulla sua futura condotta, ovvero una positiva prognosi di non recidivanza. A parere dei giudici, era necessario un periodo di osservazione più lungo per verificare l’effettivo livello di rieducazione raggiunto.
Avverso questa decisione, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e vizi di motivazione.
La decisione della Corte di Cassazione sulla prognosi di non recidivanza
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno stabilito che le censure mosse dal ricorrente erano, in realtà, finalizzate a ottenere un nuovo esame del merito della vicenda. Questo tipo di valutazione, tuttavia, è precluso alla Corte di Cassazione, il cui compito è limitato al controllo della corretta applicazione delle norme di diritto (giudizio di legittimità) e non alla ricostruzione dei fatti.
Le motivazioni
La Corte ha sottolineato che la decisione del Tribunale di Sorveglianza era basata su una motivazione adeguata e non manifestamente illogica. Il Tribunale aveva correttamente evidenziato due elementi chiave:
1. Mancata revisione critica: Il condannato non aveva dimostrato di aver riflettuto criticamente sulla gravità del reato commesso. Questo elemento è considerato fondamentale per valutare il cambiamento interiore della persona.
2. Necessità di ulteriore osservazione: Di conseguenza, era impossibile formulare una previsione positiva sulla sua futura condotta. Il Tribunale ha ritenuto indispensabile un ulteriore e congruo periodo di osservazione per monitorare i progressi nel percorso rieducativo.
Il ricorrente, secondo la Cassazione, pur lamentando formalmente vizi di legge, chiedeva in sostanza una differente e inammissibile valutazione degli elementi di merito, che erano già stati coerentemente esaminati dal giudice competente. L’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nell’ambito dell’esecuzione della pena: per ottenere benefici come l’affidamento in prova, non è sufficiente il semplice trascorrere del tempo. È indispensabile che il condannato dimostri con fatti concreti di aver intrapreso un percorso di cambiamento interiore. La prognosi di non recidivanza si basa su una valutazione complessa che il Tribunale di Sorveglianza compie con ampia discrezionalità. La Corte di Cassazione interverrà solo se tale valutazione risulta palesemente illogica o priva di motivazione, ma non sostituirà mai il proprio giudizio a quello del giudice di merito.
Perché il ricorso del condannato è stato dichiarato inammissibile?
Perché le sue lamentele non riguardavano errori di diritto, ma miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti e del merito della decisione, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Qual è il motivo principale per cui il Tribunale di Sorveglianza ha negato l’affidamento in prova?
Il motivo principale è stata l’impossibilità di formulare una prognosi di non recidivanza positiva, dato che il condannato non aveva ancora dimostrato di aver compiuto una revisione critica del grave reato commesso.
Cosa insegna questa decisione riguardo l’accesso alle misure alternative?
Insegna che, per accedere a misure come l’affidamento in prova, è essenziale che il condannato dimostri un effettivo percorso di rieducazione e una sincera riflessione critica sul proprio passato criminale, elementi su cui si basa la valutazione discrezionale del giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12087 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12087 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SALERNO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME sollecita apprezzamenti di merito estranei al giudizio di legittimità e, laddove denuncia violazione di legge e vizi motivazionali, è comunque manifestamente infondato;
Considerato infatti che il Tribunale di sorveglianza di Salerno, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, ha respinto la domanda di affidamento in prova al servizio ritenendo di non potere formulare, allo stato, una prognosi di non recidivanza nei confronti del condannato in ragione del mancato inizio di una revisione critica rispetto al grave reato commesso e per la conseguente necessità di un congruo periodo di osservazione al fine di verificare il concreto livello d rieducazione raggiunto dall’odierno ricorrente;
Rilevato pertanto che il condannato, rispetto a tale compiuto e logico ragionamento svolto dal Tribunale di sorveglianza, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione sollecita in realtà una differente (e inammissibile) valutazione degli elementi di merito coerentemente esaminati dal giudice a quo per respingere la sua richiesta di ammissione alla più ampia fra le misure alternative alla detenzione;
Ritenuto, pertanto, che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 7 marzo 2024.