Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15493 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15493 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Alatri (Fr) il 14 novembre 1984;
avverso la ordinanza n. 88/2023 TRR del Tribunale di Frosinone del 10 novembre 2023;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata in relazione alla verifica del presupposto del periculum in mora.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10 novembre 2023 il Tribunale di Frosinone, in qualità di giudice del riesame dei provvedimenti cautelari reali, ha rigettato la richiesta di riesame de sequestro preventivo disposto, con decreto del 25 settembre 2023, dal Gip del Tribunale di Frosinone a carico di COGNOME soggetto sottoposto ad indagini preliminari in relazione alla violazione dell’art. 10-quater del dlgs n. 74 del 2000, ed avente ad oggetto l’importo di euri 799.000,00 pari all’importo delle somme che il COGNOME aveva utilizzato, tramite crediti non spettanti o inesistenti, per compensare suoi debiti tributari.
Avverso tale ordinanza ha interposto ricorso per cassazione il COGNOME dolendosi, con un primo motivo di impugnazione del fatto che il sequestro preventivo fosse stato confermato pur in assenza del presupposto del pericolo nel ritardo, non essendo riscontrabile alcun danno a carico della Amministrazione tributaria, posto che l’operazione di compensazione era stata interrotta dalla Amministrazione stessa.
Con un secondo motivo ci si duole del fatto che la motivazione dell’ordinanza sarebbe contraddittoria in quanto / per uni verso / essa supera una eccezione difensiva, legata alla esistenza del profitto, citando giurisprudenza avente ad oggetto la consumazione del reato e, per altro verso, pur confermando il sequestro preventivo, parrebbe riconoscere il fatto che un danno a carico dell’Erario non si è verificato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto, risultato fondato è, pertanto, meritevole di accoglimento.
Esaminando congiuntamente i due motivi di impugnazione di cui consta l’atto introduttivo del presente giudizio, osserva il Collegio che le doglianze i essi riferite, e riconducibili alla contestazione in relazione alla sussistenza pericolo nel ritardo che legittimerebbe la adozione della misura cautelare oggetto delle lagnanze del ricorrente, appaiono fondate.
Deve, infatti, rilevarsi che – premessa la imputazione provvisoriamente contestata all’impugnante, avente ad oggetto la ipotizzata violazione dell’art. 10-quater del dlgs n. 74 del 2000 per avere il COGNOME, imprenditore titolare di omonima ditta individuale, omesso di versare le somme da lui dovute a titolo di imposta, nella ricordata qualità, avendo egli utilizzato in compensazione crediti di imposta inesistenti da lui vantati a seguito dell’avvenuto accollo fisca operato da parte di tre società prive di effettività imprenditoriale (cosiddett
“cartiere”), per un importo pari a circa 800.000,00 euri – nella stessa ordinanza si rileva come la procedura di quietanzamento delle somme portate dal ricorrente in compensazione coi propri debiti fiscali tramite la presentazione dei modelli F24 di pagamento era stata bloccata dalla Agenzia delle entrate in un momento, apparentemente, anteriore alla sua effettiva realizzazione.
Rileva a questo punto il Collegio che se il dato ora riferito e riportato dal Tribunale ciociaro appare scarsamente rilevante ai fini della sussistenza del fumus delicti, posto che il momento consumativo del reato in questione è quello in cui il contribuente presenta, attraverso i predetti modelli di pagamento, per la compensazione coi debiti tributari su di lui gravati i crediti inesistenti o non spettanti, esso appare, invece, significativo in relazione alla determinazione del danno eventualmente patito dalla Amministrazione tributaria e, conseguentemente del profitto conseguito dall’agente.
Infatti, come questa Corte ha già rilevato, in tema di reati tributari, il profitto del reato confiscabile, e pertanto l’importo che è strumentalmente suscettibile di essere oggetto di sequestro preventivo finalizzato a presidiare l’effettività della futura confisca, è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, essendo indifferente se l’imposta evasa, in concreto, sia stata non pagata o oggetto di compensazione con somme di danaro portate a credito dal contribuente (Corte di cassazione, Sezione III penale, 15 gennaio 2019, n. 1657, rv 275474).
L’evasione di un’imposta, tuttavia, è dato indefettibile per poter affermare che un profitto illecito vi è stato, non essendo invece sufficiente che, a fronte di un credito tributario solo apparente – in quanto inesistente o non spettante – lo stesso non sia mai stato in concreto utilizzato per evitare il pagamento di imposte dovute (così Corte di cassazione, Sezione III penale, 13 luglio 2021, n. 26575, non massimata, sebbene in relazione alla utilizzazione in dichiarazione di fatture passive relative ad operazioni inesistenti).
Nello stesso ordine di idee si è sviluppata anche, più di recente, la motivazione di altra decisione di questa Corte, nella quale si è rilevato, proprio argomentando sulla base della decisione or ora ricordata, che – pur essendo indiscusso il fatto che rispetto alla integrazione del concetto di “profitto” nei reati tributari è cosa indifferente che, in concreto, sia stato semplicemente omesso il pagamento dell’imposta dovuta ovvero che la relativa obbligazione di pagamento sia stata estinta per effetto dell’avvenuta compensazione del suo importo con quello riferito ad altra somma di danaro portato a credito dal contribuente – è tuttavia necessario, affinché il profitto si realizzi anche in
questo secondo caso che la compensazione si sia effettivamente perfezionata; è, in altre parole, necessario che la obbligazione tributaria si sia, almeno formalmente, estinta per effetto della compensazione dell’importo della stessa con l’importo di un credito (nel caso che interessa inesistente o non spettante) vantato dal contribuente (in tale senso si veda, come detto, Corte di cassazione, Sezione III penale, 31 dicembre 2024, n. 47619, non massimata).
D’altra parte è rimarchevole il dato secondo il quale, a tenore dell’art. 12bis del dlgs n. 74 del 2000, la misura ablatoria della confisca va ad incidere non tanto sul valore della “imposta evasa”, per come definito dall’art. 1, lett. f), del dlgs n. 74 del 2000, ma, espressamente, sui beni che costituiscono “il profitto od il prezzo” del reato, dovendo, pertanto, postularsi che, ai fini della operatività della confisca, e di conseguenza del sequestro preventivo che sia ad essa strumentale, è necessario che, nei termini dianzi indicati, il contribuente infedele abbia conseguito, attraverso la sua condotta delittuosa, un profitto ovvero ne abbia riscosso un prezzo.
Nel caso che interessa, invece, il Tribunale frusinate, pur avendo dato atto della circostanza che la Agenzia delle entrate ha “provveduto a bloccare il quietanzamento delle somme di cui alle deleghe F24 presentate” dall’indagato, non si è data assolutamente carico di verificare se siffatta operazione portata a termine dalla Agenzia predetta ha, di fatto, impedito in radice il determinarsi della compensazione che era alla base del disegno criminoso in ipotesi ordito dal ricorrente, il quale, pertanto, per effetto di essa non ha conseguito dalla sua condotta – senza si ribadisce, che ciò abbia incidenza sul momento consumativo del reato a lui ascritto – alcun reale profitto e non essendo, pertanto egli soggetto alla misura cautelare, essendo il credito tributario tuttora vantato dalla Amministrazione oggetto di possibile recupero attraverso le forme ordinarie e non attraverso la ablazione penale.
La ordinanza impugnata deve pertanto essere oggetto di annullamento, nei limiti dianzi illustrati, con rinvio al Tribunale di Frosinone che, in diversa composizione /verificherà nuovamente la sussistenza del requisito del pericolo nel ritardo, essendo questo, evidentemente, strumentale alla sussistenza della astratta confiscabilità penale della somma sottoposta a sequestro penale.
PQM
Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Frosinone competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2024
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