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Profitto reato tributario: annullato sequestro

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo a carico di un imprenditore accusato di indebita compensazione di debiti tributari con crediti inesistenti. La decisione si fonda sulla distinzione cruciale tra la consumazione del reato e la realizzazione del profitto: poiché l’Agenzia delle Entrate aveva bloccato l’operazione prima del suo perfezionamento, non si è verificato alcun danno effettivo per l’erario né un reale risparmio di spesa per l’imprenditore. Di conseguenza, in assenza di un concreto profitto reato tributario, il sequestro finalizzato alla confisca è stato ritenuto illegittimo.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Profitto Reato Tributario: Se il Fisco Blocca la Compensazione, Niente Sequestro

Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale in materia di reati fiscali, specificando quando si può parlare di un effettivo profitto reato tributario e, di conseguenza, quando è legittimo un sequestro preventivo. Il caso analizzato riguarda un imprenditore accusato di aver tentato di compensare debiti tributari per circa 800.000 euro utilizzando crediti fiscali inesistenti. La peculiarità della vicenda risiede nell’intervento tempestivo dell’Agenzia delle Entrate, che ha bloccato l’operazione prima che potesse produrre effetti. Questa circostanza ha portato la Suprema Corte ad annullare il sequestro, stabilendo che senza un profitto concreto, la misura cautelare reale non ha ragione di esistere.

I Fatti del Caso: La Compensazione Bloccata

Un imprenditore, titolare di una ditta individuale, è stato sottoposto a indagini per la violazione dell’art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000. L’accusa era quella di aver utilizzato crediti d’imposta inesistenti, provenienti da società “cartiere”, per compensare i propri debiti fiscali attraverso la presentazione di modelli F24. Sulla base di questa accusa, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto un sequestro preventivo per un importo pari alle somme indebitamente compensate.

L’imprenditore ha impugnato il provvedimento, sostenendo che il sequestro fosse illegittimo in quanto l’operazione di compensazione era stata interrotta dall’Amministrazione finanziaria stessa. Di conseguenza, non si era verificato alcun danno per l’erario, né l’imprenditore aveva conseguito un reale vantaggio economico. Il Tribunale del riesame, tuttavia, aveva confermato il sequestro, spingendo la difesa a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte: il Profitto Reato Tributario va Verificato

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’imprenditore, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando gli atti al Tribunale per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra il momento in cui il reato si considera consumato e quello in cui si realizza effettivamente il profitto illecito.

Distinzione tra Consumazione del Reato e Realizzazione del Profitto

La Corte chiarisce che il reato di indebita compensazione si consuma nel momento in cui il contribuente presenta il modello F24 utilizzando crediti non spettanti o inesistenti. Questo è sufficiente a integrare il fumus delicti, ovvero la sussistenza del reato.

Tuttavia, ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, non basta la consumazione del reato. È necessario che si sia concretizzato un profitto reato tributario, che nei reati fiscali corrisponde al risparmio economico ottenuto dall’evasione dell’imposta. Se, come nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate blocca la procedura di compensazione, l’obbligazione tributaria non si estingue. L’imprenditore, quindi, non ottiene alcun risparmio di spesa e il suo debito verso il fisco rimane intatto.

Le Motivazioni della Sentenza

Nelle motivazioni, la Suprema Corte sottolinea che l’evasione di un’imposta è un “dato indefettibile” per poter affermare l’esistenza di un profitto illecito. Non è sufficiente che un credito tributario fittizio sia stato indicato in un modello di pagamento; è necessario che tale credito sia stato concretamente utilizzato per estinguere un debito fiscale, anche solo formalmente.

Nel caso esaminato, il Tribunale del riesame non aveva verificato se il blocco operato dall’Agenzia delle Entrate avesse di fatto impedito il perfezionamento della compensazione. Omettendo questa verifica cruciale, il Tribunale non ha potuto stabilire se l’indagato avesse conseguito un reale profitto. Poiché il sequestro preventivo è strumentale alla futura confisca del profitto, la sua legittimità dipende dall’esistenza, almeno astratta, di tale profitto. Se il profitto non si è mai realizzato, il debito tributario rimane esigibile dall’Amministrazione finanziaria attraverso le ordinarie procedure di recupero, e non attraverso la misura penale della confisca.

Le Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante principio di garanzia per i contribuenti. Stabilisce che, per procedere a un sequestro preventivo per reati di indebita compensazione, il giudice deve accertare non solo la presentazione del modello F24 con crediti fittizi, ma anche che l’operazione abbia avuto successo, estinguendo il debito tributario e generando così un effettivo vantaggio economico per l’agente. In assenza di questo profitto concreto, perché l’operazione è stata neutralizzata dall’ente impositore, il sequestro penale non può essere disposto, in quanto mancherebbe l’oggetto stesso della misura, ovvero il bene confiscabile.

Quando si considera realizzato il profitto di un reato tributario di indebita compensazione?
Il profitto si considera realizzato non con la semplice presentazione del modello F24, ma solo quando la compensazione si perfeziona effettivamente, estinguendo l’obbligazione tributaria e generando un concreto risparmio economico (risparmio di spesa) per il contribuente.

Un sequestro preventivo è legittimo anche se il danno all’erario non si è concretamente verificato?
No. Secondo la sentenza, se l’operazione di compensazione viene bloccata dall’Agenzia delle Entrate prima che produca i suoi effetti, non si verifica né un danno per l’erario né un profitto per il contribuente. In assenza di un profitto confiscabile, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca è illegittimo.

La semplice presentazione del modello F24 con crediti inesistenti è sufficiente a giustificare un sequestro per confisca?
No. La presentazione del modello F24 integra la consumazione del reato (il cosiddetto fumus delicti), ma non è di per sé sufficiente a giustificare un sequestro finalizzato alla confisca. Per quest’ultimo, è necessario dimostrare che dalla condotta sia derivato un profitto reale, ovvero che il debito fiscale sia stato effettivamente estinto, anche solo formalmente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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