Profitto ingiusto truffa: quando una ricevuta non pagata è reato
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19083/2024, ha affrontato un interessante caso di profitto ingiusto truffa, chiarendo che ottenere ricevute di pagamento senza aver effettivamente saldato il debito costituisce pienamente il reato. Questa decisione ribadisce principi fondamentali sulla natura del danno patrimoniale e del profitto illecito nel contesto delle frodi documentali. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.
I fatti di causa
La vicenda giudiziaria trae origine dalla condanna, confermata in appello, di due individui per il reato di truffa. Il meccanismo fraudolento consisteva nell’ottenere dal creditore delle ricevute e delle bollette già quietanzate, ovvero contrassegnate come pagate, senza però corrispondere le somme dovute. In questo modo, i due soggetti si procuravano una prova documentale di un pagamento in realtà mai avvenuto. Ritenendo ingiusta la condanna, i due imputati hanno presentato ricorso per Cassazione.
I motivi del ricorso e la contestazione del profitto ingiusto truffa
I ricorrenti hanno basato la loro difesa su due motivi principali, contestando la configurabilità stessa del delitto di truffa. A loro avviso, mancavano gli elementi essenziali del reato, in particolare l’ingiusto profitto e il danno patrimoniale per la persona offesa. Essi sostenevano che la semplice emissione di una ricevuta non pagata non potesse, di per sé, integrare un danno concreto e un profitto illecito.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. I giudici hanno ritenuto i motivi di ricorso “reiterativi e manifestamente infondati”. La Corte ha infatti evidenziato come la Corte d’Appello avesse già analizzato correttamente e in modo esauriente la questione, fornendo una motivazione logica e coerente.
Le motivazioni
Il cuore della decisione risiede nella definizione di danno patrimoniale e di profitto ingiusto. La Cassazione ha spiegato che il meccanismo fraudolento, consistente nell’ottenere le quietanze senza versare il corrispettivo, integra pienamente un danno patrimoniale. Il danno, infatti, non è un concetto astratto, ma si concretizza nel momento in cui al creditore viene sottratta la possibilità di provare il suo credito, in quanto è stata creata una prova documentale falsa che attesta l’avvenuto pagamento.
L’ingiusto profitto per i truffatori consiste, specularmente, nell’ottenimento di questo documento liberatorio che li solleva, almeno apparentemente, dall’obbligo di pagare. La Corte ha specificato che concedere la prova documentale di un pagamento mai ricevuto è l’essenza stessa del danno patrimoniale nel caso di specie. Pertanto, le argomentazioni dei ricorrenti sono state respinte perché non tenevano conto della natura stessa del reato di truffa in un contesto documentale.
Conclusioni
Questa ordinanza è significativa perché riafferma un principio cruciale: il danno nel reato di truffa può essere anche di natura documentale e consistere nella creazione di una falsa apparenza giuridica. Non è necessario un immediato depauperamento monetario, essendo sufficiente compromettere la posizione giuridica e patrimoniale della vittima. La decisione sottolinea inoltre che i ricorsi in Cassazione devono basarsi su vizi concreti della sentenza impugnata e non possono limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio.
Cosa si intende per profitto ingiusto nel reato di truffa secondo questa ordinanza?
Il profitto ingiusto consiste nell’ottenere un vantaggio patrimoniale o di altra natura attraverso l’inganno. In questo caso, il profitto è rappresentato dall’acquisizione di ricevute quietanzate che liberano falsamente i debitori dal loro obbligo di pagamento.
Perché ottenere una ricevuta quietanzata senza pagare costituisce un danno patrimoniale?
Costituisce un danno patrimoniale perché il creditore viene privato della sua posizione giuridica, concedendo una prova scritta che attesta falsamente l’estinzione del debito. Questo documento può essere usato contro di lui, rendendo difficile o impossibile il recupero del credito.
Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché i motivi presentati erano ritenuti “reiterativi e manifestamente infondati”. Gli imputati si sono limitati a riproporre le stesse tesi già correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove e valide questioni di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19083 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19083 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SAN BENEDETTO DEL TRONTO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SAN BENEDETTO DEL TRONTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, distinti ma dal contenuto testualmente sovrapponibile;
ritenuto che il primo e il secondo motivo di entrambi i ricorsi, con cui si contesta – sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione configurabilità nel caso di specie del delitto di truffa per l’asserito difetto di ingi profitto e danno, sono reiterativi e manifestamente infondati, avendo la Corte abruzzese già correttamente evidenziato – p. 4 – individuavano, conformemente alla formale contestazione, l’esito del meccanismo fraudolento nell’ottenimento delle ricevute e delle bollette già quietanzate senza versare quanto dovuto (ciò che integra sicuramente un danno patrimoniale, essendosi concessa la prova documentale di un pagamento mai ricevuto);
rilevato, pertanto, che entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in data 19 marzo 2024
Il Cons COGNOME stensore COGNOME
Il Presidente