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Profitto del riciclaggio: cos’è confiscabile?

La Corte di Cassazione ha chiarito che il profitto del riciclaggio, soggetto a sequestro e confisca, non è solo l’eventuale guadagno del riciclatore, ma l’intero valore dei beni o del denaro ‘ripulito’. Con una recente sentenza, i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso di un’amministratrice, confermando che i beni oggetto delle operazioni di riciclaggio costituiscono il ‘prodotto’ stesso del reato. Questa interpretazione, allineata al diritto europeo, mira a contrastare efficacemente la criminalità economica, impedendo che i proventi illeciti vengano reintrodotti nell’economia legale.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Profitto del riciclaggio: la Cassazione stabilisce che è l’intero importo ‘ripulito’

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nella lotta alla criminalità economica: la definizione del profitto del riciclaggio. Con la pronuncia in esame, i giudici supremi hanno stabilito un principio fondamentale: il profitto confiscabile nel reato di riciclaggio non si limita al mero guadagno ottenuto dal riciclatore, ma coincide con il valore totale del denaro o dei beni di provenienza illecita che sono stati ‘ripuliti’.

La vicenda processuale

Il caso trae origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari. Il provvedimento era rivolto all’amministratrice di una società, indagata per il reato di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) in relazione a ingenti somme provenienti da un reato di bancarotta.

L’indagata ha proposto ricorso diretto in Cassazione, sostenendo una tesi difensiva precisa: il sequestro sarebbe stato illegittimo perché le somme vincolate non rappresentavano il profitto della sua presunta attività di riciclaggio, bensì il profitto del reato presupposto (la bancarotta), commesso da altri soggetti. Secondo la sua difesa, non avendo lei tratto alcun accrescimento patrimoniale personale dall’operazione se non la mera ricezione delle somme, non vi sarebbe stato un ‘profitto’ del riciclaggio da confiscare.

I motivi di ricorso lamentavano, inoltre, la mancata specificazione del quantum da sequestrare e la violazione del principio di proporzionalità.

L’interpretazione del profitto del riciclaggio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni della difesa e cogliendo l’occasione per consolidare l’orientamento giurisprudenziale prevalente in materia.

Il punto centrale della decisione riguarda proprio l’identificazione del profitto del riciclaggio. La Corte ha chiarito che il denaro, i beni o le altre utilità trasferite o manipolate per ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa non sono solo l’oggetto materiale della condotta, ma rappresentano essi stessi il ‘prodotto’ del reato di riciclaggio. Pertanto, l’intero valore di questi beni è assoggettabile a sequestro e successiva confisca.

Questa interpretazione si discosta dalla visione minoritaria, invocata dalla ricorrente, secondo cui il profitto del riciclaggio consisterebbe solo nell’eventuale compenso o vantaggio economico ulteriore conseguito dal riciclatore per la sua attività.

L’allineamento con la normativa europea e internazionale

La Corte ha sottolineato come questa lettura sia l’unica coerente con gli obiettivi della normativa sovranazionale, in particolare con le Convenzioni di Strasburgo e Varsavia e con la Direttiva UE 2014/42. Tali normative mirano a privare i criminali dei proventi dei loro reati attraverso strumenti efficaci come il congelamento e la confisca.

La nozione di ‘provento’ (‘proceeds’ o ‘produits du crime’ nei testi internazionali) è volutamente ampia e include ‘ogni vantaggio economico’ derivato dal reato. Se si considerasse confiscabile solo il compenso del riciclatore, si lascerebbe nella disponibilità dei criminali il capitale illecito ‘ripulito’, frustrando lo scopo stesso della normativa, che è quello di impedire l’inquinamento dell’economia legale.

Le motivazioni della Corte

I giudici hanno spiegato che la condotta di riciclaggio conferisce un’ ‘integrale illiceità’ ai beni movimentati. Anche se questi beni sarebbero comunque confiscabili come profitto del reato presupposto, l’operazione di ‘ripulitura’ costituisce un reato autonomo il cui risultato empirico è proprio la somma riciclata. Per questo motivo, è legittimo aggredire l’intero ‘prodotto’ del reato derivato.

La Corte ha inoltre precisato che questa impostazione non porta a una duplicazione ingiustificata della confisca. I giudici, caso per caso, devono modulare i provvedimenti per assicurare che il valore totale confiscato non superi il valore del profitto illecito complessivo, tenendo conto delle interrelazioni tra i diversi reati e i diversi responsabili.

Per quanto riguarda gli altri motivi di ricorso, la Cassazione li ha ritenuti infondati, specificando che il GIP aveva adeguatamente quantificato il profitto e motivato sul periculum in mora, ossia sul rischio concreto che l’indagata, data la sua capacità professionale nel campo, potesse disperdere i beni prima della conclusione del processo.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza un principio cardine: nel reato di riciclaggio, il profitto confiscabile è l’intero importo oggetto dell’operazione di ‘ripulitura’. Questa decisione non solo fornisce un’indicazione chiara per gli operatori del diritto, ma ribadisce la volontà dell’ordinamento di utilizzare la confisca come strumento strategico per prosciugare le risorse economiche della criminalità, in linea con le più avanzate direttive europee e internazionali.

Cosa si intende per profitto del reato di riciclaggio?
Secondo la Corte di Cassazione, il profitto del reato di riciclaggio non è solo l’eventuale compenso ricevuto dal riciclatore, ma coincide con l’intero valore del denaro, dei beni o delle altre utilità di provenienza illecita che vengono ‘ripulite’.

È possibile sequestrare l’intera somma riciclata, anche se il riciclatore non ha ottenuto un guadagno personale?
Sì. La sentenza afferma che i beni oggetto delle operazioni di riciclaggio costituiscono il ‘prodotto’ stesso del reato. Pertanto, l’intero ammontare può essere oggetto di sequestro preventivo e successiva confisca, a prescindere da un ulteriore accrescimento patrimoniale per chi compie l’operazione.

Perché questa interpretazione è in linea con il diritto europeo?
Questa interpretazione è conforme alle convenzioni internazionali e alle direttive europee (come la Direttiva 2014/42/UE), le quali definiscono in modo molto ampio i ‘proventi’ da reato. L’obiettivo è privare efficacemente le organizzazioni criminali delle loro risorse economiche, impedendo che i capitali illeciti, una volta ‘ripuliti’, possano inquinare l’economia legale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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