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Profitto del reato: la Cassazione annulla sequestro

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo di un immobile, considerato profitto del reato di riciclaggio. La Corte ha rilevato una discrasia tra l’imputazione, che contestava l’uso di due assegni illeciti, e la decisione del Tribunale, che basava il sequestro sull’uso di tre assegni per l’intero valore dell’immobile. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che chiarisca l’esatta provenienza dei fondi usati per l’acquisto.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Profitto del Reato di Riciclaggio: La Cassazione Annulla Sequestro per Vizio di Motivazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7310 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di reati contro il patrimonio: la corretta identificazione del profitto del reato ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca. La decisione annulla un’ordinanza del Tribunale di Campobasso, evidenziando come una motivazione incongruente e distaccata dalle risultanze processuali non possa legittimare una misura cautelare così incisiva.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale riguarda una richiesta di riesame avverso un decreto di sequestro preventivo su un immobile di proprietà di una signora. L’accusa ipotizzava che l’immobile costituisse il profitto del reato di riciclaggio, in quanto acquistato con fondi di provenienza illecita.

Il caso era già stato vagliato in precedenza dalla Corte di Cassazione, la quale aveva annullato una prima ordinanza, rinviando gli atti al Tribunale. Il principio di diritto da applicare era chiaro: nel reato di riciclaggio, la confisca diretta può colpire solo il vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito dal riciclatore, e non l’intero ammontare delle somme “ripulite”. Non si può, in altre parole, estendere solidalisticamente la responsabilità per l’intero importo del reato presupposto (in questo caso, l’appropriazione indebita).

L’Ordinanza del Tribunale e i Motivi del Ricorso

Il Tribunale, quale giudice del rinvio, aveva nuovamente confermato il sequestro, sostenendo che l’immobile rappresentasse lo “stretto profitto” del riciclaggio. Secondo i giudici di merito, l’acquisto era stato perfezionato utilizzando tre assegni circolari per un totale di 110.000 euro, tutti provenienti illecitamente dai conti di una cooperativa.

La difesa ha impugnato questa decisione, sollevando un vizio fondamentale: l’ordinanza del Tribunale travalicava il perimetro del capo di incolpazione. L’accusa formale, infatti, contestava l’utilizzo di soli due assegni, per un importo complessivo di 75.000 euro, come provento del reato di appropriazione indebita e successivamente reimpiegati per l’acquisto dell’immobile. Il riferimento a un terzo assegno e all’intero importo di 110.000 euro era, secondo la difesa, un’errata duplicazione dei vantaggi derivanti dalle condotte illecite.

La Nozione di Profitto del Reato secondo la Cassazione

La Suprema Corte accoglie il ricorso, ritenendolo fondato e assorbente rispetto alle altre censure. Il punto focale della decisione risiede nella palese discrepanza tra quanto contestato formalmente all’indagata e quanto affermato dal Tribunale nella sua ordinanza.

La stessa sentenza di annullamento precedente, richiamata dagli Ermellini, evidenziava che l’imputazione provvisoria faceva riferimento a “due assegni circolari” per il pagamento parziale del prezzo dell’immobile. Questi due assegni, oggetto della condotta di appropriazione indebita, ammontavano rispettivamente a 40.000 e 35.000 euro.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione definisce la conclusione del Tribunale come “del tutto distonica” rispetto ai dati processuali. I giudici del rinvio hanno sostenuto che l’intera somma di 110.000 euro provenisse dai fondi della cooperativa, menzionando “tre” assegni, ma senza fornire alcuna spiegazione su quale specifica emergenza investigativa o probatoria supportasse tale affermazione.

Questo vizio di motivazione è insanabile. Il giudice del riesame, e a maggior ragione quello del rinvio, non può fondare una misura cautelare reale su elementi fattuali che non solo non sono presenti nel capo di incolpazione, ma di cui non viene neppure chiarita la fonte di conoscenza. Il principio di correlazione tra accusa e decisione deve essere rispettato anche in fase cautelare. Di conseguenza, si impone un nuovo annullamento con rinvio.

Le Conclusioni

La Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia la causa per un nuovo giudizio al Tribunale di Campobasso. Quest’ultimo dovrà, prima di ogni altra valutazione, attenersi scrupolosamente alle contestazioni e chiarire se l’immobile sequestrato sia stato acquistato interamente o solo in parte con le somme che, secondo l’accusa, costituivano oggetto di appropriazione indebita. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il sequestro, specialmente quando finalizzato alla confisca, deve essere ancorato a prove concrete e a una contestazione chiara, senza poter eccedere il reale vantaggio economico derivante dal reato.

Quando un bene acquistato con denaro illecito può essere considerato “profitto del reato” di riciclaggio?
Secondo la Corte, il bene è “profitto del reato” solo per la parte del suo valore che corrisponde al vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito dal riciclatore, e non necessariamente per l’intero ammontare delle somme “ripulite”.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale in questo caso?
La Corte ha annullato l’ordinanza perché il Tribunale ha basato la sua decisione su fatti (l’uso di tre assegni per un totale di 110mila euro) che erano in palese contrasto con l’imputazione formale, la quale menzionava solo due assegni per un importo inferiore. Il Tribunale non ha spiegato l’origine di questa discrasia.

Cosa dovrà fare il Tribunale dopo questa sentenza di annullamento?
Il Tribunale, in qualità di giudice del rinvio, dovrà riesaminare il caso e, come questione preliminare, chiarire se l’immobile sia stato acquistato interamente o solo in parte con la somma che, secondo l’accusa, era oggetto di appropriazione indebita, basandosi sulle prove e sull’imputazione formale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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