Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 38785 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38785 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato ad Acquaviva delle fonti il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 25/3/2024 emessa dal Tribunale di Bari visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udita l’AVV_NOTAIO, sostituto processuale dell’Avvocato
NOME COGNOME, la quale chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Nei confronti di NOME COGNOME, indagato per il reato di riciclaggio, veniva disposto il sequestro – diretto e per equivalente – del profitto del reato, per l’ammontare di oltre €465.000.
Con una prima decisione, il Tribunale del riesame annullava il decreto di sequestro sul presupposto che, nei confronti del riciclatore, non poteva disporsi il sequestro dell’intero profitto tratto dall’autore del reato presupposto, bensì della sola parte che era andata effettivamente a vantaggio dell’autore del riciclaggio.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il pubblico ministero e questa Corte, con sentenza resa da Sez.2, n. 10218 del 23/1/2024, disponeva l’annullamento con rinvio, sul presupposto che dovesse trovare applicazione il principio di diritto secondo cui, in tema di confisca per equivalente, il profitto dei reati di riciclaggio e reimpiego di denaro è rappresentato dal valore delle somme oggetto delle operazioni dirette ad ostacolare la provenienza delittuosa, poiché, in assenza d quelle operazioni, esse sarebbero destinate ad essere sottratte definitivamente in quanto provento del delitto presupposto.
Il Tribunale del riesame di Bari, applicando la regola di giudizio sopra richiamata, confermava il sequestro preventivo nell’importo sopra indicato.
Nell’interesse del ricorrente è statio formulato un unico motivo di impugnazione, per violazione di legge e vizio di motivazione.
Sostiene il ricorrente che il Tribunale, dando erronea applicazione al principio affermato nella sentenza rescindente, si sarebbe limitato a ritenere che l’intero importo del denaro oggetto di riciclaggio costituirebbe il prodotto del reato e, pertanto, andrebbe sottoposto a sequestro.
Tale assunto, invero, non risponderebbe a quanto precisato nella sentenza rescindente, nella quale non veniva affatto operata un’equiparazione tra il profitto dell’autore del reato presupposto e quello del reato di riciclaggio, essendosi specificato che, in relazione a quest’ultimo reato, doveva individuarsi, in relazione alle peculiarità della fattispecie, il vantaggio economico conseguente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Al fine di una migliore comprensione della vicenda, deve premettersi che la fattispecie in esame attiene alla condotta di riciclaggio asseritamente commessa dal ricorrente, titolare di una tabaccheria, presso la quale venivano effettuati reiterati acquisti mediante POS, da parte di soggetti rumeni risultati indebiti percettori del reddito di cittadinanza. COGNOME Tali acquisti venivano ritenuti fittizi e finalizzati esclusivamente a riciclare il denaro provento dell’indebita percezione, essendosi accertato che le transazioni erano tutte relative a “cifra tonda” e
normalmente pari a €500,00, nonché effettuate a brevissima distanza temporale (pochi minuti) da parte del medesimo soggetto, senza che a tali transazioni corrispondesse il reale acquisto di beni.
La questione che è stata esaminata dalla sentenza rescindente concerneva la possibilità o meno di sottoporre a sequestro l’intero importo risultante dalla sommatoria delle transazioni fittizie, ovvero il diverso importo costituente il profitto conseguito dal ricettatore, essenzialmente da individuarsi nella somma di denaro che avrebbe ottenuto in cambio delle operazioni fittizie e del trasferimento, evidentemente in contanti, del denaro agli indebiti percettori del reddito di cittadinanza.
La sentenza rescindente ha recepito un principio di diritto che, sostanzialmente, non avrebbe consentito al giudice di merito altra decisione se non la conferma del decreto di sequestro.
La Seconda sezione, dopo aver dato atto dell’esistenza di orientamenti contrastanti in materia, ha ritenuto di aderire alla soluzione secondo cui in tema di confisca per equivalente il profitto dei reati di riciclaggio e reimpiego di denaro è rappresentato dal valore delle somme oggetto delle operazioni dirette ad ostacolare la provenienza delittuosa, poiché, in assenza di quelle operazioni, esse sarebbero destinate ad essere sottratte definitivamente in quanto provento del delitto presupposto.
Del resto, l’impugnazione proposta dal pubblico ministero si fondava esclusivamente sulla mancata applicazione di tale regola che, secondo la sentenza rescindente, avrebbe dovuto trovare correttamente applicazione.
È pur vero che al giudice del rinvio viene demandato il compito di verificarePa riconducibilità delle somme apprese e movimentate dall’indagato alle nozioni di profitto, prodotto o prezzo del reato, ma è altrettanto innegabile che tale verifica non avrebbe potuto condurre a risultato diverso dal ritenere che l’intero importo in denaro, frutto del reato presupposto, oggetto del riciclaggio, ha costituito il prodotto di tale reato e, quindi, è stato sottoposto a confisca.
2.1. Il ricorrente contesta tale soluzione riproponendo la questione della individuazione del profitto conseguito per effetto delle transazioni fittizie, coincidente con la differenza tra gli incassi totali dell’esercizio commerciale e il valore delle effettive vendite. La differenza tra tali valori, infatti, sarebb costituita da quella di quota di denaro che il ricorrente avrebbe trattenuto a fronte della vendita fittizia di beni.
Si tratta di un’impostazione che – salva la necessità di rivalutazione in sede di merito – si pone in insanabile contrasto con il principio indicato nella sentenza rescindente e che risulta vincolante per il tribunale del riesame che, dandovi
corretta attuazione, ha ritenuto che il profitto dei reati di riciclaggio e reimpiego di denaro è rappresentato dal valore delle somme oggetto delle operazioni dirette ad ostacolare la provenienza delittuosa, poiché, in assenza di quelle operazioni, esse sarebbero destinate ad essere sottratte definitivamente, in quanto provento del delitto presupposto.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19 settembre 2024 Il Consigliere estensore COGNOME
sidente