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Profitto del reato: come si calcola nei contratti?

La Corte di Cassazione ha annullato un sequestro preventivo per un valore di oltre 157.000 euro, stabilendo un principio chiave sul calcolo del profitto del reato. La sentenza chiarisce che, in caso di reati che viziano un contratto d’appalto (‘reato in contratto’), il profitto confiscabile non è l’intero importo percepito dall’imprenditore. Bisogna invece sottrarre il valore delle prestazioni effettivamente eseguite e risultate utili per la controparte, in questo caso un ente pubblico. Il caso è stato rinviato al Tribunale del riesame per una nuova quantificazione che tenga conto dei costi sostenuti e del valore dei lavori eseguiti.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Profitto del Reato: La Cassazione Chiarisce Come Calcolarlo nei Contratti d’Appalto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un importante principio di diritto sul calcolo del profitto del reato ai fini del sequestro preventivo. La decisione chiarisce che, quando un reato vizia un contratto ma non lo rende integralmente nullo, il profitto confiscabile non corrisponde all’intero incasso, ma deve essere calcolato al netto del valore delle prestazioni effettivamente rese. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un imprenditore accusato del reato previsto dall’art. 353-bis del codice penale (turbata libertà del procedimento di scelta del contraente). Secondo l’accusa, la sua impresa aveva di fatto monopolizzato i lavori di manutenzione per un Comune, ottenendo affidamenti in modo irregolare. Le indagini avevano rivelato che gli incarichi venivano assegnati senza sopralluoghi o preventivi formali, con compensi erogati mensilmente come un versamento fisso, spesso per lavori superflui o male eseguiti.

Di conseguenza, il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto il sequestro preventivo di una somma di 157.037,57 euro, ritenuta essere l’intero profitto del reato. Il provvedimento era stato confermato dal Tribunale del riesame. L’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che tale somma non potesse essere considerata interamente profitto, poiché rappresentava il corrispettivo per lavori realmente svolti, per i quali aveva sostenuto costi vivi (materiali, manodopera, carburante).

La Questione Giuridica: Il Calcolo del Profitto del Reato nei Contratti

Il cuore della questione giuridica risiede nella corretta quantificazione del profitto del reato in contesti contrattuali. La difesa ha evidenziato una distinzione fondamentale, elaborata dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, tra due tipi di illeciti:

1. “Reato contratto”: Si verifica quando la stipula stessa del contratto costituisce reato (es. una tangente pagata per ottenere l’appalto). In questo caso, l’intero negozio giuridico è contaminato dall’illiceità e il profitto confiscabile coincide con l’intero vantaggio patrimoniale conseguito.
2. “Reato in contratto”: Ricorre quando il comportamento penalmente rilevante incide solo sulla fase di formazione della volontà o di esecuzione del contratto, senza invalidarlo integralmente. Il contratto rimane valido, anche se annullabile, e al suo interno è possibile distinguere aspetti leciti.

Nel caso di specie, il reato contestato (turbativa nella scelta del contraente) rientra nella seconda categoria. Ciò implica che, se l’imprenditore ha comunque eseguito prestazioni lecite e utili per l’ente pubblico, ha diritto a un corrispettivo. Pertanto, il profitto illecito non può coincidere con l’intero fatturato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’imprenditore, annullando l’ordinanza di sequestro. I giudici hanno ribadito i principi espressi dalle Sezioni Unite nella celebre sentenza ‘Fisia Italimpianti’. Il profitto confiscabile deve essere determinato sottraendo, dal totale dei ricavi, l’utilitas che la controparte (il Comune) ha effettivamente tratto dalle prestazioni ricevute. In altre parole, si deve quantificare il valore dei lavori regolarmente eseguiti e che hanno prodotto un beneficio concreto per l’ente pubblico.

Sequestrare l’intero importo percepito, senza questa distinzione, comporterebbe un’irragionevole duplicazione del sacrificio economico per l’imputato e, specularmente, un ingiustificato arricchimento per l’Amministrazione pubblica, che si ritroverebbe ad aver beneficiato di lavori e servizi senza averli pagati.

La Corte ha quindi censurato il Tribunale del riesame per non aver compiuto questo approfondimento, limitandosi a un riferimento sommario all’intero importo percepito dall’imprenditore. Il Tribunale avrebbe dovuto esaminare la documentazione contabile prodotta dalla difesa e valutare se e quali prestazioni fossero state effettivamente fornite e quale fosse il loro valore.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato il caso al Tribunale di Catanzaro per un nuovo giudizio. Quest’ultimo dovrà conformarsi al principio di diritto enunciato: il profitto del reato, nel caso di specie, deve essere quantificato al netto del valore delle prestazioni lecite fornite dall’imprenditore e di cui il Comune ha beneficiato. Questa sentenza rafforza un principio di equità e proporzionalità, fondamentale per evitare che le misure cautelari reali assumano un carattere puramente sanzionatorio anziché preventivo.

Quando si commette un reato in un appalto pubblico, l’intero incasso dell’imprenditore è considerato ‘profitto del reato’?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se il reato vizia la procedura di affidamento ma non l’oggetto del contratto (‘reato in contratto’), il profitto non è l’intero corrispettivo. È necessario detrarre il valore delle prestazioni che sono state effettivamente eseguite e che hanno fornito un’utilità concreta alla pubblica amministrazione.

Come si calcola il profitto confiscabile in caso di ‘reato in contratto’?
Il profitto confiscabile si calcola determinando il vantaggio economico netto. Dal totale dei ricavi ottenuti dall’imprenditore, si deve sottrarre il valore economico delle prestazioni lecite che ha regolarmente eseguito a favore della controparte e di cui quest’ultima si è giovata.

Qual è la differenza tra ‘reato contratto’ e ‘reato in contratto’?
Il ‘reato contratto’ si ha quando la stipulazione stessa dell’accordo è l’essenza del reato (es. corruzione). In questo caso, l’intero contratto è illecito e tutto il vantaggio è confiscabile. Il ‘reato in contratto’, invece, si verifica quando l’illecito avviene nella fase di formazione o esecuzione del contratto (es. turbativa d’asta), ma il contratto stesso potrebbe avere un oggetto lecito. In questo secondo caso, è possibile distinguere tra prestazioni lecite, il cui valore va remunerato, e profitto illecito, che è l’unico a poter essere confiscato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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