Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8120 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 8120  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Lecce
avverso l’ordinanza del 22/06/2023 del Tribunale di Potenza
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22/06/2023 il Tribunale di Potenza ha confermato in sede di riesame il decreto, inserito nell’ordinanza in data 25/05/2023, emessa a fini di cautela personale, con cui il G.i.p. del Tribunale di Potenza ha disposto nei confronti di NOME COGNOME il sequestro preventivo anche per equivalente
della somma di euro 20.000,00 in relazione al delitto di concorso in estorsione di cui al capo 7, e della somma di euro 12.480,00 in relazione al delitto di corruzione in atti giudiziari coinvolgente il AVV_NOTAIO in servizio presso i Tribunale di Lecce, di cui al capo 8.
Ha proposto ricorso COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. In primo luogo, deve intendersi richiamata la censura incentrata sull’illegittimità del percorso argomentativo del Tribunale, formulata con riguardo alla misura cautelare personale in relazione al capo 8.
2.2. Con specifico motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 319-ter e 322-ter cod. pen.
In particolare, viene contestata la sequestrabilità per equivalente di somme nella disponibilità del ricorrente, in assenza di indizi attestanti l’effett conseguimento di un’utilità da parte del privato corruttore.
Posta l’esistenza dell’accordo, secondo il Tribunale, il compenso destinato al coadiutore, AVV_NOTAIOssa COGNOME, liquidato dall’amministratore giudiziario COGNOME, avrebbe dovuto considerarsi il prezzo della corruzione e intendersi pervenuto nella disponibilità del ricorrente in ragione del fatto che la nomina era una sorta di escamotage: ma non vi era alcun elemento che dimostrasse che il compenso in tutto o in parte fosse entrato nel patrimonio del ricorrente.
Non vi era la minima evidenza da cui poter desumere che la NOME COGNOME fosse un braccio operativo del ricorrente, al di là dell’utilizzo di una stanza dello studio professionale, ferma restando l’estraneità della predetta AVV_NOTAIONOME COGNOME al presunto accordo corruttivo.
Erronea era la qualificazione della somma come prezzo, posto che lo stesso è configurabile in relazione a quanto percepito dal pubblico agente per la vendita della funzione, nel caso di specie, semmai, con riguardo al vantaggio acquisito dal pubblico ufficiale nell’acquisto dell’orologio.
L’utilità del corruttore avrebbe dovuto ricondursi alla nozione di profitto, ravvisabile in ragione di un mutamento della situazione patrimoniale, conseguente alla creazione, trasformazione o acquisizione di cose suscettibili di valutazione economica.
Ma era mancato l’accertamento di un effettivo accrescimento patrimoniale in capo al ricorrente, essendosi ritenuto che il compenso fosse entrato nel patrimonio di costui sulla base di assiomi, in particolare in ragione dell’asserita qualità d collaboratore di studio della AVV_NOTAIOssa COGNOME, indebitamente essendosi inoltre affermato che gravava sulla difesa l’onere di dar conto di diversi accordi nella ripartizione degli utili tra professionisti associati, quando indimostrato era i rapporto di associazione professionale. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  Il ricorso è fondato.
Deve premettersi che in materia di misure cautelari reali il ricorso è consentito solo per violazione di legge, pur ricomprendente la mancanza o apparenza della motivazione (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 236692; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710).
In tale prospettiva non può farsi riferimento alle deduzioni con cui si sottopone a critica la motivazione del provvedimento impugnato in ordine alla configurabilità del quadro indiziario riguardante il delitto di corruzione.
Orbene, secondo la ricostruzione dei Giudici di merito sarebbe ravvisabile un’ipotesi corruttiva, coinvolgente il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO, il quale si sarebbe avvantaggiato dell’intervento del ricorrente (e del sottostante intervento dei COGNOME, interessati ad una procedura di amministrazione giudiziaria), per procurarsi un raro esemplare di orologio Rolex presso una gioielleria, e in cambio avrebbe provveduto alla nomina della AVV_NOTAIOssa COGNOME, collaboratrice di studio del ricorrente, quale coadiutore, nell’ambito di una procedura di amministrazione giudiziaria, propiziando l’erogazione della somma di euro 12.480,00, quale compenso per l’incarico svolto dalla AVV_NOTAIOssa COGNOME.
Di tale somma è stato disposto il sequestro preventivo e il Tribunale ha al riguardo ritenuto che la stessa possa essere qualificata come prezzo del reato, interamente soggetto a confisca.
Devono tuttavia sul punto condividersi i rilievi formulati nel ricorso.
Si osserva al riguardo che la qualificazione come profitto o prezzo del reato non dipende dalla natura del bene, ma dalla correlazione della dazione all’attività illecita: in tale prospettiva assume rilievo la fattispecie, nel senso che dalla sua struttura può desumersi la concreta configurabilità del profitto o del prezzo.
Se in via AVV_NOTAIO costituisce profitto il vantaggio economico che discende in via diretta dalla commissione del reato (sul punto Sez. U, n. 26654 del 27/03/2018, RAGIONE_SOCIALE Italimpianti, Rv. 239924; Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264436), deve da esso distinguersi il prezzo, che costituisce il corrispettivo dell’attività illecita, cioè il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato, e costituisce, quindi, un fattore che incide sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato (in tal senso Sez. U, n. 9149 del 03/07/1996, NOME COGNOME,
Rv. 205707; Sez. U, n. 1811 del 15/12/1992, dep. 1993, COGNOME, Rv. 192493; ma la nozione è ripresa in motivazione anche da Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, cit.).
Nel caso del delitto di corruzione, è determinante il riferimento al denaro o all’utilità, che costituiscono il compenso promesso o accettato per l’esercizio della funzione o per il compimento dell’atto non conforme ai doveri di ufficio: si desume da ciò che il denaro o l’utilità costituiscono il corrispettivo e il fattore motivant essendo dunque qualificabili come prezzo del reato.
Qualora dall’attività del pubblico agente discenda un vantaggio economicamente apprezzabile per il privato corruttore, sarà allora configurabile per questa parte il profitto del reato, derivante dalla sua commissione.
Tale inquadramento trova puntuale riscontro nell’art. 322-ter cod. pen., che al primo comma fa riferimento ai reati commessi dal pubblico agente, prevedendo la confisca del prezzo o del profitto, e che al secondo comma, nel riferirsi al reato del corruttore, prevede la confisca del profitto, se del caso valutato in misura non inferiore al prezzo.
Non conduce a diverse conclusioni quanto rilevato da questa Sezione nella sentenza n. 28412 del 30/03/2022, Ragno, Rv. 283666: in quella circostanza, infatti, i compensi erogati dai privati corruttori ad un soggetto, cui era stato conferito un incarico per compiacere il pubblico agente, erano stati qualificati come prezzo, in linea con quanto fin qui osservato, essendosi ritenuto che quei compensi costituissero di per sé e per intero il compenso dell’attività illecita, anche se l’accipiens non coincideva con il pubblico agente.
Nel caso di specie, dunque, il compenso erogato in favore della AVV_NOTAIONOME COGNOME per l’incarico di coadiutore conferitole, non costituisce il fattore motivante, cioè il prezzo, che semmai va ravvisato nel vantaggio sinallagmaticamente assicurato al AVV_NOTAIO.
Ciò significa che l’importo di euro 12.480,00 avrebbe potuto essere sottoposto a sequestro nei confronti del ricorrente solo in quanto potesse dirsi che costui avesse conseguito un corrispondente profitto, cioè un vantaggio economicamente apprezzabile, derivante dal reato e corrispondente a quell’importo.
In alternativa, avrebbe dovuto comunque prospettarsi la sussistenza di un profitto, che, in mancanza di prove diverse, avrebbe potuto determinarsi in misura non inferiore al prezzo del reato, ai sensi dell’art. 322-ter, comma secondo, cod. pen.
Ma in realtà i Giudici di merito hanno attribuito automatico rilievo all’erogazione, quale vantaggio riferibile al ricorrente, senza alcuna indagine in ordine alla natura dei rapporti intercorrenti sotto il profilo economico tra il predett
e la AVV_NOTAIOssa COGNOME, in particolare in ordine al tipo di collaborazione e alla sussistenza o meno di un’associazione professionale, onde poter stabilire se l’importo fosse in tutto o almeno in parte qualificabile come profitto.
A ben guardare, non è stato dato conto dell’effettiva configurabilità di un profitto in capo al ricorrente, senza la quale nessuna somma risulta in concreto assoggettabile a sequestro, funzionale a confisca.
Ed invero, anche al fine di ricorrere al criterio sussidiario di computo del profitto, in misura non inferiore al prezzo, occorre pur sempre che l’esistenza del profitto sia certa.
Deve, peraltro, aggiungersi che risulta nebulosa la stessa consistenza del prezzo, al di là dell’agevolazione nel reperimento dell’orologio, non essendo stato concretamente dimostrato l’eventuale risparmio di spesa conseguito dal AVV_NOTAIO, al di là di generici riferimenti a prezzi pubblicizzati.
In conclusione in accoglimento del ricorso, si impone l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e del decreto genetico, nella parte relativa al sequestro della somma di euro 12.480,00, che deve essere restituita all’avente diritto.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché il decreto del 25 maggio 2023 del G.I.P. del Tribunale di Potenza relativamente al sequestro della somma di euro 12.480, disponendone la restituzione all’avente diritto. Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al AVV_NOTAIO Generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 23/01/2024