Prodotti Contraffatti: la Cassazione chiarisce l’Onere della Prova
La lotta alla commercializzazione di prodotti contraffatti rappresenta una sfida costante per il nostro ordinamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene su un aspetto cruciale del processo penale: a chi spetta dimostrare che un marchio falsificato è effettivamente tutelato dalla legge? Con una decisione netta, la Suprema Corte ha ribadito che, in presenza di marchi notori, l’onere di provare l’assenza di protezione ricade sull’imputato, delineando un percorso processuale più chiaro e rigoroso.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dalla condanna, confermata sia in primo grado dal Tribunale di Lecce sia in appello, di un individuo per i reati di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi e di ricettazione. L’imputato, ritenuto responsabile della vendita di merce contraffatta, ha deciso di presentare ricorso in Cassazione, affidandosi a un unico motivo di impugnazione.
La questione dell’Onere della Prova per i Prodotti Contraffatti
Il ricorrente ha contestato la sentenza d’appello lamentando una violazione della legge penale e un vizio di motivazione. Nello specifico, sosteneva che non fosse stata raggiunta la prova della sussistenza della condizione di punibilità prevista dall’articolo 474 del codice penale. Secondo la sua tesi, l’accusa non avrebbe dimostrato che i marchi oggetto della contraffazione fossero legalmente protetti tramite registrazione, un presupposto che riteneva essenziale per la configurabilità del reato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo “manifestamente infondato”. I giudici hanno chiarito un principio giuridico di notevole importanza pratica.
L’Inversione dell’Onere della Prova per Marchi Notori
Il fulcro della decisione risiede nell’affermazione che, quando si tratta di un marchio di larghissimo uso e di incontestata utilizzazione, la situazione processuale si inverte. Non è necessario che l’accusa depositi la prova formale della registrazione del marchio per configurare il reato di commercio di prodotti contraffatti. Al contrario, l’onere di provare l’eventuale insussistenza dei presupposti per la sua protezione legale grava su chi la contesta, ovvero sull’imputato. La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (Sez. 2, n. 46882 del 03/12/2021), consolidando questa interpretazione.
La Genericità del Ricorso come Motivo di Inammissibilità
Oltre alla questione di diritto, la Corte ha rilevato come il ricorso si limitasse a una critica generica, finalizzata a ottenere una rilettura delle prove e dei fatti già valutati dai giudici di merito. Questo tipo di richiesta è estranea al giudizio di legittimità della Cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Il ricorrente non ha indicato specifici travisamenti delle prove, ma ha solo proposto una sua interpretazione alternativa, inammissibile in questa sede.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di non gravare la pubblica accusa di un onere probatorio eccessivamente formalistico in casi di palese contraffazione. Per marchi la cui notorietà è un fatto quasi di dominio pubblico, presumere la loro tutela legale risponde a un criterio di ragionevolezza ed economia processuale. Spetta quindi alla difesa, se intende contestare tale presupposto, fornire elementi concreti che dimostrino, ad esempio, la decadenza, la nullità o la mancata registrazione del marchio. L’assenza di tali elementi e la natura prettamente fattuale delle critiche mosse dal ricorrente hanno reso il ricorso privo dei requisiti minimi per poter essere accolto.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rafforza la tutela contro la contraffazione, semplificando l’accertamento del reato per i prodotti contraffatti recanti marchi ampiamente conosciuti. La decisione chiarisce che la difesa non può limitarsi a una contestazione passiva sulla mancata prova della registrazione da parte dell’accusa, ma deve assumere un ruolo attivo, provando l’assenza di tutela. Per gli operatori del settore e per i consumatori, questa pronuncia conferma il rigore del sistema legale nel reprimere un fenomeno che danneggia l’economia e inganna gli acquirenti. L’imputato, a seguito della dichiarazione di inammissibilità, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
In un processo per la vendita di prodotti contraffatti, chi deve provare che il marchio è legalmente tutelato?
Secondo la Corte di Cassazione, quando si tratta di marchi di larghissimo uso e notorietà, non è l’accusa a dover provare la registrazione. L’onere di dimostrare l’eventuale assenza dei presupposti di tutela legale grava sull’imputato che solleva tale contestazione.
Per quale motivo il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché manifestamente infondato e perché si limitava a una critica generica delle valutazioni dei giudici di merito. Invece di indicare specifici errori di diritto o travisamenti delle prove, proponeva una rilettura dei fatti, cosa non consentita nel giudizio di legittimità della Cassazione.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Con la dichiarazione di inammissibilità del suo ricorso, il ricorrente è stato condannato a pagare le spese processuali e a versare la somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35411 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35411 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a DOURBEL( SENEGAL) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/06/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce che ha confermato la decisione con la quale il Tribunale di Lecce ha affermato la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai delitti di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi e di ricettazione;
Considerato che il primo ed unico motivo, con il quale il ricorrente denunzia violazione della legge penale e vizio di motivazione in ordine al raggiungimento della prova di sussistenza della condizione di punibilità di cui al terzo comma dell’art. 474 cod. pen., è manifestamente infondato, in quanto, qualora si tratti di marchio di larghissimo uso e incontestata utilizzazione, per la configurabilità del delitto di cui all’art. 474 cod. pen., pur non essendo richiesta la prova della registrazione, l’onere di provare l’insussistenza dei presupposti per la sua protezione grava su chi tale insussistenza deduce (Sez. 2, n. 46882 del 03/12/2021, COGNOME, Rv. 282404 – 01).
Considerato che, nel caso di specie, il ricorrente si è limitato a una critica volta a ottenere un’inammissibile lettura alternativa delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità, senza alcuna indicazione di specifici travisamenti delle emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 luglio 2024