Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11087 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11087 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza emessa in data 25.05.202:3 dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME e ha confermato l’ordinanza emessa in data 3 aprile 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, che ha applicato la misura RAGIONE_SOCIALE arresti domiciliari nei confronti del
yt,
ricorrente.
In tale ordinanza il NOME è ritenuto gravemente indiziato della commissione:
del delitto di cui all’art. 390, 416 bis.1 cod. pen., commesso in RAGIONE_SOCIALE dal 29 ottobre 2018 al 31 dicembre 2018, (capo 5), per aver aiutato il latitante NOME COGNOME a sottrarsi all’esecuzione della pena indicata nell’ordine di esecuzione emesso dalla Procura AVV_NOTAIO della Repubblica presso la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE n. 435/2018 SIEP dei 29 ottobre 2018, mettendogli a disposizione un locale in costruzione adibito a covo, fornendogli l’energia elettrica e sostegno economico; fatto aggravato dall’essere stato commesso al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa “RAGIONE_SOCIALE“, denominata COGNOME;
del delitto di cui all’art. 56, 629, in relazione agli artt. 628, terzo comma n. 3, 416 bis.1 cod. pen. (capo 41), per aver posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco, attraverso minacce esplicite rivolte a NOME COGNOME, a indurlo a pagare una somma «a titolo di tangente», per assicurarsi la protezione RAGIONE_SOCIALE «zingari», non riuscendovi per cause non dipendenti dalla propria volontà, in RAGIONE_SOCIALE il 26 novembre 2019; fatto aggravato dall’essere stato commesso al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, denominata NOME RAGIONE_SOCIALE.
AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente, ha presentato ricorso avverso tale ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo nove motivi e, segnatamente:
la manifesta illogicità della motivazione per effetto del travisamento del fatto in relazione al delitto di procurata inosservanza di pena e, segnatamente, alla condotta specifica «di aver fornito un’abitazione ed energia elettrica al latitante COGNOME».
Il difensore rileva che il Tribunale del riesame avrebbe frainteso le risultanze delle indagini, in quanto l’immobile adibito a covo sarebbe stato di proprietà della RAGIONE_SOCIALE e che nella compagine sociale della stessa non figurava il ricorrente, ma tale NOME COGNOME cl. 74 (e non cl. 62, come il ricorrente); l’immobile, inoltre, sarebbe stato ceduto da nove anni dal ricorrente a tale società e la vicinanza dello stesso alla propria abitazione non potrebbe dimostrarne la disponibilità di fatto. Il Tribunale avrebbe, inoltre, travisato il rinvenimento di cavo, proveniente dai locali di proprietà del ricorrente, ritenendo che sarebbe servito a fornire energia elettrica al covo del latitante; il difensore rileva, tuttav che l’unico apparecchio elettronico rinvenuto nel covo sarebbe stata una televisione e, dunque, non certo un bene essenziale per favorire la latitanza.
Il cavo, peraltro, avrebbe potuto essere trafugato in un momento nel quale
il ricorrente non era presente nei locali della sua azienda.
la manifesta illogicità della motivazione per effetto del travisamento di fatto in relazione al delitto di procurata inosservanza di pena in relazione alla condotta specifica «dell’aver contribuito a sostenere econonnic:amente il boss nel periodo di latitanza».
Il difensore premette che il Tribunale del riesame, travisando il significato dell’intercettazione prog. 1416 R.I.T., avrebbe ritenuto che il ricorrente, identificato alternativamente come «NOME» o «NOME» avrebbe effettuato dazioni di danaro in favore del RAGIONE_SOCIALE; ad avviso, del difensore, infatti, queste dazioni di danaro sarebbero state eseguite dal ricorrente, non in quanto finanziatore, bensì in quanto vittima di estorsione.
Fallace sarebbe, peraltro, la massima di esperienza cui il Tribunale del riesame avrebbe fatto ricorso («è improbabile che lo stato di soggezione in cui versa un imprenditore estorto si manifesti anche durante lo stato di latitanza di un capo RAGIONE_SOCIALE») per fondare il proprio apprezzamento di fondatezza della gravità indiziaria.
l’erronea applicazione dell’art. 390 cod. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe ritenuto integrato il delitto di procurata inosservanza di pena, pur in assenza di una negativa alterazione del contesto delle ricerche del latitante.
Ad avviso del difensore, infatti, il contributo fornito dal ricorrente all latitanza del boss si sarebbe al massimo risolto nella fornitura di un cavo elettrico per alimentare un televisore e, dunque, sarebbe stato privo di rilevanza penale.
la manifesta illogicità della motivazione, il travisamento della prova e la violazione di legge in relazione al delitto di tentata estorsione aggravata di cui al capo 41).
Il Tribunale del riesame avrebbe, infatti, travisato gli elementi indiziari raccolti nel corso delle indagini, in quanto le visite di NOME COGNOME e NOME COGNOME alla vittima NOME COGNOME, dopo l’incontro tra quest’ultimo e il ricorrent non sarebbero state intese a minacciarlo e a imporgli forniture cli calcestruzzo, ma solo a proporre un ordinario accordo commerciale.
Ad avviso del difensore, peraltro, la motivazione dell’ordinanza impugnata sarebbe illogica, in quanto non vi sarebbe stata alcuna minaccia esplicita da parte del ricorrente ai danni dell’COGNOME.
l’omessa pronuncia in relazione al rilievo difensivo in ordine al difetto di concretezza e attualità delle esigenze cautelari, in quanto il Tribunale avrebbe omesso di verificare la probabilità della ricorrenza di un’occasione prossima di reiterazione delle condotte illecite descritte;
la manifesta illogicità della motivazione in relazione al rilievo dell’omessa valutazione del tempo trascorso, in quanto i fatti contestati al ricorrente risalirebbero a quattro anni e quattro mesi prima dell’adozione della misura
cautelare per il delitto di cui al capo 5) e a tre anni e cinque mesi per il delitto cui al capo 41);
l’omessa pronuncia in relazione al rilievo difensivo in ordine al difetto di autonoma valutazione RAGIONE_SOCIALE indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, riferite con formula cumulativa a tutti i coindagati;
l’omessa pronuncia in relazione ai rilievi difensivi svolti nella memoria depositata per il procedimento di riesame (ovvero quelli oggetto delle precedenti censure);
la manifesta illogicità della motivazione in relazione ai criteri di scelta della misura cautelare applicata nel titolo genetico.
Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 27 novembre 2023, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, nella persona di NOME COGNOME, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Con memoria depositata in data 6 dicembre 2023 l’AVV_NOTAIO ha replicato alle conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, chiedendo l’accoglimento del ricorso, e ha proposto un motivo aggiunto, deducendo la contraddittorietà e la mancanza di motivazione per contrasto con l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE in riferimento al capo 41).
Il difensore rileva che il Tribunale del riesame, con ordinanza emessa in data 3 luglio 2023, nell’accogliere le richieste di riesame proposte da NOME COGNOME e NOME COGNOME e nell’annullare il titolo cautelare emesso nei confronti dei medesimi con riferimento al delitto di tentata estorsione di cui al capo 42) dell’imputazione provvisoria, avrebbe negato la natura «impositiva e mafiosa» della richiesta di danaro rivolta da tali soggetti a NOME COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto i motivi proposti sono infondati.
Il ricorrente, con il primo motivo, deduce la manifesta illogicità della motivazione per effetto del travisamento di fatto in relazione al delitto di procurata inosservanza di pena, con riferimento alla condotta specifica «di aver fornito un’abitazione ed energia elettrica al latitante COGNOME»; con il secondo motivo il ricorrente censura la manifesta illogicità della motivazione per effetto del travisamento di fatto in relazione al delitto di procurata inosservanza di pena in relazione alla condotta specifica «nell’aver contribuito a sostenere economicamente il boss nel periodo di latitanza».
I motivi, che possono essere trattati congiuntamente, in ragione del loro comune fondamento, sono inammissibili, in quanto si risolvono nella proposizione di una lettura alternativa RAGIONE_SOCIALE* elementi indizianti posti a fondamento dell’ordinanza impugnata.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cessazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione RAGIONE_SOCIALE elementi esaminati dal giudice di merito (ex plurimis: Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 – 01).
È, dunque, inammissibile il ricorso per cassazione che, offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti quest’ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione RAGIONE_SOCIALE stessi, anziché al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita (ex plurimis: Sez. 5, n. 34149 del 11/06/2019, E., Rv. 276566; Sez. 5, n. 44992 del 09/10/2012, Aprovitola, Rv. 253774).
Il Tribunale del riesame ha, del resto, non certo illogicamente ritenuto sussistente la gravità indiziaria del delitto di procurata inosservanza di pena, a fronte della documentata presenza dell’indagato, a bordo della propria autovettura, nei pressi del covo e dell’accertato collegamento con la propria abitazione del cavo elettrico che alimentava il rifugio, debitamente arredato e attrezzato.
Il Tribunale ha, inoltre, ritenuto non incongruamente significativa la conversazione tra gli affiliati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nella quale si attribuisce al NOME una dazione di 3.500 euro in favore del latitante e il proposito di effettuare un’ulteriore dazione di 5.000 euro.
L’estraneità dell’indagato alla compagine della società titolare dello stabile che ospitava il latitante, l’irrilevanza della vicinanza dell’abitazione del ricorren al covo del latitante e della disponibilità del cavo rispetto al mantenimento della latitanza, in quanto asseritamente utilizzato esclusivamente per alimentare la televisione, e, comunque, la possibilità che fosse stato collocato da indeterminati terzi estranei all’insaputa del NOME sono deduzioni di mero fatto, inammissibili nel giudizio di legittimità.
La censura relativa all’illogica esclusione della “spontaneità” della condotta agevolatrice, al di là dell’evidente fallacia della massima di esperienza impiegata dal Tribunale, si risolve in un inammissibile tentativo di introdurre una versione
alternativa nel giudizio di legittimità.
Sono, del resto, precluse al giudice di legittimità la rilettura RAGIONE_SOCIALE elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (ex plurimis: Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482).
Con il terzo motivo il ricorrente censura l’erronea applicazione dell’art. 390 cod. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe ritenuto integrato il delitto di procurata inosservanza di pena, pur in assenza di una negativa alterazione del contesto delle ricerche del latitante.
La censura è infondata, in quanto, ritenendo integrato il delitto di procurata inosservanza di pena solo a fronte di una effettiva all:erazione del corso delle ricerche del latitante, contrasta con la natura di reato di pericolo del delitt di cui all’art. 390 cod. pen.
I delitti di favoreggiamento personale e d’i procurata inosservanza della pena, in quanto reati di pericolo a forma libera, sono integrati da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, idonea a realizzare l’effetto di fornire ausilio a taluno a eludere le investigazioni dell’autorità o di sottrarre il condannato all’esecuzione della pena, a prescindere dall’effettivo vantaggio conseguito dal soggetto favorito, salvo restando, sotto un primo profilo, che l’agente abbia fornito un contributo materiale idoneo alla realizzazione delle anzidette finalità e, sotto un secondo, che si sia rappresentato la portata del proprio agire e abbia effettivamente voluto apportare, con la propria condotta, siffatti aiuti (Sez. 6, n. 43548 del 2019, COGNOME, Rv. 277202-03).
Con il quarto motivo il ricorrente deduce la manifesta illogicità della motivazione, il travisamento della prova e la violazione di legge in relazione al delitto di tentata estorsione aggravata di cui al capo 41).
Il motivo è, tuttavia, inammissibile per aspecificità, in quanto il ricorrente non si confronta specificamente con la ricostruzione fornita dal Giudice per le indagini preliminari e richiamata dal Tribunale del riesame che, ripercorrendo le dichiarazioni della persona offesa COGNOME, che ha riferito che un soggetto (successivamente riconosciuto nel NOME, al quale peraltro effettivamente apparteneva l’autovettura utilizzata dall’agente per raggiungere il luogo dell’incontro) aveva tentato di costringerlo ad accettare la protezione delle RAGIONE_SOCIALE per poter lavorare e gli aveva intimato di incontrare alcuni esponenti di
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quelle RAGIONE_SOCIALE. Nel medesimo contesto, a detta dell’COGNOME, il COGNOME aveva evocato alcuni particolari della vita privata dell’imprenditore.
Trascorsi pochi giorni, si erano presentati ad COGNOME l’indagato COGNOME (anch’egli imprenditore) e il mafioso COGNOME (esponente delle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) per indurlo ad acquistare dal primo il calcestruzzo: circostanza che, nella valutazione non illogica del Tribunale, conferma l’effettivo collegamento della richiesta di COGNOME con le RAGIONE_SOCIALE evocate.
Il ricorrente deduce, dunque, un travisamento della prova dichiarativa proveniente dalla vittima, che, tuttavia, si risolve in una confutazione RAGIONE_SOCIALE elementi indiziari predetti, inammissibile in sede di legittimità, e nella proposizione di una lettura alternativa RAGIONE_SOCIALE elementi posti a fondamento dell’ordinanza impugnata.
Anche il motivo aggiunto proposto in relazione alla gravità indiziaria del delitto di tentata estorsione è, del resto, inammissibile, in quanto si risolve in una confutazione in fatto delle risultanze delle risultanze investigative e in una lettura alternativa delle stesse in sede di legittimità.
Nessun rilievo può, del resto, assumere la circostanza che il Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE, con ordinanza del 3 luglio 2023, abbia annullato l’ordinanza cautelare disposta nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME per tale imputazione provvisoria; questa circostanza, infatti, in quanto, estranea e successiva al provvedimento impugnato, non può essere direttamente EZYge esaminata dalla Corte di legittimità, ma eventualmente posta a Fondamento di una istanza di revoca della misura.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, tema di impugnazioni cautelari, eventuali elementi sopravvenuti al momento della chiusura della discussione dinanzi al tribunale del riesame non assumono alcun rilievo nel successivo giudizio di legittimità, potendo essere fatti valere soltanto con una nuova richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare al giudice competente (ex plurimis: Sez. 3, n. 23151 del 24/01/2019, COGNOME, Rv. 275982 – 01, fattispecie in cui la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibili i motivi aggiunti depositati dalla difesa e fondati su documenti formati in un momento successivo alla presentazione del ricorso per cassazione).
Con il quinto motivo il ricorrente censura l’omessa pronuncia in relazione al rilievo difensivo in ordine al difetto di concretezza e attualità delle esigenze cautelari, in quanto il Tribunale avrebbe omesso di verificare la probabilità della ricorrenza di un’occasione prossima di reiterazione delle condotte illecite descritte.
Il ricorrente, inoltre, con il sesto motivo deduce la manifesta illogicità della motivazione in relazione al rilievo dell’omessa valutazione del tempo trascorso, e, con il settimo motivo, l’omessa pronuncia in relazione al rilievo difensivo in ordine
al difetto di autonoma valutazione RAGIONE_SOCIALE indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, riferite con formula cumulativa a tutti i coindagati.
Questi motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, in ragione del loro comune oggetto, sono inammissibili, in quanto il ricorrente non si confronta specificamente con la motivazione dell’ordinanza impugnata.
Nessuna violazione di legge è ravvisabile sul punto, in quanto il Tribunale del riesame, ha considerato le circostanze dedotte dalla difesa subvalenti nell’applicazione della c.d. doppia presunzione sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, nella motivazione il giudice del gravame non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, sicché debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, Depretris, Rv. 281935 – 01).
Il Tribunale del riesame ha, del resto, confermato la misura coercitiva disposta nei confronti del ricorrente per delitti in relazione ai quali vale la doppi presunzione – relativa – di sussistenza delle esigenze e di adeguatezza della misura custodiale carceraria.
La presunzione relativa che assiste le fattispecie aggravate ex art. 416-bis.1 cod. pen., infatti, «fa ritenere sussistenti, salvo prova contraria, i caratteri attualità e concretezza del pericolo» (Sez. 5, n. 4950 del 2022, Rv. 282865-01) ed è, prevalente, in quanto speciale, rispetto alle disposizioni generali stabilite dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (Sez. 5, n. 4950 del 07/12/2021 – dep. 2022, Andreano, Rv. 282865 – 01).
È noto che, sulla questione del “tempo silente”, si sono formati, anche nell’ambito della giurisprudenza di legittimità’ orientamenti non completamente coincidenti.
In particolare, questa Sezione ha ritenuto che «in tema di misure cautelari, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere
espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli «elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari», cui si riferisce lo stesso art. 275, comma :3, cod. proc. pen.» (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272 – 01).
In senso difforme, si è rilevato che «in tema di misure cEiutelari riguardanti il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi d pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno RAGIONE_SOCIALE elementi rilevanti, sicchè la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.» (Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021, Pmt. c. Amato, Rv. 281293 – 01).
Peraltro, pure aderendo al primo RAGIONE_SOCIALE orientamenti indicati, nel caso di specie l’ordinanza impugnata risulta immune dalle censure dedotte dalla ricorrente, il Tribunale, in riferimento al decorso del tempo e alla permanente attualità delle esigenze cautelari, ha non incongruamente valorizzato la ritenuta gravità dei delitti commessi dall’indagato, un precedente penale per il delitto di minaccia, pur non recedente, e la sua partecipazione attiva alle attività del sodalizio criminale.
Il Tribunale ha, peraltro, non certo incongruamente rilevato che il ricorrente ha dedotto meramente la valenza asseritamente ostativa del “tempo silente” e non già elementi sintomatici di un possibile allontanamento effettivo dal contesto criminale nei quali è maturata la commissione di quei reati.
10. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigetto e il ricorrente dev essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2023.