Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37430 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 37430 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/11/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
inoltre:
RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 25/03/2025 della Corte d’appello di Trieste
Visti gli atti, letti il provvedimento impugnato, il ricorso dell ‘ AVV_NOTAIO e la successiva memoria difensiva; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta P.G. Maria
NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME , a mezzo del difensore di fiducia, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste del 25/03/2025 con cui è stata confermata la sentenza del Tribunale di Trieste che ha condannato il ricorrente alla pena di giustizia in ordine al reato di truffa assicurativa.
La difesa affida il ricorso a sei motivi che, ai sensi dell’art. 176 disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Il Pubblico ministero, nella persona della sostituta P.G. NOME COGNOME, con requisitoria del 20 ottobre 2025, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con memoria del 30 ottobre 2025, la difesa del ricorrente, nel replicare alle conclusioni della P.G., ha nuovamente argomentato sui motivi inerenti alla procedibilità, alla responsabilità e al dolo e sul diniego delle attenuanti generiche, insistito per l’accoglimento de l ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Violazione degli artt. 122, 336 cod. proc. pen., 37 disp. att. cod. proc. pen. Nullità della querela per difetto di procura speciale -Contrasto giurisprudenziale -Richiesta di rimessione alle Sezioni unite.
La difesa contesta la validità della querela per difetto di legittimazione attiva in capo ai soggetti firmatari stante la genericità della procura priva dell’indicazione dei reati per i quali si intende proporre querela, per come asseverato dalla più recente giurisprudenza di legittimità che si indica nel ricorso. Seppur a carattere necessariamente preventivo, la procura speciale non indicava alcun reato specifico per il quale si intendeva proporre querela; non erano presenti riferimenti a categorie di fatti lesivi o a soglie di rilevanza patrimoniale; mancava ogni elemento che consentisse di verificare l’effettiva volontà della persona giuridica al momento del rilascio della procura.
Il motivo non è fondato.
Preliminarmente va evidenziato -rilievo comune anche agli ulteriori riferimenti giurisprudenziali citati dalla difesa con riguardo all’ultimo motivo di ricorso -che le sentenze di questa Corte citate che dovrebbero confermare l’assunto difensivo non si riferiscano alla questione dedotta. La difesa, infatti, cita a pag. 2 del ricorso le seguenti decisioni di legittimità: ‘Cass. pen., Sez VI, n. 48236/2023 che ha ritenuto idonea la procura generica a fondare la querela per
carenza di collegamento effettivo con la volontà dell’ente’ e ‘Cass. pen., Sez. V, n. 9232/2024, che ha escluso la validità di procure prive di delimitazione dei reati o delle situazioni concretamente rilevanti’. Ebbene, l e sentenze indicate in realtà si riferiscono nei loro estremi ad ordinanze di inammissibilità della Settima Sezione penale. Più pertinenti alla tesi difensiva, invece, appaiono le altre decisioni citate nella memoria a pag. 2, anche se, per come si evidenzierà nel prosieguo, i precedenti si riferiscono ad orientamenti giurisprudenziali da ritenersi ormai superati alla stregua dei più recenti e consolidati arresti della Corte di legittimità.
Tanto precisato, ritiene il Collegio che le valutazioni espresse in punto di legittimazione alla querela del procuratore della società non prestano il fianco a censura.
La procura in forza della quale i due dirigenti dell’RAGIONE_SOCIALE hanno presentato querela rinviene la sua fonte nella delibera del c.d.a. dell’impresa di assicurazioni che ha loro conferito «la facoltà di presentare denunce-querele o rilasciare procura speciali per la presentazione di denunce-querele». La latitudine dell’atto impone di ricomprendervi la legittimazione del procuratore a sporgere querela in relazione a fatti riconducibili all’oggetto sociale in relazione ai quali la società risulti parte offesa, tenuto conto che detta legittimazione si inserisce in quella, più ampia, di promuovere anche azioni giudiziarie a difesa della società e di transigere le relative vertenze.
Non è fuor di luogo rilevare che la procura, quale atto negoziale, va interpretata sulla scorta delle regole stabilite dal codice civile e, nel dubbio, le espressioni utilizzate devono essere interpretate in senso conservativo (Sez. 2, n. 16035 del 12/02/2020, Mancuso, Rv. 279195 -01). Nella specie l’invocata esclusione dei poteri di rappresentanza del procuratore in relazione a fatti ricadenti sotto la giurisdizione penale non risulta conforme alla lettera e al tenore complessivo dell’atto, con il quale si è inteso assegnare ai due dirigenti la cura e la tutela degli interessi societari per gli affari legali di natura ordinaria, senza alcuna distinzione. Con riguardo ai residui rilievi contenutistici formulati dalla difesa in ordine alla legittimazione del querelante, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la rituale presentazione della querela nell’interesse di una persona giuridica non richiede che la procura speciale indichi specificamente i reati per i quali è conferito il potere quando gli stessi sono implicitamente desumibili dall’oggetto sociale dell’ente (in fattispecie riguardante società di finanziamento in cui la Corte ha ritenuto implicitamente devoluto il potere di sporgere querela per reati di truffa, Sez. 2, n. 24754 del 16/04/2010, P.m. in proc. Orlando e altri, Rv. 247748 – 01; nel senso che la procura speciale preventiva rilasciata dal legale rappresentante di un ente, ai sensi dell’art. 37 disp. att. cod. proc. pen., non deve contenere l’indicazione dei singoli reati rispetto ai quali è consentito il compimento
dell’atto, dovendosi la stessa intendere conferita con riferimento a tutti i fatti che danneggiano gli interessi della società e pertengono all’oggetto sociale, Sez. 2, n. 22506 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 279288 – 01; in termini, Sez. 2, n. 1878 del 09/12/2016, dep. 2017, P.c. in proc. Dindi, Rv. 268769 – 01; Sez. 2, n. 42947 del 01/10/2014, COGNOME, Rv. 260859 -01. Da ultimo Sez. 2, n. 18112 del 14/03/2025, COGNOME, non mass.).
Tale principio si riferisce proprio alla procura speciale rilasciata dal legale rappresentante di un ente in via preventiva ai sensi dell’art. 37 disp. att. cod. proc. pen. e le già menzionate sentenze hanno affermato che, qualora detta procura non contempli l’indicazione delle tipologie di reato in presenza delle quali attivare la condizione di procedibilità, il relativo potere deve intendersi implicitamente devoluto per tutti i reati desumibili dall’oggetto sociale. Peraltro, a tale orientamento si contrappone altro minoritario, secondo cui anche in relazione alla procura speciale rilasciata in via preventiva, il legislatore ha richiesto che la volontà della parte lesa di rimuovere gli ostacoli alla procedibilità per un determinato reato sia del tutto chiara e specifica, ovvero riferita a fatti specificamente individuati nella procura (Sez. 6, n. 28807 del 05/04/2016, COGNOME, Rv. 267432 – 01; Sez. 5, n. 24687 del 17/03/2010, P.G. in proc. COGNOME e altri, Rv. 248385 – 01). Dunque, con riferimento alla procura speciale rilasciata dal legale rappresentante di un ente in via preventiva, l’indirizzo ermeneutico prevalente di questa Corte, a cui il Collegio intende dare continuità, ritiene che, qualora questa non contempli l’indicazione delle tipologie di reato in presenza delle quali attivare la condizione di procedibilità, il relativo potere deve intendersi implicitamente devoluto per tutti i reati desumibili dall’oggetto sociale. Ed è stato anche precisato che la possibilità di rilascio in via preventiva della procura speciale, di cui al citato art. 37 sp. att. cod. proc. pen., è stata prevista dal legislatore per fare fronte alle necessità delle così dette strutture complesse che prevedano vari luoghi ove si eserciti l’attività di una società. Come già chiarito da questa Corte, tale norma non si pone in rapporto di specialità rispetto all’art. 122 cod. proc. pen., ma ne amplia la portata con riferimento alle peculiari esigenze organizzative degli enti (Sez. 5, n. 24687 del 17/03/2010, n proc. COGNOME e altri, Rv. 248385, in motivazione. Da ultimo, Sez. 3, n. 18193 del 07/02/2024, P., in motivazione pagg. 2 e 3).
In conclusione, la procura speciale deve intendersi rilasciata ai dirigenti di RAGIONE_SOCIALE affinché possano proporre denunce-querele aventi ad oggetto fatti che danneggiano la società e siano pertinenti all’oggetto sociale, elementi tutti presenti nel caso in esame, trattandosi di un fatto risultante dall’attività liquidativa successiva ad una richiesta risarcitoria proveniente da un assicurato.
Violazione dell’art. 124 cod. pen. Erronea individuazione del dies a quo per
la proposizione della querela.
Si deduce che dalla scansione cronologica degli eventi -che il ricorrente passa in rassegna -risulta che i fatti posti a fondamento della denuncia fossero già noti alla persona offesa ben prima di ricevere la relazione investigativa (ricezione del 24 luglio 2019). In particolare, si evidenzia come la società investigativa, pur avendo ricevuto incarico nel marzo, avesse eseguito gli accertamenti solo quattro mesi dopo, il 23 luglio, predisponendo la relazione il giorno seguente. Si era così procrastinato unilateralmente il termine per proporre querela vanificando il carattere perentorio e tassativo del termine previsto dall’art. 124 cod. pen. per l’esercizio del diritto di querela. Ciò soprattutto allorché come nel caso di specie -la società assicurativa disponesse di elementi di sospetto. La Corte d’appello si era limitata assertivamente a ritenere il ritardo ‘non imputabile’ alla p.o., senza valutare in concreto se RAGIONE_SOCIALE fosse già in possesso degli elementi necessari per proporre querela prima del 24 luglio 2019.
Il motivo è manifestamente infondato.
Questa Corte ha, infatti, affermato che il termine per la presentazione della querela decorre dal momento in cui il titolare ha conoscenza certa, sulla base di elementi seri e concreti, del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, conoscenza che può essere acquisita in modo completo soltanto se e quando il soggetto passivo abbia contezza dell’autore (Sez. 2, n. 37584 del 05/07/2019, Rv. 277081). Peraltro, va anche precisato che laddove l’esercizio del diritto di querela attenga a realtà a soggettività complessa, occorre altresì che di tale piena conoscenza siano materialmente investiti i titolari del potere di querela, affinché possano liberamente determinarsi, non essendo sufficiente che dei fatti siano stati notiziati appendici organizzative prive dei necessari poteri di rappresentanza (Sez. 2, n. 10978 del 12/12/2017, dep. 2018, Rv. 272373. Da ultimo, Sez. 2, n. 26886 del 27/05/2022, COGNOME, non mass.). Inoltre, proprio in ragione della complessità organizzativa di tali compagini e del numero dei sinistri trattati, alcun rilievo assume la circostanza che il compimento delle verifiche da parte della società investigativa abbia seguito di qualche mese l’affidamento dell’incarico , essendosi al cospetto di un termine del tutto ragionevole relativo alle cadenze procedimentali che hanno poi determinato l’esercizio del diritto di querela .
Violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in ordine all’accertamento dell’elemento soggettivo del reato in capo al ricorrente (consapevolezza di partecipare ad un falso sinistro stradale).
S i esclude che l’imputato abbia messo a disposizione dei coimputati il proprio mezzo al fine di perpetrare la truffa, risultando del tutto estraneo alla vicende successive del falso sinistro con cui se ne era simulato il danneggiamento. E tanto in forza del la tempistica dell’interrogatorio reso, della genuinità che doveva
riconoscersi alle sue dichiarazioni, alla collaborazione con l’autorità giudiziaria e all’esistenza di danni pregressi sul mezzo. Invece la Corte di merito aveva ritenuto dimostrato il dolo sulla scorta di un’unica presunta contraddizione tra le sue dichiarazioni e la perizia del 12 febbraio 2019, senza un adeguato supporto probatorio né un corretto impianto logico-argomentativo.
Il motivo è infondato.
L’imputato è stato chiamato a rispondere nell’ambito della truffa orchestrata dai coimputati COGNOME NOME, COGNOME NOME (nei cui confronti si è poi proceduto separatamente ex art. 162ter cod. pen.) e COGNOME NOME quale concorrente che avrebbe messo a disposizione il motociclo coinvolto nel falso sinistro. Il ricorrente si è dichiarato estraneo ai fatti, indicando quale responsabile dell’ordito truffaldino COGNOME NOME. L ‘esclusione della verosimiglianza della tesi difensiva si fonda sulla d ivergenza tra il dichiarato dell’imputato e le condizioni del mezzo per come accertate dalla perizia di stima del danno successivamente eseguita. In particolare, il ricorrente ha affermato che al momento in cui il mezzo gli venne restituito dall’originario coimputato COGNOME NOME (dicembre) non presentava alcun danno, mentre la perizia ne assevera la presenza tanto che la Corte d’appello ne ha ricavato l’inverosimiglianza della tesi che lo scooter non paventasse danni ulteriori rispetto a quelli già presenti causati dai precedenti incidenti che lo stesso mezzo aveva nei mesi precedenti subito. In realtà, tale dato, anche laddove letto nel significato difensivo, non neutralizza decisamente gli altri, aventi valenza indiziante pure emersi dall’istruttoria dibattimentale che concorrono ad avvalorare l’ipotesi accusatoria secondo cui anche l’imputato fosse parte dell’ordito truffaldino ai danni dell’RAGIONE_SOCIALE. A conferma di tale assunto depone la circostanza, di cui danno atto entrambi i giudici di merito, che l’imputato, in relazione al mezzo oggetto del falso sinistro per cui si procede, aveva già ottenuto due indennizzi, nei mesi precedenti (precisamente il 20 marzo e il 21 giugno 2018), di cui uno dalla stessa compagnia oggi costituita parte civile (v. anche pag. 9 verbale ud. 9/01/2023 e allegati al falso CAI). Di conseguenza, il camuffamento della targa e l’indicazione di un differente proprietario del mezzo ben possono prestarsi ad una lettura volta ad occultare all’RAGIONE_SOCIALE l’ennesima richiesta di risarcimento danni avente ad oggetto lo stesso scooter che di certo avrebbe insospettito la compagnia. Del resto, anche l’affermazione che l’unico responsabile dei fatti sarebbe COGNOME NOME, al quale l’imputato avrebbe prestato lo scooter, rinviene riscontro negativo, in quanto, per come anche sottolineato dal primo giudice (v. pag. 4), nella richiesta di risarcimento danni e nel falso CAI lo stesso COGNOME NOME si indica come conducente del mezzo.
Omessa valutazione delle spiegazioni alternative e dei dati compatibili con l’innocenza (violazione dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. e vizio di
motivazione).
Si censura l’assenza di rilievo attribuita all’ipotesi alternativa secondo cui i danni rilevati dal perito potrebbero essere stati prodotti da manomissioni successive da parte del correo COGNOME all’insaputa del ricorrente. In particolare, non poteva escludersi che il correo avesse temporaneamente sostituito le carene del veicolo con altre danneggiate per simulare il sinistro; che abbia successivamente rimontato le parti originali prima della restituzione del mezzo; abbia sfruttato danni già esistenti in punto coincidenti, derivanti da due sinistri pregressi per rafforzare la sceneggiatura fraudolenta. La motivazione con cui la Corte di merito aveva disatteso il rilievo della tesi difensiva risultava carente, facendo leva su un unico dato non univoco costi tuito dall’asserita contraddizione tra quanto dichiarato dall’imputato e la perizia.
Il motivo è manifestamente infondato in quanto fa leva su un’ipotesi alternativa di merito che risulta meramente tale, non suffragata da specifici elementi di sostegno processualmente acquisiti, a fronte della ricostruzione accusatoria che rinviene convergenti elementi indiziari trasfusi in una motivazione non affatto manifestamente illogica.
Violazione degli artt. 62bis e 133 cod. pen. Omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche – Vizio di motivazione.
5.1. Omissione di elementi positivi rilevanti ai sensi dell’art. 133 cod. pen.
5.2. Erronea valutazione della condotta riparatoria -Omessa considerazione della proposta transattiva.
Si lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, alla luce di elementi positivi rilevanti ai sensi dell’art. 133 cod. pen., quali l’atteggiamento collaborativo, l’assenza di carichi pendenti recenti e una condotta di vita regolare, il lungo tempo trascorso tra i fatti e la decisione e la marginalità del ruolo in ipotesi assunto. Inoltre, si lamenta il mancato apprezzamento della proposta risarcitoria pure formulata alla difesa in favor e dell’RAGIONE_SOCIALE in data 17 febbraio 2025, quale gesto significativo idoneo a fondare l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
Il motivo è fondato nella parte in cui la difesa del ricorrente si duole del mancato apprezzamento dell’offerta risarcitoria depositata presso la cancelleria della Corte di appello di Trieste il 17 febbraio 2025, con cui l’imputato si dichiarava disponibil e a versare l’importo complessivo di euro 2.500,00 a favore della parte civile al fine di determinare la remissione della querela. Sebbene a tale offerta non sia seguita l’accettazione dell’RAGIONE_SOCIALE (che ha concluso per la conferma delle statuizioni civili disposte dal primo giudice), dalla lettura della sentenza impugnata risulta che a fondamento del diniego delle circostanze attenuanti generiche la Corte d’appello ha espressamente dato rilievo ‘all’assenza di qualsiasi
comportamento risarcitorio o anche solo resipiscente in favore della parte civile’. Si tratta di un argomento che si pone in contrasto col dato documentale depositato dalla difesa ben prima dell’udienza e che rende la motivazione travisata sul punto. Donde l’annullamento della sentenza impugnata in ordine al trattamento sanzionatorio in quanto l’element o circostanziale disatteso potrebbe essere apprezzato dal giudice del merito, laddove abbia attitudine a influire su diversi aspetti della valutazione, ben potendo un dato polivalente essere utilizzato più volte sotto differenti profili per distinti fini e conseguenze ( ex multis , Sez. 1, n. 1376 del 28/10/1997, dep. 1998, Brembilla, Rv. 209841 -01; Sez. 2, n. 45206 del 09/11/2007, COGNOME, Rv. 238511 -01; Sez. 3, n. 17054 del 13/12/2018, dep. 2019, M., Rv. 275904 -03).
6. Violazione degli artt. 163 e 164 cod. pen. -Illegittimo diniego della sospensione condizionale -Vizio di motivazione. Si era negato il beneficio ritenendosi ostativa una precedente condanna per patteggiamento del 2008 cui era stato concesso il medesimo beneficio seppur decorso il quinquennio, omettendo di confrontarsi col dato del lungo tempo trascorso dal fatto (2008) e del comportamento processualmente collaborativo tenuto dall’imputato.
Il motivo è manifestamente infondato.
Anche su tale questione va evidenziato che la decisioni citata dalla difesa (all’ultima pagina del ricorso) a sostegno della censura (Cass. pen., Sez. 1, n. 25362/2018; Sez. III, n. 39314/2020) risultano essere la prima un’ordinanza di inammissibilità dell a Settima sezione penale e l’altra inesistente.
In ogni caso sul tema la sentenza impugnata risulta avere fatto corretta applicazione del principio di diritto espresso anche a Sezioni unite alla stregua del quale in tema di sentenza di patteggiamento, l’estinzione degli effetti penali conseguente, ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., all’utile decorso del termine di due o cinque anni (secondo che si tratti di delitto o di contravvenzione), deve intendersi limitata, con riferimento alla reiterabilità della sospensione condizionale, ai soli casi in cui sia stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, con la conseguenza che, ove sia stata applicata una sanzione detentiva, di questa occorre comunque tenere conto ai fini della valutazione, imposta dagli artt. 164, ultimo comma, e 163 cod. pen. circa la concedibilità di un secondo beneficio (Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, dep. 2001, Sormani, Rv. 218529 -01). Nel caso in esame, la precedente condanna ex art. 444 cod. proc. pen. per delitto alla pena della reclusione di anni due è ostativa alla concessione del beneficio anche laddove nel giudizio di rinvio l’imputato beneficiasse di una riduzione della pena per la concessione delle attenuanti generiche -in quanto renderebbe il cumulo superiore ai limiti entro i quali è possibile la reiterazione del beneficio ai sensi degli artt. 163 e 164, comma 4, cod. pen.
In conclusione, nulla aggiungendo di decisivo la memoria difensiva riguardo alle conclusioni raggiunte, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Trieste. Va invece rigettato nel resto il ricorso e dichiarata irrevocabile l’affermazione di responsabilità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Trieste. Rigetta nel resto il ricorso e dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità. Così deciso, il 11 novembre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME