Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44263 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44263 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato a Castrovillari il 16/06/1985
avverso l’ordinanza emessa 1’11/06/2024 dal Tribunale del riesame di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza dell’Il giugno 2024 il Tribunale del riesame di Catanzaro confermava l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari il 23 maggio 2024 nei confronti di NOME COGNOME per i reati di cui ai capi 1 (artt. 110 e 423 cod. pen.) e 2 (artt. 110 e 423 cod. pen.), relativi agli incendi di due autovetture, commessi, in concorso con NOME COGNOME, a Cassano allo Ionio, nella notte del 24 aprile 2024.
Più precisamente, la prima di tali autovetture era una Fiat Panda, targata TARGA_VEICOLO, intestata a NOME COGNOME e utilizzata dal figlio, NOME COGNOME, parcheggiata nella INDIRIZZO di Cassano allo Ionio; il secondo veicolo, invece, era un’Alfa Romeo 147, targata TARGA_VEICOLO, intestato a NOME COGNOME e utilizzato dal marito, NOME COGNOME, parcheggiata nella INDIRIZZO dello stesso centro cosentino.
In questa cornice, si contestava a NOME COGNOME di avere provocato due incendi di consistenti proporzioni, che, intorno alle ore 2.30 del 24 aprile 2024, avevano causato la distruzione delle due autovetture sopra citate, posteggiate nelle immediate adiacenze delle abitazioni dei proprietari, ubicate a Cassano allo Ionio, nella frazione di Lauropoli. Gli incendi provocati dall’indagato, in concorso con NOME COGNOME, non si erano propagatesi ulteriormente a causa del tempestivo intervento dei Vigili del Fuoco di Rossano, che erano giunti sul posto, dopo essere stati allertati telefonicamente, per domare le fiamme sviluppatesi.
Secondo il Tribunale del riesame di Catanzaro, gli accadimenti criminosi si ritenevano provati sulla base di una pluralità di, convergenti, elementi indiziarie, che traevano origine dalle dichiarazioni delle persone offese, NOME COGNOME e NOME COGNOME che riferivano di essere stati, tempo prima, minacciati da Cavaliere.
Si consideri, in proposito, che NOME COGNOME era l’ex marito di NOME COGNOME alla quale l’indagato, da qualche tempo, era legato sentimentalmente, con il quale erano emersi significativi conflitti, legati alla gestione dei figli nati dal loro matrimonio. In conseguenza di tali, persistenti conflitti, COGNOME, a seguito di un litigio, sfociato in un’aggressione fisica, avev sporto denuncia contro l’ex coniuge, citando come testimone oculare dell’accaduto NOME COGNOME.
Questa situazione di persistente conflittualità, dunque, costituiva l’antefatto degli eventi criminosi, che si ritenevano dimostrati sulla base dei fotogrammi estratti dai sistemi di videosorveglianza installati nei pressi dei luoghi dove si
erano verificati gli incendi e dell’abitazione dell’indagato. Tali immagini, registrate la notte in cui si verificavano i due incendi, consentivano di accertare che NOME COGNOME, coindagato e cognato di NOME COGNOME, si era recato presso l’abitazione di quest’ultimo nella del 24 aprile 2024, prelevando due bottiglie poste nei contenitori esterni dei rifiuti e caricandole sull’autovettura con cui era giunto sul posto; COGNOME, poi, si recato nelle aree urbane dove si trovavano i veicoli incendiati e tra il primo e il secondo dei due incendi, era ritornato nelle adiacenze dell’abitazione dell’indagato.
A sua volta, COGNOME, dopo essersi allontanato dalla sua abitazione, a notte fonda, vi aveva faceva rientro, e, prima di ritirarsi in casa, aveva sollevato il coperchio del bidone dei rifiuti, controllando il punto dove, in precedenza, si trovavano le bottiglie, che erano state prelevate da Campolongo, poco prima dell’incendio delle due autovetture.
Tale ricostruzione dei fatti si riteneva ulteriormente corroborata dalle dichiarazioni rese da NOME COGNOME che riferiva di avere appreso dalla figlia, che conviveva con NOME COGNOME che quest’ultima, nel corso di una telefonata, aveva parlato di un incendio da eseguire nei pressi della sua abitazione.
In questa cornice indiziaria, che non si riteneva smentita dalle indagini difensive, finalizzate a escludere il coinvolgimento nei due incendi di Cavaliere, per la sua assenza dal luogo del delitto, si ritenevano sussistenti le esigenze cautelari indispensabili al mantenimento della misura restrittiva applicata nei confronti dell’indagato, in conseguenza della sua personalità, della situazione di aspra conflittualità da cui traevano origine gli accadimenti criminosi e della sua elevata pericolosità sociale, che imponevano di ritenere elevato il pericolo di recidiva del reato, ritenuto rilevante ai sensi dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME ricorreva per cassazione, articolando un’unica censura difensiva.
Con tale doglianza si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto degli elementi probatori indispensabili ai fini della formulazione del giudizio di gravità indiziaria nei confronti di NOME COGNOME che non poteva essere identificato, in termini certi, quale autore materiale dei due incendi oggetto di contestazione processuale, atteso che era incontroversa la sua assenza fisica dalle aree dove si trovavano le autovetture incendiate la notte del 24 aprile 2024.
Si erano, al contempo, svalutate le dichiarazioni delle persone informate sui fatti esaminate dalla difesa del ricorrente, tra le quali si richiamavano quelle rese da NOME COGNOME che evidenziavano come il contesto di conflittualità presupposto dal Tribunale del riesame di Catanzaro era attribuibile ai rapporti di tensione reciproca esistenti tra NOME COGNOME e NOME COGNOME ai quali il ricorrente era estraneo, riguardando esclusivamente la gestione dei figli della coppia dopo la loro separazione.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è inammissibile, risultando basato su motivi manifestamente infondati.
In via preliminare, occorre soffermarsi sui principi che governano il processo indiziario nella fase delle indagini preliminari, postulando il giudizio formulato dal Tribunale del riesame di Salerno il vaglio unitario dei singoli elementi probatori alla luce di tali parametri ermeneutici.
Osserva il Collegio che il compendio probatorio acquisito nel corso delle indagini preliminari nei confronti di NOME COGNOME in relazione ai due incendi verificatisi la notte del 24 aprile 2024, si caratterizza per le sue connotazioni indiziarie, alla stregua delle quali occorre valutare i temi censori introdotti dalla difesa del ricorrente.
Ne discende che, nel nostro caso, assume un rilievo decisivo il procedimento logico attraverso cui da talune premesse indiziarie si era giunti ad affermare l’esistenza di ulteriori fatti alla stregua di canoni di probabilità e nel rispetto del regole di comune esperienza.
Tali affermazioni impongono una valutazione del compendio probatorio acquisito nei confronti di Cavaliere nel rispetto dei principi sul processo indiziario, per inquadrare i quali occorre richiamare l’orientamento ermeneutico consolidato in seno alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in queste ipotesi, il giudice cautelare deve compiere una duplice operazione, atteso che, dapprima, gli è fatto obbligo di procedere alla valutazione dell’elemento indiziario singolarmente considerato, per stabilire se presenti o meno il requisito della precisione e per vagliarne l’attitudine dimostrativa; successivamente, occorre procedere a un esame complessivo degli elementi indiziari acquisiti (tra le altre, Sez. 1, n. 26455 del 26/3/2013, COGNOME, Rv. 255677 – 01; Sez. 1, n. 13671 del 26/11/1998, Buono, Rv. 212026 – 01), allo scopo di appurare se i margini di ambiguità,
correlati a ciascuno di essi, possano essere superati in una visione unitaria, in modo da consentire l’attribuzione del fatto illecito all’indagato, pur in assenza di una prova diretta, sulla base di un complesso di dati, che saldandosi logicamente, conducano necessariamente a un giudizio di gravità indiziaria (tra le altre, Sez. 2, n. 2548 del 19/12/2014, Segura, Rv. 262280 – 01; Sez. 1, n. 30448 del 19/06/2010, COGNOME, Rv. 248384 – 01).
Questa impostazione ermeneutica, a sua volta, trae origine dal risalente arresto delle Sezioni Unite, espresso da Sez. U. n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191230 – 01, che occorre ribadire ulteriormente, secondo cui: «L’indizio è un fatto certo dal quale, per interferenza logica basata su regole di esperienza consolidate ed affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare secondo lo schema del cosiddetto sillogismo giudiziario. È possibile che da un fatto accertato sia logicamente desumibile una sola conseguenza, ma di norma il fatto indiziante è significativo di una pluralità di fatti non noti ed in tal caso può pervenirsi al superamento della relativa ambiguità indicativa dei singoli indizi applicando la regola metodologica fissata nell’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. Peraltro l’apprezzamento unitario degli indizi per la verifica della confluenza verso un’univocità indicativa che dia la certezza logica dell’esistenza del fatto da provare, costituisce un’operazione logica che presuppone la previa valutazione di ciascuno singolarmente, onde saggiarne la valenza qualitativa individuale. Acquisita la valenza indicativa – sia pure di portata possibilistica e non univoca – di ciascun indizio deve allora passarsi al momento metodologico successivo dell’esame globale ed unitario, attraverso il quale la relativa ambiguità indicativa di ciascun elemento probatorio può risolversi, perché nella valutazione complessiva ciascun indizio si somma e si integra con gli altri, di tal che l’insieme può assumere quel pregnante ed univoco significato dimostrativo che consente di ritenere conseguita la prova logica del fatto; prova logica che non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica), quando sia conseguita con la rigorosità metodologica che giustifica e sostanzia il principio del cosiddetto libero convincimento del giudice». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In questa, incontroversa, cornice ermeneutica, occorre premettere che la situazione di apra conflittualità personale esistente tra NOME COGNOME, l’ex moglie, NOME COGNOME e NOME COGNOME l’attuale compagno di quest’ultima, costituisce un dato indiziario incontroverso e non contestato dal ricorrente.
Si consideri, in proposito, che tra NOME COGNOME e NOME COGNOME vi erano risalenti e persistenti conflitti personali, legati alla gestione dei fig
nati dal loro matrimonio, in conseguenza dei quali lo stesso COGNOME, a seguito di un litigio, sfociato in un’aggressione fisica da parte dell’ex coniuge, aveva sporto una denuncia alle Forze dell’ordine, citando come testimone oculare dell’accaduto NOME COGNOME.
A seguito di tale denuncia, il ricorrente aveva intimato a NOME COGNOME COGNOME di “togliere la denuncia” e, al contempo, aveva minacciato NOME COGNOME, dicendogli che, se avesse testimoniato contro la compagna, lo avrebbe ammazzato e gli avrebbe incendiato l’autovettura.
Questa situazione di persistente conflittualità personale, dunque, costituiva l’antefatto degli accadimenti criminosi, che si ritenevano dimostrati sulla base delle immagini estratte dai sistemi di videosorveglianza installati nei pressi dei luoghi dove erano parcheggiate le autovetture incendiate e dell’abitazione dell’indagato, che consentivano di riprendere le fasi cruciali dei due incendi, accaduti nella notte del 24 aprile 2024 a Cassano allo Ionio, nella frazione di Lauropoli.
I fotogrammi estratti dalle telecamere di videosorveglianza consentivano di accertare che, la notte dei due incendi, NOME COGNOME, che era il cognato di COGNOME, si recava presso l’abitazione di quest’ultimo e, immediatamente dopo, alle ore 0.47, prelevava due bottiglie dai contenitori esterni dei rifiuti e le caricava sulla sua autovettura. Dopo essere salito in macchina, COGNOME si recava nei luoghi degli incendi e tra il primo e il secondo dei due, aveva fatto ritorno presso l’abitazione dell’indagato.
A sua volta, COGNOME, dopo essersi allontanato dalla sua abitazione, a seguito della visita di Cannpolongo, vi faceva rientro a notte fonda e, prima di rientrare nell’appartamento, aveva sollevato il coperchio dello stesso contenitore dei rifiuti in precedenza aperto dal cognato, controllando il punto dove, in precedenza si trovavano le bottiglie, che erano state prelevate poco prima dell’incendio delle autovetture di proprietà di NOME COGNOME e di NOME COGNOME. L’uscita notturna di Cavaliere, peraltro, è incontestabile, risultando confermata dal fatto che, alle ore 3 del 24 aprile 2024, il ricorrente veniva sottoposto a un controllo di polizia, nei pressi della sua abitazione, prima di farvi definitivo rientro.
Tale ricostruzione, dunque, era corroborata dalle immagini estrapolate dalle telecamere di sorveglianza installate nei pressi dei luoghi degli incendi e dell’abitazione di Cavaliere, che consentivano di accertare la dinamica degli accadimenti criminosi, consentendo di escludere la presenza di soggetti differenti da Campolongo nelle aree di parcheggio dove le sue autovetture erano state incendiate, nelle quali, tra l’altro, il coindagato giungeva a bordo del suo veicolo, corroborando il dato indiziario relativo al suo coinvolgimento personale
nell’azione incendiaria, per eseguire la quale era partito dall’abitazione del ricorrente.
Questa ricostruzione degli eventi criminosi si riteneva ulteriormente corroborata dalle dichiarazioni di NOME COGNOME che riferiva di avere appreso dalla figlia – che, dopo la separazione dei coniugi COGNOME–COGNOME, conviveva con la madre -, che l’ex consorte, nel corso di una telefonata, aveva riferito testualmente al suo contingente interlocutore che “per incendiare la macchina e non essere visti, dovete passare da dietro, dalla terra affianco e scavalcare la recinzione”. Questa circostanza veniva effettivamente riscontrata dalle Forze dell’ordine, che a seguito dei rilievi eseguiti sul luogo dell’incendio dell’autovettura di NOME COGNOME, accertavano che la recinzione dell’abitazione della persona offesa, al cui interno era parcheggiata la sua autovettura Fiat Panda, presentava segni di passaggio, essendo stata parzialmente divelta.
In questa cornice, la presenza di Campolongo nei luoghi dove si erano sviluppati gli incendi, dove lo stesso era giunto partendo dall’abitazione di Cavaliere, alla luce delle circostanze di tempo e di luogo oggetto di accertamento, rende legittimo e coerente con il compendio indiziario il percorso argomentativo seguito dal Tribunale del riesame di Catanzaro, anche tenuto conto della scarsa plausibilità di eventuali ricostruzioni alternative.
In ogni caso, la formulazione di ricostruzioni alternative, oltre che illogica e processualmente incongrua, si sarebbe posta in contrasto con la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: «In tema di valutazione della prova, il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d’esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova se può escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l’ipotesi all’apparenza più verosimile, ponendosi, in caso contrario, tale dato come mero indizio da valutare insieme con gli altri elementi risultanti dagli atti» (Sez. 6, n. 5905 del 29/11/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252066 – 01; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 4, n. 22790 del 13/04/2018, COGNOME, Rv. 272995 – 01).
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente di dichiarare inammissibile il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla cassa delle ammende, che si determina, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., nell’importo di tremila euro.
Consegue, infine, a tali statuizioni processuali, la trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto
penitenziario dove il ricorrente si trova ristretto, a norma dell’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 16 ottobre 2024.