Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47237 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47237 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Reggio Calabria il 09/04/1987 difeso dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME del Foro di Reggio Calabria avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 30/04/2024 che ha confermato la sentenza del 18/09/2023 del Giudice delle indagini preliminari del Tribunal di Reggio Calabria;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso con richiesta di declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30/04/2024 la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la decisione del Giudice delle indagini preliminari della stessa città che aveva condanna NOME COGNOME alla pena di cinque anni di reclusione e 6.667,00 euro di multa, olt alle pene accessorie, esclusa l’aggravante della finalità di agevolazione dell’associazione mafio per i reati di cui agli artt. 61 n. 2, 110 cod. pen., artt. 2, 4, commi 1 e 2, lett. a), 7 1967, n. 895, art. 416-bis.1 cod. pen.; artt. 110, 635, commi 1 e 2 cod. pen.
La Corte, concordando con la ricostruzione operata dal giudice di prima istanza, ha ritenuto provata la partecipazione dell’imputato alla sparatoria che era stata indirizzata a salone di bellezza, “RAGIONE_SOCIALE” sito in Reggio Calabria, INDIRIZZO perpetr da due persone travisate e transitate a bordo di un ciclomotore TMAX, al cui seguito vi era, supporto, una Fiat Idea.
Era stato possibile ricostruire l’episodio sulla base delle dichiarazioni di un teste ocu titolare di un bar nelle immediate vicinanze, che aveva riferito di avere udito alcuni spari rombo del motore, delle immagini restituite dagli impianti video installati nella zona e dei ri delle attività captative sulle utenze in uso, tra l’altro, all’odierno imputato.
Ad avviso della Corte territoriale, dai risultati dell’attività di indagine, emergeva c
-la sera del 31 marzo 2019, nell’arco temporale interessato dalla sparatoria, la Flat Id intestata alla zia dell’imputato ma in uso a questi, era transitata sul luogo dei fatti, via in coda al motociclo TMAX, compatibile, per caratteristiche, con quello di proprietà di NOME COGNOME, conoscente di Fracapane;
–NOME COGNOME sentito nel corso delle indagini, aveva riferito che la moto era stata in prestito a Fracapane ma che il prestito non aveva riguardato le ore notturne, precisazio ritenuta dal giudice scarsamente verosimile;
-una motocicletta TMAX era stata utilizzata per commettere la sparatoria ed era stato accertato che, transitando davanti al negozio, i due mezzi, sia prima che dopo l’azion viaggiassero in coppia, come poteva evincersi dalle rispettive manovre e condotte di guida immortalate dalle videoriprese sulla cui base era stato possibile affermare che i due mezzi, dop l’agguato, avevano percorso, in senso contrario, lo stesso tragitto;
-era stato altresì osservato che, se la Fiat Idea non fosse stata associata allo scooter dal quale erano partiti gli spari, non si sarebbe potuto comprendere perché il suo conducente, invece di fermare la marcia, avesse proseguito, incurante delle esplosioni partite dalla motocicletta
-dopo l’azione, la Fiat si era fermata in coincidenza di uno slargo e lì aveva atteso l’ar del motociclo, i cui viaggiatori erano riconoscibili per l’abbigliamento e le caratteristiche che avevano consentito di individuare colui che stava alla guida e chi, invece, era trasportat due individui, giunti a piedi in prossimità dello slargo, avevano proseguito in direzione della di residenza di Fracapane;
-la Fiat Idea era partita, si era diretta ed era giunta proprio nella zona dove abi Fracapane; era stato altresì accertato che l’automobile, nelle ore successive, dopo una breve sosta presso una sala da Bingo, si era allontanata da Reggio Calabria, in direzione di Milano;
-al ritorno nella città di Reggio Calabria, era risultato che la Idea fosse stata nuovame parcheggiata all’indirizzo dell’imputato, circostanza che rendeva irrilevante che l’autc’
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invece stata posteggiata presso l’indirizzo della intestataria, la zia dell’imputato, tra il 2 marzo 2019;
-era stato accertato che COGNOME aveva trascorso alcuni giorni a Milano, in vista del successivo trasferimento previsto per il mese di luglio del 2019, come era emerso dall’iscrizion anagrafica presso quel Comune.
A fronte di tale quadro, in sintesi riportato, la Corte di appello ha osservato che evidente come, la sera dei fatti, la Fiat Idea fosse nella disponibilità dell’imputato NOME COGNOME.
Ad ulteriore riprova, deponeva l’inverosimiglianza delle dichiarazioni della zia che, sent nel corso delle indagini, aveva dichiarato di non potere escludere di essersi, quella sera, trov personalmente alla guida della sua macchina, senza essere stata tuttavia in grado di fornire alcun elemento a supporto di tale affermazione e non essendo in grado di indicare quale era stato il percorso che aveva seguito con la macchina.
La Corte di appello ha altresì ritenuto come le conversazioni captate avessero restituit un quadro della vicenda che si era caratterizzato da un iniziale tentativo dell’imputato allontanare da sé la responsabilità per i fatti – COGNOME, dopo la prima convocazione di sua zi da parte degli inquirenti, aveva intuito che le fossero state chieste informazioni in merito sua autovettura Fiat Idea, preoccupandosi di tale criticità – per giungere a rendere, in una f successiva, dichiarazioni autoaccusatorie circa l’accaduto, ipotizzando che le Forze dell’ordi avessero temporeggiato prima di disporre l’arresto a suo carico, attendendosi, nel suo avviso, una sua collaborazione al fine di individuare correi.
La Corte territoriale ha altresì evidenziato la valenza di alcune conversazioni intervenu tra l’imputato e la madre.
In particolare, alla manifestazione di preoccupazione di sua madre circa il fatto che Forze dell’ordine avessero potuto notare i mezzi, motorino ed auto, coinvolti nella sparatori posteggiati presso la loro abitazione, l’imputato le aveva risposto che ciò non era possibi sapendo che i veicoli erano stati portati altrove.
Alle parole della madre, che gli aveva detto perché fosse tornato a casa (n.d.r., dop l’agguato), l’imputato aveva risposto «…ma che sapeva (…) COGNOME era ( ) inc c sapeva? Non sa niente quello», lasciando così intendere che la Fiat Idea era stata affidata, quel frangente, a tale COGNOME il quale, all’oscuro dei dettagli della vicenda, l’aveva ripo presso l’abitazione dell’imputato.
In altre conversazioni, COGNOME aveva esplicitamente fatto riferimento alla sparatoria mostrandone piena conoscenza, in particolare soffermandosi sul numero di colpi esplosi – aveva precisato che erano caduti in errore gli investigatori, nel computare in diciassette i colpi, c
suo dire, sarebbero invece stati sedici – e facendo altresì riferimento ad un oggetto, non meg definito, che si trovava occultato presso la sua abitazione.
In proposito, aveva detto di avere fatto «un buco nel muro» che aveva adeguatamente richiuso e del quale aveva fatto cenno anche la moglie.
Era emerso che la moglie, parlando con la suocera, l’aveva rassicurata sul fatto che i buco non fosse visibile.
Erano seguite una serie di conversazioni in cui COGNOME aveva palesato il timore di essere sottoposto a domande imbarazzanti alle quali non avrebbe saputo dare coerente risposta.
Quindi, dopo avere tentato di costruire, con l’aiuto dei familiari, una ricostru alternativa dell’accaduto, preso atto delle evidenti difficoltà che si frapponevano a tale dis nell’interrogatorio del 3 dicembre 2019 si era determinato ad avvalersi della facoltà di rispondere.
Sulla base delle esposte considerazioni, la Corte di appello, ha confermato la condanna pronunciata nei confronti dell’imputato.
Ha interposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo dei difensori indicati in epigrafe.
2.1. Con un primo motivo, lamenta ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), e) cod. pr pen. violazione di legge in relazione agli artt. 192, 533, 546 n. 1, lett. e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 110 cod. pen., 4, commi 1, 2 lett. a), 7 I. n. 895 del 1967, 635, co 1, 416-bis cod. pen.
Il ricorrente, dolendosi dell’illogicità della motivazione a sostegno della conferma d condanna a suo carico, ne eccepisce la contraddittorietà, che emergerebbe dalla decisione medesima in ordine a ruolo e condotta di reato addebitati a Fracapane, ritenuto presente sul luogo del delitto alla luce di soli elementi indiziari: tali, i risultati dei tabulati telefo video restituite dalle telecamere esistenti sul luogo e sul percorso effettuato dalla Fiat risultati del sistema di localizzazione GPS installato sulla Fiat Idea, nella assunta disponibi COGNOME, l’asserita somiglianza tra COGNOME e colui che aveva sparato i colpi dal motocicletta, corroborati dalle affermazioni risultanti dalle captazioni di conversazioni avv tra l’imputato e suoi familiari.
Assume la difesa che gli elementi indiziari sarebbero privi del necessario carattere del certezza e precisione ex art. 192, comma 2, cod. proc. pen., essendo invero incerto, sulla base di quei dati, che Fracapane si trovasse proprio sul luogo del fatto, posto che dai tabulati risu soltanto che, quella sera, egli fosse nella città di Reggio Calabria – senza fornire tuttavia indicazione circa il luogo in cui si era trovato al momento della sparatoria -, e che la Fiat I sua zia fosse transitata nell’area interessata all’azione criminale.
Ad avviso del ricorrente, il fatto ignoto, cioè la partecipazione di COGNOME alla sparato sarebbe stato ricavato da un sillogismo innescato da4ffly fatti noti (passaggio dell’auto Fiat /-del TMAX, spari contro il negozio, tabulato da cui risulta la presenza di COGNOME in Reggi ‘ Calabria), inidonei a costituire il presupposto per inferire che, a bordo del TMAX, vi fosse pro COGNOME: si tratterebbe di una presunzione di secondo grado, che originerebbe una sorta di inammissibile paralogismo, censurato dalla giurisprudenza di legittimità.
La sentenza avrebbe tentato di superare l’obiezione difensiva circa la mancata partecipazione del ricorrente all’azione criminosa, facendo impiego di argomenti congetturali affermando che, a sparare, era stato il passeggero del motociclo, in sostanziale contrasto con dichiarazioni del teste, titolare del bar nei pressi del negozio colpito, il quale aveva detto d udito i colpi e, in seguito, il rombo del motore.
Era stato affermato che, dopo la sparatoria, la moto si era fermata presso uno slargo e che i due individui avevano proseguito a piedi, ma non era emerso che uno dei due si fosse posto alla guida della Fiat (riportata, secondo la sentenza, davanti a casa da Fracapane) e che passeggero del motociclo, divenuto autista della RAGIONE_SOCIALE, aveva abbigliamento e taglio di capel simile a quello di Fracapane: affermazioni che non erano tuttavia basate su specifiche indagini né su attività di individuazione, finalizzate a raffrontare l’immagine di COGNOME con qu dell’uomo che avrebbe partecipato all’azione, infine postosi alla guida della Fiat Idea.
Il ricorrente ne inferisce l’incertezza circa l’effettiva coincidenza tra i due indivi luce dei salti logici che presenterebbe la decisione impugnata.
Essa sarebbe manifestamente contraddittoria, laddove afferma che, a bordo della Idea, sarebbe stato ritratto, mentre si trovava davanti alla sala Bingo, il soggetto risponden COGNOME senza fornire indicazioni circa l’avvenuto scambio del mezzo da parte del medesimo.
Secondo la sentenza, la persona alla guida dell’auto vestiva un abbigliamento simile a quello del passeggero del TMAX, peraltro molto diffuso e quindi scarsamente connotante, così presupponendo – ciò che non era invece convalidato – che COGNOME avesse prima viaggiato, come passeggero, sul motociclo dal quale erano partiti i colpi e che la stessa persona, come annota la sentenza, era stata vista avvicinarsi a piedi all’abitazione del ricorrente, senz tuttavia fosse accertato che quest’uomo avesse fatto ingresso proprio nella casa dell’imputato.
Come sarebbe incerta l’effettiva dinamica dei fatti, alla luce delle dichiarazioni del ti del bar che, sentito a sommarie informazioni, ebbe a riferire di avere sentito prima gli spa poi il rombo della moto, in una sequenza contraddittoria rispetto alla ricostruzione consacrata sentenza.
Analoghi rilievi, di portata dirimente per la tenuta motivazionale della decisione, s mossi dal ricorrente in ordine alla disponibilità, in capo all’imputato, del motociclo TMAX coinv nella sparatoria, motociclo di proprietà di NOME COGNOME.
Frutto di travisamento sarebbe la circostanza, riportata in sentenza, secondo cui NOME COGNOME intratteneva una abituale frequentazione con l’imputato, al quale aveva prestato il mezz quella sera impiegato e simile a quello individuato sulla scorta delle immagini delle videoripre
Il travisamento emergerebbe dal contenuto delle dichiarazioni rese da COGNOME il quale, sentito durante le indagini, aveva descritto (diversamente da quanto ritenuto in sentenza) rapporto con COGNOME in termini di mera conoscenza ed aveva escluso di avere prestato il TMAX in ore serali, rilievo idoneo a scardinare l’intero impianto motivazionale della decision afferendo ad un profilo decisivo della questione.
Il ricorrente evidenzia, sempre in tema di mezzi di trasporto nella disponibilit Fracapane, che, quando nelle conversazioni captate l’imputato parlava di un motociclo, faceva riferimento ad un altro veicolo, questo di sua proprietà, che aveva venduto prima dei fatti, sicc a sua madre che commentava le dichiarazioni rese agli investigatori da sua sorella (zia dell’imputato), aveva spiegato che «sarebbe stato impossibile quello ipotizzato dagli inquiren su dictum della zia che era stata sentita due volte dalla PG, ovvero che il motociclo e l’au fossero stati visti insieme dinanzi l’abitazione del Fracapane» (così, testualmente, pag. 11 ricorso).
Come si contesta la lettura esegetica conferita alle captazioni (pag. 10 del ricorso laddove, con i termini di «buco nel muro» e «intanto la prendiamo», affermazioni disancorate dal testo della conversazione, si fosse fatto riferimento alla pistola utilizzata per la spar arma che non era stata peraltro mai rinvenuta sul luogo del fatto.
In ordine al numero di colpi sparati, la decisione sarebbe viziata anche laddove attribuisc a Fracapane l’indicazione circa l’esatto computo delle esplosioni, non diciassette, bensì sedici, ciò facendo discendere la sua conoscenza dei fatti, e quindi la prova della partecipazione, attes che egli, quando aveva fatto quella precisato relativa al numero dei colpi, si era limita commentare il contenuto dell’imputazione, prendendo atto di un fatto notorio, cioè che una pistola calibro 7,65 porta, al massimo, quindici colpi.
Sarebbe altresì viziata da contraddittorietà la motivazione, laddove, richiamando i riassunto della PG del progr. 406, foglio 10, dava conto del fatto che «si intercetta NOME COGNOME….) dice che sebbene non fosse stato lui a sparare non capisce il motivo per cui non sono anda a fare lo STUB», profilo che darebbe conto della mancata individuazione del ruolo svolto da COGNOME nella vicenda, se, a un tempo, lo si accredita come autore degli spari, ma anche, sulla base di tale intercettazione, si esclude che egli lo sia stato.
A fronte di tale quadro, non apparirebbe lineare l’iter attraverso cui era stato attribuito a COGNOME la qualifica di concorrente materiale nei reati.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 606 lett. b), e proc. pen. in relazione agli artt. 192, 533, 546 n. 1 lett. e) cod. proc. pen. e in relazione 416-bis.1 cod. pen.
La difesa, tratteggiate le peculiarità della circostanza aggravante, sostiene che, nel ca non ne sarebbero stati in sentenza evidenziati i presupposti, non potendosi ritenere tali caratteristiche dell’azione, le circostanze di tempo e di luogo, il territorio, teatro del fatto a produrre il metodo mafioso, anche alla luce della giurisprudenza in tema.
2.3. Con il terzo motivo, lamenta violazione dell’art. 606 lett. b), e) cod. proc. pe relazione all’art. 63, comma quarto, 99, 133, 62-bis cod. pen., significando che la «fissazione della pena base nella misura stabilita pari a 3 anni di reclusione avrebbe imposto un oner motivazionale maggiore di quello assolto nel detto provvedimento, in ordine alle ragioni di ta scelta».
Il Sostituto Procuratore generale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità d ricorso.
Il procedimento è stato trattato in pubblica udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME è infondato e dev essere pertanto rigettato.
1.1. Deve premettersi che, nel vagliare la congruità del giudizio di colpevolezza formulat dalla Corte di appello, conforme a quello espresso dal giudice di primo grado, va tenuto cont dell’intero complesso motivazionale costituito dalle due decisioni, rese in primo grado e appello.
Posto infatti che le due decisioni si sviluppano secondo linee concordanti e sintoniche richiamando la seconda pronuncia, espressamente o indirettamente, la decisione resa in primo grado, i provvedimenti vengono a formare un corpo motivazionale unico ed inscindibile, dando luogo all’ipotesi della cd. doppia conforme (cfr., tra le molte, Sez. 2, n. 37925 del 12/06/2 E., Rv. 277218-01): ne consegue che le argomentazioni sviluppate nell’ambito della decisione di primo grado, debbono intendersi richiamate nella loro integralità dalla pronuncia di appello.
Fatta tale premessa, il primo motivo di ricorso è infondato.
Il ricorrente contesta la tenuta logica del ragionamento indiziario che ha condotto a declaratoria di responsabilità dell’imputato e, a tale fine, si avvale del concetto di paralo assumendo che, nel ricostruire la dinamica dei fatti, la Corte di appello abbia fatto impieg indizi non dotati del carattere della precisione, richiesta dall’art. 192, comma 2, cod. proc
e che abbia, invero, fatto ricorso a presunzioni di secondo grado che, già sotto il profilo log ancor prima che quello giuridico, non potrebbero univocamente condurre alla ricostruzione dell’accaduto.
La censura è infondata.
Procedendo, partitamente, ai rilievi mossi alla sentenza, il Collegio osserva che la difes ricorrente, nell’intento di mostrare la fondatezza dei propri assunti, procede alla atomizzazi – già evidenziata dalla Corte di appello (pag. 5 della decisione impugnata) – del compendio processuale, valorizzando le asserite lacune e contraddittorietà, non dopo averle isolate da tessuto motivazionale nel quale, invece, risultano calate e logicamente inserite, a formare u costrutto motivazionale immune da vizi.
La presenza di Fracapane sul luogo della sparatoria compiuta ai danni di un esercizio commerciale inaugurato proprio in quella giornata è stata compiutamente provata con argomenti non illogici ed esaurienti, alla stregua del compendio istruttorio agli atti.
Una Fiat Idea era transitata davanti al negozio, bersaglio dei ripetuti colpi: le immag del circuito di videosorveglianza hanno ritratto questa vettura che era giunta e si era allontan contemporaneamente al TMAX sul quale viaggiavano due uomini, con caschi integrali e bocca coperta, uno dei quali (il passeggero), aveva esploso i colpi.
In proposito, la motivazione (pag. 5) ha dato ampio e congruente conto degli elementi fattuali e logici per i quali era provato che i due mezzi, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, sia nella fase anterio crimine, sia durante la commissione, sia nella fase post-delittuosa, avessero percorso i medesimo itinerario, alternandosi alla posizione di testa del piccolo convoglio, e finendo ripercorrere, in senso contrario, il medesimo itinerario, con l’auto in testa, ancora immorta dalle telecamere.
Dopo una breve separazione, in prossimità di uno slargo, la Fiat si era fermata ed era stata poco dopo raggiunta da due individui, arrivati a piedi, le cui caratteristiche e sovrapponibili a quelle di passeggero e conducente dello scooter (aspetto ampiamente trattato a pag. 6 della sentenza di appello), caratteri che avevano consentito di stabilire che COGNOME era stato l’autore degli spari, avendo occupato, sullo scooter, il posto del passeggero, profilo che dà conto dell’infondatezza del rilievo (pag. 5 del ricorso), con cui si eccepisce la lacu istruttoria che – si sostiene – non avrebbe proceduto all’individuazione, prodromica a t accertamento.
Non emerge alcuna aporia, diversamente da quanto lamenta il ricorrente, circa il fatto che, sulla base della testimonianza del titolare del bar in prossimità del parrucchiere, sia affermato che abbia sparato il passeggero del ciclomotore, alla luce delle dichiarazioni rese tale senso dal teste, che aveva udito gli spari e, di seguito, il rombo del motore, in g ) na sequenza
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logicamente connessa al preliminare rallentamento tale da consentire gli spari ed 20 I successivo, r7 immediato allontanamento, non appena compiuta l’azione.
Era emerso che la targa della Fiat Idea ritratta dalle immagini del video-circuito recav nell’ambito dell’alfa numerico della targa, tre lettere che erano risultate presenti, in i sequenza, nella targa della Idea intestata alla zia dell’imputato ed in uso al medesim circostanza riprovata anche dalle dichiarazioni della zia, NOME COGNOME la quale, pu sostenendo di non potere escludere di avere personalmente utilizzato, la sera dei fatti, la automobile, aveva ammesso di non conoscere nessuna delle vie percorse dalla macchina, finendo così per smentire la sua affermazione.
Del resto, il contenuto delle conversazioni intercettate (cfr., in particolare, pagg. 2 32 della sentenza di primo grado), disvela che la zia, dopo avere sostenuto, nel corso dell sommarie informazioni, di essersi trovata alla guida della macchina, aveva successivamente mostrato cautela nel parlare per telefono, cercando di non fare riferimento a quanto aveva dett agli operanti e perciò ricevendo il plauso dei suoi familiari (pagg. 33, 34).
Ma, soprattutto, elemento pretermesso dal ricorrente ed evidenziato, per contro, nella decisione impugnata (pag. 6), la sentenza ha dato conto del fatto che il sistema di antifu satellitare attivo sulla Idea aveva consentito di ricostruire tutti i movimenti della macchina dopo l’orario in cui i due individui, avendo lasciato il TMAX, si erano incamminati a piedi, av raggiunto l’indirizzo di abitazione di Fracapane e della sua famiglia, dove era risultata per sostare anche pochi minuti prima dell’inizio del tragitto criminale.
Alla luce del quadro tratteggiato, ne deriva l’infondatezza del rilievo svolto dal ricor laddove adduce che non risultava essere stato affermato, in sentenza, che taluno dei due individui del TMAX si fosse avvicinato o fosse salito a bordo della RAGIONE_SOCIALE, onde condurla, infi presso l’abitazione di Fracapane.
Sulla base del compendio così ricostruito, incluse le circostanze che, sia quella sera ritratto, in orario successivo ai fatti, presso la sala Bingo un uomo vi era giunto a bordo RAGIONE_SOCIALE, il cui aspetto sovrapponibile a quello di Fracapane – sia nei giorni successivi – ess accertata la partenza di Fracapane, a bordo della Idea, alla volta di Milano, per fare rito posteggiare nuovamente la macchina davanti a casa del medesimo, a Reggio di Calabria – è stato ritenuto correttamente provato, senza aporie e con ragionamento immune da vizi logicogiuridici, che la disponibilità e l’uso del mezzo fosse ascrivibile al ricorrente, prospettan fronte di un quadro così nutrito, l’infondatezza del rilievo (pag.7 del ricorso) con cui ci s che non sia stata verificata l’identità del passeggero del TMAX che fece ingresso nell’abitazio di Fracapane.
Infondato appare altresì l’assunto del ricorrente che sostiene l’incertezza e la inidon ad identificare l’imputato dei caratteri (abbigliamento, capigliatura) a possedere attit
indiziante, lamentandone, in particolare, l’illogicità, sul rilievo che si tratterebbe di «in pressocché di tutti i giovani», assunto che si connota di assoluta genericità, laddove, n confrontandosi con le precise indicazioni motivazionali (pagg. 5, 6), si limita ad una apoditt quanto generica affermazione, in ordine ad una asserita tipicità dell’abbigliamento giovanil scolorando in una affermazione generalista, di sapore sociologico.
Tutti rilievi che, peraltro, scontano il vizio – comune al ricorso nella sua integral avere atomizzato il puzzle istruttorio ed averlo scisso, tra l’altro, dalle informazioni desu dall’attività captativa, dalla quale, come si è riportato supra, si staglia un quadro caratterizzato dalla piena conoscenza, da parte di Fracapane, di quanto era accaduto e del suo coinvolgimento.
La prima fase, coincisa con l’inizio delle indagini, si era caratterizzata dalla sua par collaborazione, per essere seguita dalla successiva, consapevole e meditata scelta di avvalersi della facoltà di non rispondere, all’esito di un consulto familiare oggetto di captazione. Del r di tale specifico aspetto fa menzione la sentenza di primo grado (pag. 54), ove viene tratteggia la strategia difensiva apprestata, la ricerca di un alibi e la collaborazione dei familiari a ta
Ciò premesso, è evidente come, ad avviso del Collegio, il caso in esame si inscriva perfettamente nell’ambito del principio giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, così massimat «In tema di processo indiziario, il giudice può fondare il proprio convincimento circ responsabilità dell’imputato anche sulla concatenazione logica degli indizi, dalla quale risulti il loro complesso possiede quella univocità e concordanza atta a convincere della loro confluenza nella certezza in ordine al fatto stesso.» (Sez. 2, n. 45851 del 15/09/2023, COGNOME, Rv. 285441-02).
Tale principio si attaglia al caso in oggetto, ove i vari profili fattuali sono stat logica e puntuale, interconnessa ed unitaria ricostruzione da parte delle due sentenze dì merit e, segnatamente, dalla decisione oggetto di impugnazione.
Analoga infondatezza deve essere riservata ai rilievi mossi dal ricorrente al riconducibilità, consacrata in sentenza, del TMAX coinvolto nell’azione criminale.
Come spiega puntualmente la Corte territoriale (pag. 10), poco prima della sparatoria ai danni del parrucchiere, COGNOME aveva intrattenuto un contatto telefonico con NOME COGNOME, proprietario di un TMAX Yamaha, con caratteristiche pienamente compatibili rispetto a quelle del motociclo coinvolto nei fatti, ritratto nelle immagini del circuito di video-sorveglianza at quella zona della città, elemento che, unitamente all’assodato utilizzo di quella tipologia di m e alle dichiarazioni di COGNOME, sono stati ritenuti univocamente indicativi della sussistenza, sotto questo profilo, del coinvolgimento di Fracapane negli avvenimenti.
Non è valsa ad inficiare il quadro, secondo i giudici, la precisazione di COGNOME il quale corso delle indagini, aveva dichiarato di non potere escludere di avere prestato il TMAX a Fracapane, come aveva fatto con altri conoscenti, ma aveva apoditticamente sostéputo che i
prestiti non avvenivano in orario notturno, affermazione ritenuta, con valutazione non illogi priva di contraddizioni, inverosimile da parte dei giudici, alla luce del complessivo q probatorio delineatosi all’esito delle indagini.
Elementi che ostano, in modo definitivo, a configurare i lamentati vizi della decisione evincono, sullo specifico profilo relativo al motociclo impiegato per la sparatoria, anche sentenza del giudice di prime cure, che (pag. 47) ha dato conto della conversazione telefonic intervenuta il 27 novembre 2019 tra COGNOME e suo padre, in cui il ricorrente odierno ave rivelato al genitore che il TMAX era di “NOME” (NOME COGNOME, n.d.r.): in proposito, COGNOME ancora parlando con il padre, aveva mostrato preoccupazione, ipotizzando che NOME potesse avere riferito alla Polizia, a sommarie informazioni, di avergli imprestato il veicolo.
E, ancora, altri particolari del rapporto, che giustificano l’affermazione second COGNOME era abituale frequentatore di Cilione, sono rivelati da altre conversazioni (cfr. pa sentenza di primo grado), una delle quali afferisce ad un appuntamento fissato da COGNOME con tale COGNOME, al quale aveva dato appuntamento presso il locale di Cilione, titolare del ba lui frequentato abitualmente.
Le osservazioni (pag. 10 del ricorso) riservate alla condotta di reato afferente detenzi e porto della pistola appaiono destituiti della necessaria specificità richiesta dall’art. proc. pen., atteso che si sostiene che «Al foglio 13, quando la sentenza tira le somme, afferm che con ì termini “buco nel muro” e “intanto la prendiamo” si stesse narrando della pistola sarebbe stata utilizzata per il delitto, atteso che non è stata rinvenuta. Si tratta di affe disancorate dal testo dell’intercettazione (…) che la pistola non sia stata rinvenuta sul lu delitto (..) non diventa, se non del tutto illogicamente, la chiave di lettura per decriptare del buco nel muro e intanto la prendiamo».
Si tratta di rilievi inidonei a scalfire il solido ordito motivazionale (pag. 13 sen appello; pag. 4 sentenza di primo grado) ove il contenuto delle frasi intercettate – già da capaci di riferirsi, con la connessa preoccupazione, ad un oggetto nascosto di detenzione no lecita, la cui presenza, all’interno della casa familiare, aveva suscitato timori nella moglie madre di COGNOME – viene associato alla tematica del numero di colpi esplosi nell’esecuzion della sparatoria a cui, in una delle conversazioni captate, COGNOME aveva fatto riferimento, dìsvelando la conoscenza dell’accaduto, non altrimenti esplicabile, se non per l’esserne st l’imputato protagonista, atteso che, diversamente da quanto si sostiene (pag. 12 del ricorso), osservazioni svolte da COGNOME non paiono, in ordine a tipologia di arma e numero di colpi, tenore accademico, ma fanno preciso riferimento a quella sparatoria, oggetto di contestazione suo carico.
1.2. Anche il secondo motivo, alla luce delle puntuali e non illogiche considerazioni svo dalla decisione impugnata circa la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso, essendo già stata esclusa, con la sentenza di primo grado, la declinazione afferente alla fin
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dell’agevolazione dell’associazione mafiosa, appare generico, non aggredendo il saldo tessuto motivazionale della decisione impugnata.
Il ricorrente si limita ad affermare che «Il mero assunto della circostanza dei colpi esp in orario serale, indirizzati ad esercizio commerciale, in una zona di egemonia dei pro consociati del sodalizio mafioso (cfr. foglio 14), per come recita la sentenza in assenza d conoscenza della reazione della vittima non produce logicamente il metodo mafioso, diversamente da come ha sostenuto la motivazione sul punto», proseguendo nel sostenere che, secondo la giurisprudenza, la forza intimidatrice dell’atto deve essere percepita dai terzi, me nel caso tale dato non risulta dagli atti.
La motivazione ha dunque dato congruamente conto, con argomenti non illogici ed esaurienti, sottratti, quindi, al controllo di legittimità, dei molteplici indici fattuali s è stata ritenuta la configurazione della circostanza aggravante in oggetto, rivelandos deduzioni, da un lato aspecifiche – per non confrontarsi con l’articolata motivazione – dall’ miranti a sollecitare un diverso apprezzamento del materiale istruttorio che, se munito di apparato argomentativo logico, non è suscettibile di rivisitazione in sede di legittimità (cf U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074-01).
La scarna argomentazione a sostegno della deduzione di cui al motivo di doglianza omette di confrontarsi con la articolata motivazione di cui alle pagg. 14-15 della sentenza impugna che, diversamente da quanto opina il ricorrente, non si limita a valorizzare gli elementi (o serale, zona controllata dai consociati) menzionati in ricorso, ma spiega che «(…) l’a delittuosa veniva compiuta di sera, ad un orario non tardo, in luogo pubblico e noto per esse stato oggetto di pretesa egemonia da parte dei consociati di sodalizio criminoso organizzato cd ‘ndrangheta, contro un esercizio commerciale oggetto di inaugurazione poche ore prima e sino a pochi minuti prima, mediante un convoglio fatto da scooter con a bordo soggetti travisati un’automobile a fare da scorta. L’esecutore materiale (…) non solo sfrontatamente detenev l’arma, con il tipico carattere arrogante ed minatorio degli esponenti delle associazioni di sta mafioso, cosa per la quale è stato condannato, ma esplodeva oltre 15 colpi contro la facciat esterna del negozio (….) a carattere oggettivamente intimidatorio (…) a dimostrare una p predominanza dei propri interessi e delle proprie volontà rispetto a quelle del soggetto passi così come farlo nelle descritte condizioni di tempo e di luogo, ad ulteriore dimostrazione di prevaricazione rispetto a qualunque altro consociato (…) percepita, come dimostrato dal sommarie informazioni del titolare del vicino bar (…) in quella zona (…) bisognava tenere di interessi terzi, più forti, prevalenti ed indipendenti rispetto a quelli degli ordinari co Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.3. Il terzo motivo, in quanto generico, è inammissibile, lamentando il difensore, c argomenti aspecifici, in quanto totalmente sganciati dal contenuto motivazionale de provvedimento, e generici, poiché riferiti ad un assunto maggior onere motivazionale di quel
assolto nel detto provvedimento, in ordine alle ragioni di tale scelta, la misura della ri sanzionatoria irrogata.
Il ricorrente si duole che la fissazione della pena base in misura più alta del min edittale avrebbe richiesto un onere motivazionale maggiore di quello assolto dal provvedimento, richiamando, a sostegno, noti principi giurisprudenziali, ma trascura di richiamare la dettagl motivazione (pag. 15) contenuta nella sentenza impugnata, laddove vengono illustrati, proprio in ossequio all’art. 133 cod. pen., i singoli elementi oggettivi (gravità del reato, m dell’azione connotata da esibita spregiudicatezza, l’uso di armi in pieno centro cittadino n prime ore della sera, la gravità del danno cagionato, l’intensità del dolo con cui l’azione è portata a termine (diciassette colpi di arma da fuoco), e quelli soggettivi (condotta sussegue al reato di scarsa collaborazione, precedente condanna per il delitto di cui all’art. 416-bis pen.), fornendo, pertanto, un quadro inattaccabile, non illogico e esaustivo, degli argomenti po a fondamento della decisione.
La doglianza relativa alla mancata motivazione relativa agli aumenti di pena per i reati satellite è assolutamente generica, asserendo, unicamente, che «è censurabile il percorso motivazionale in seno all’irrogazione degli aumenti di pena previsti dall’art. 81 cpv. cod. p ciò che, oltre a mostrarsi considerazione ontologicamente generica, ancor più si rivela tale, luce della puntuale motivazione resa sul punto dalla sentenza impugnata.
Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12/11/2024.