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Processo in assenza: quando è legittimo procedere?

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa, ritenendo legittimo il processo in assenza. La Corte ha stabilito che la scelta di non partecipare al giudizio era volontaria e consapevole, basandosi sulla nomina di un legale di fiducia e sulla successiva, tardiva, rinuncia al mandato. Decisivo il fatto che i proventi della truffa fossero destinati a familiari dell’imputato.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Processo in Assenza: Quando è Legittimo Secondo la Cassazione?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12961 del 2024, ha affrontato un caso di truffa, fornendo importanti chiarimenti sui presupposti per la celebrazione di un processo in assenza. La decisione sottolinea come la volontaria sottrazione dell’imputato al giudizio, desumibile da comportamenti concludenti, renda pienamente legittimo procedere anche senza la sua presenza fisica, garantendo al contempo l’equità del processo.

I Fatti del Caso: La Condanna per Truffa

Un individuo veniva condannato sia in primo grado che in appello per il reato di truffa. Secondo l’accusa, confermata dai giudici di merito, l’imputato aveva organizzato una frode i cui proventi venivano accreditati su una carta prepagata. Sebbene la carta fosse formalmente intestata a un terzo e utilizzata da un’altra persona, i beneficiari finali dei trasferimenti di denaro erano risultati essere i parenti stretti dell’imputato, tra cui il fratello e l’ex coniuge.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato presentava ricorso in Cassazione basandosi su due principali motivi di contestazione.

Il Primo Motivo: La Presunta Illegittimità del Processo in Assenza

Il primo motivo di ricorso verteva sulla violazione delle norme che disciplinano il processo in assenza (art. 420 bis c.p.p.). La difesa sosteneva che non vi fosse prova certa della conoscenza del procedimento da parte dell’imputato e che, pertanto, il processo non avrebbe dovuto svolgersi. Si contestava l’illogicità della motivazione con cui la Corte d’Appello aveva ritenuto la sua assenza volontaria.

Il Secondo Motivo: La Contraddittorietà della Motivazione

Con il secondo motivo, si lamentava la contraddittorietà della motivazione della sentenza d’appello. La difesa asseriva che i giudici non avessero correttamente considerato il fatto che la carta utilizzata per la truffa non fosse nella disponibilità dell’imputato, ma di un altro soggetto. Secondo il ricorrente, il mero legame di parentela con i beneficiari dei pagamenti non era sufficiente a fondare un giudizio di colpevolezza.

La Decisione della Corte: La Legittimità del Processo in Assenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza di entrambi i motivi.

Sul primo punto, i giudici supremi hanno ricostruito il percorso procedurale, evidenziando come l’imputato avesse piena consapevolezza del processo. Egli aveva infatti nominato un difensore di fiducia e eletto domicilio presso il suo studio. Il legale aveva ricevuto regolarmente tutte le notifiche, inclusi l’avviso di conclusione delle indagini e il decreto di citazione a giudizio. La successiva rinuncia al mandato da parte dell’avvocato, avvenuta solo a ridosso della prima udienza e dopo oltre due anni, è stata interpretata dalla Corte non come un indice di mancata conoscenza, ma come una strategia per sottrarsi al giudizio. La Corte ha quindi concluso che l’assenza dell’imputato era il risultato di una scelta volontaria e consapevole.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito che il sistema processuale è volto a garantire la partecipazione volontaria dell’imputato. Tuttavia, quando elementi concreti dimostrano che l’assenza è una scelta deliberata, il processo può legittimamente proseguire. La nomina di un avvocato di fiducia e l’elezione di domicilio costituiscono prove significative della conoscenza del procedimento. La tardiva rinuncia al mandato non può inficiare questo quadro, poiché il difensore ha l’obbligo di informare il proprio assistito.

Riguardo al secondo motivo, la Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello logica e coerente. L’elemento cruciale, secondo i giudici, non era l’identità dell’intestatario o dell’utilizzatore materiale della carta, ma la destinazione finale dei proventi della truffa. Il fatto che il denaro sia stato trasferito a persone strettamente legate all’imputato, senza alcun legame con gli altri soggetti coinvolti, costituiva un indizio grave, preciso e concordante della sua responsabilità penale. A ciò si aggiungeva un altro elemento non contestato nel ricorso: l’utenza telefonica utilizzata per commettere la truffa era intestata proprio all’imputato.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di processo in assenza: non è richiesta la prova fisica della consegna degli atti all’imputato quando un complesso di circostanze univoche (come la nomina di un legale di fiducia mantenuta per un lungo periodo) dimostra la sua piena conoscenza del procedimento e la sua volontà di sottrarvisi. Inoltre, in tema di prova indiziaria per il reato di truffa, la tracciabilità del denaro verso soggetti legati all’imputato rappresenta un elemento di prova di primaria importanza, in grado di superare le argomentazioni relative alla mera titolarità formale degli strumenti utilizzati per il reato.

Quando un processo può essere celebrato in assenza dell’imputato?
Un processo può svolgersi in assenza se esistono prove sufficienti che l’imputato, pur avendo conoscenza certa del procedimento (ad esempio tramite la nomina di un difensore di fiducia e l’elezione di domicilio), ha volontariamente scelto di non parteciparvi.

La nomina di un avvocato di fiducia è sufficiente a dimostrare la conoscenza del processo?
Sì, secondo questa sentenza, la nomina di un difensore di fiducia che riceve per un lungo periodo le notifiche degli atti processuali è un elemento fondamentale per ritenere che l’imputato sia a conoscenza del procedimento. Una rinuncia tardiva al mandato da parte del legale non è sufficiente a invalidare questa presunzione di conoscenza.

In un caso di truffa, chi è responsabile se la carta usata non è dell’imputato?
La responsabilità penale non si basa necessariamente sulla titolarità formale dello strumento usato per il reato. Secondo la Corte, l’elemento decisivo è l’identificazione dei beneficiari finali dei proventi illeciti. Se questi sono persone strettamente legate all’imputato, si crea un forte indizio a suo carico, anche se la carta era intestata o utilizzata da altri.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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