Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3147 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3147 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato il DATA_NASCITA
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/02/2023 della CORTE di APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, del dl. n. 137 del 2020, il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano confermava la condanna dei ricorrenti per il reato di rapina aggravata; si contestava agli stessi di avere minacciato COGNOME Fate impugnando una pistola e due coltelli e di averlo così costretto a consegnargli un Rolex modello Oyster del valore 35.000 euro e contanti per un ammontare pari a 8.500 euro e 400 dollari.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di entrambi i ricorrenti che deduceva:
2.1. nell’interesse di entrambi si deduceva violazione di legge (art. 420-bis, 604 comma 5 -bis cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla legittimità della celebrazione del processo “in assenza”.
Si deduceva che i ricorrenti avevano eletto domicilio presso gli originari difensori di fiducia, che, tuttavia, avevano rinunciato al mandato, allegando di non essere riusciti a mettersi in contatto con gli assistiti; pertanto la notifica del decreto di citazione a giudiz in primo grado effettuata presso il domicilio eletto presso tali difensori sarebbe inidonea a dimostrare che i ricorrenti avessero avuto la effettiva conoscenza del processo;
2.2. violazione di legge (art. 628 cod. pen.) e vizio di motivazione con riferimento alla conferma della condanna di NOME: la Corte di appello non avrebbe considerato le deduzioni proposte con l’atto d’appello circa l’incertezza del riconoscimento (dapprima effettuato attraverso la sottoposizione nella alla persona offesa di un album fotografico e poi attraverso un video) e circa l’effettivo contributo fornito da NOME alla rapina;
2.3. violazione di legge (art. 628 cod. pen.) e vizio di motivazione con riferimento alla conferma della condanna di COGNOME: la motivazione sarebbe illogica in quanto le dichiarazioni della persona offesa non sarebbero attendibili, anche in ragione del fatto che non sarebbero corroborate da elementi di conferma.
Infine non sarebbe stato effettuato alcuno scrutinio in ordine la tesi alternativa proposta della difesa (ovvero quella secondo cui la cessione dell’orologio avrebbe onorato un debito di gioco).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è infondato.
I ricorrenti deducono la nullità della dichiarazione di assenza nel primo grado di giudizio e degli atti susseguenti.
Sul punto, in via preliminare, si riafferma che la celebrazione del processo, non ricorrendo le condizioni di cui all’art. 420-bis, commi 1 e 2, cod. proc. pen. e senza che il giudice abbia disposto la sospensione ai sensi dell’art. 420 -quater cod. proc. pen., determina, in virtù dell’art. 604, comma 5 -bis, cod. proc. pen., la nullità della sentenza equiparabile, quanto al regime di rilevabilità, ad una nullità assoluta, con conseguente obbligo da parte del giudice di appello di restituzione degli atti al giudice di primo grado (Sez. 5, Sentenza n. 37185 del 01/07/2019, COGNOME, Rv. 277339 – 01).
Tanto premesso, il collegio condivide quanto affermato in tema di rescissione del . giudicato, ovvero che la nomina di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso il suo studio, alla quale abbia fatto seguito una dichiarazione di rinuncia al mandato, costituisce indice di effettiva conoscenza del processo che legittima il giudizio in assenza,
salva l’allegazione, da parte del condannato, di circostanze di fatto che consentano di ritenere che egli non abbia avuto conoscenza della celebrazione del processo e che questa non sia dipesa da colpevole disinteresse per la vicenda processuale. La Cassazione ha, pertanto, escluso la sussistenza dell”incolpevole mancata conoscenza del processo per la condotta negligente dell’imputato, resosi di fatto irreperibile anche con il suo difensore, tanto da rendere impossibile la comunicazione della rinuncia al mandato per l’interruzione del rapporto professionale (Sez. 4, n. 13236 del 23/03/2022, Piunti, Rv. 283019 – 01).
Nel corpo della motivazione di tale sentenza la quarta sezione della Cassazione ha affermato che deve essere «affermato il principio che l’indice di conoscenza rappresentato dalla nomina di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso lo studio dello stesso può legittimamente fondare il convincimento della conoscenza effettiva del processo in capo all’imputato solo se la peculiarità dei fatti non impone una diversa valutazione. Tuttavia, ai fini di tale diversa valutazione, non è sufficiente la mera rinuncia al mandato da parte del difensore, peraltro senza avere specificamente dichiarato di non volerne più ricevere le notifiche, situazione che altrimenti si presterebbe ad un possibile abuso del processo. A quella rinuncia devono accompagnarsi circostanze ulteriori – che devono evidentemente essere allegate dal condannato- sulla base delle quali sia possibile affermare che egli non abbia avuto conoscenza della celebrazione del processo e che tale mancata conoscenza non sia dipesa da colpevole disinteresse per la vicenda processuale» (Sez. 4, n. 13236 del 23/03/2022, § 8).
Le valutazioni poste alla base della decisione che si condivide possono essere utilizzate anche per valutare la sussistenza della nullità della sentenza ex art. 604, comma 5-bis cod. proc. pen., deducibile nel corso del processo, a differenza della rescissione, rimedio straordinario esperibile dopo il passaggio in giudicato della condanna.
Nel caso in esame, infatti i difensori avevano rinunciato ala mandato dopo la nomina fiduciaria ede avevano attestato che non erano riusciti ad avere più contatti con i ricorrenti, che, consapevoli dell’avvio del procedimento si erano tuttavia resi irreperibil sottraendosi colpevolmente alla conoscenza del processo. Si tratta COGNOME di un caso sovrapponibile a quello già esaminato dalla COGNOME quarta sezione (Sez. 4, n. 13236 del 23/03/2022, cit.) dove l’indice di conoscenza della nomina fiduciaria non risulta annullato da circostanze ulteriori utili a dimostrare l’incolpevole conoscenza piuttosto che la volontaria sottrazione alla conoscenza, a tal fine non essendo sufficiente la carenza di contatti con il difensore.
Il secondo motivo di ricorso, proposto nell’interesse di NOME non supera la soglia di ammissibilità, in quanto si risolve nella richiesta di assegnare una diversa capacità dimostrativa alle prove, attività esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità.
1.1.In materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione della legittimità della motivazione si riafferma che la Corte di legittimità non può effettuare alcuna valutazione di “merito” in ordine alla capacità dimostrativa delle prove, o degli indizi raccolti, dato che il suo compito è limitato alla valutazione della tenuta logica del percorso argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisate devono essere allegate – o indicate – in ossequio al principio di autosufficienza (tra le altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015,0., Rv. 262965).
2.2.Nel caso in esame dal compendio motivazionale integrato emergente dalle due sentenze conformi di merito risulta che la persona offesa aveva riconosciuto NOME in colui che, nel video mostratogli, aveva un cappello giallo.
L’offeso aveva, inoltre, indicato nel ricorrente non solo una persona presente al fatto, ma un compartecipe dell’azione criminosa, dato che aveva minacciato l’offeso per costringerlo a cedere l’orologio (pag. 7 della sentenza impugnata).
La motivazione della sentenza impugnata si presenta logica, coerente sia con le emergenze processuali, che con le deduzioni proposte con la prima impugnazione e non si presta ad alcuna censura in questa sede.
Anche il motivo di ricorso proposto nell’interesse esclusivo di RAGIONE_SOCIALE non supera la soglia di ammissibilità in quanto si risolve anch’esso nella richiesta di una rivalutazione della capacità dimostrativa delle prove (si richiama la giurisprudenza citata sub § 2).
Contrariamente a quanto dedotto, la Corte di appello offriva una persuasiva ed accurata motivazione in ordine alla conferma della responsabilità del ricorrente.
3.1. In materia di valutazione delle dichiarazioni delle persone offese il collegio ribadisce che le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della vittima del reato, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che in tal caso deve essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello a cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone; tuttavia nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, COGNOME, Rv. 253214). Pertanto il fatto che l’offeso non sia un dichiarante non neutro ma portatore di un interesse processuale alla condanna e, patrimoniale nel caso in cui si sia costituito, non attenua il valore probatorio delle sue dichiarazioni che restano autosufficienti, sebbene richiedano un controllo di attendibilità particolarmente penetrante, finalizzato ad escludere la manipolazione dei contenuti dichiarativi in funzione dell’interesse vantato.
La Cassazione, COGNOME infatti anche quando prende in considerazione la possibilità di valutare COGNOME l’attendibilità COGNOME estrinseca COGNOME della COGNOME testimonianza COGNOME dell’offeso COGNOME attraverso COGNOME la
individuazione di precisi “riscontri”, si esprime in termini di “opportunità” e non di “necessità”, lasciando al giudice di merito un ampio margine di apprezzamento circa le modalità di controllo della attendibilità nel caso concreto (Sez. 1, n. 29372 del 24/06/2010, COGNOME, Rv. 248016; Sez. 6, n. 33162 del 03/06/2004, COGNOME, Rv. 229755).
A ciò si aggiunge che costituisce principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione che la valutazione della attendibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (ex plurimis Sez. 6, n. 27322 del 2008, COGNOME Ritis, cit.; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, COGNOME, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 . del 04/11/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, Pacca, Rv.227493; Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003, Assenza, Rv. 225232).
3.2. Ebbene, nel caso in esame, in coerenza con tali indicazioni ermeneutiche la Corte rilevava che le dichiarazioni dello COGNOME, anche nella parte in cui lo stesso effettua il riconoscimento, erano credibili anche perché risultavano pienamente confermate dagli accertamenti svolti dagli operanti e che dalle dichiarazioni del teste COGNOME.
COGNOME ritenuto intrinsecamente attendibile aveva infatti dichiarato che conosceva l’imputato, di cui non sapeva però il nome, perché aveva giocato con lui una precedente occasione; ha poi aggiunto che, dopo avere subito la rapina, aveva chiesto al responsabile della sala giochi se conoscesse il nome dei giocatori che erano in sala. Il teste . COGNOME ha confermato quanto dichiarato dall’offeso ed ha riferito del riconoscimento effettuato attraverso la visione del video.
3.3. Infine, contrariamente a quanto dedotto, la Corte di appello considerava anche la tesi alternativa proposta dalla difesa, che veniva, tuttavia, ritenuta inverosimile sulla base del fatto che non si spiegherebbe per quale ragione COGNOME avesse avesse . prontamente occultato l’orologio alla vista degli operanti, se lo stesso non fosse il provento della rapina, ma il prezzo di un credito di gioco (pag. 6 della sentenza impugnata).
Anche in questo caso la motivazione non si presta ad alcuna censura.
4.Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, le parti private che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il giorno 6 dicembre 2023
L’estensore
Il Preside ve