Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 38159 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 38159 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2024 della Corte d’appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Milano, con la sentenza impugnata in questa sede, ha confermato la condanna alle pene di giustizia pronunciata dal Tribunale di Milano con sentenza del 18 maggio 2022 nei confronti di COGNOME NOME, per il reato di tentata violenza privata (così diversamente qualificata l’originaria imputazione di estorsione) e di COGNOME NOME, per i reati di estorsione e lesioni.
Ha proposto ricorso la difesa di COGNOME NOME deducendo, con unico motivo, la violazione di norme processuali previste a pena di nullità, in relazione all’art. 604, comma 5 bis, cod. proc. pen.; premesso di aver depositato prima dell’inizio del giudizio di appello, in data 5 gennaio 2024, istanza diretta ad eccepire la nullità della sentenza di primo grado, il ricorrente ha dedotto di non aver avuto conoscenza alcuna del processo di primo grado, per l’intervenuta rinuncia del difensore di fiducia nominato dall’imputato prima dell’inizio del giudizio di primo grado, celebrato in sua assenza perché ristretto in carcere senza aver avuto possibilità di contatto né con il difensore di fiducia, né con il difensore di ufficio successivamente nominato; ha, quindi, censurato la decisione della Corte d’appello che aveva dichiarato l’eccezione tardiva, in quanto concernente la nullità a regime intermedio derivante dalla notifica della vocatio in ius presso il domicilio eletto mentre l’imputato era detenuto, poiché la questione sollevata riguardava, al contrario, la nullità conseguente alla mancata conoscenza del processo, pacificamente rilevabile d’ufficio pur se non espressamente qualificata come nullità assoluta; allo stesso modo, era errata l’affermazione della Corte secondo cui l’eccezione era comunque infondata, sull’assunto della possibilità per l’imputato di prendere conoscenza dell’atto di citazione a giudizio notificato presso il difensore ove aveva eletto domicilio, in quanto dai documenti in atti risultava il permanente stato di detenzione, in carcere o presso il domicilio, dell’imputato, sin da data anteriore a quella di inizio del processo con la conseguente impossibilità di conoscenza effettiva del processo da parte dell’imputato, con l’evidente compromissione delle facoltà difensive dell’imputato.
Ha proposto ricorso la difesa dell’imputato COGNOME deducendo con unico motivo vizio della motivazione, per carenza e contraddittorietà, nella parte in cui aveva omesso di valutare l’esistenza di elementi di prova (la sentenza prodotta in giudizio, che aveva assolto l’imputato in altro processo escludendo che il ricorrente fosse l’amministratore del ristorante ove erano stati eseguiti i lavori) che escludevano la responsabilità dell’imputato per la partecipazione al delitto di estorsione, difettando alcun interesse economico del ricorrente rispetto alla costrizione della vittima a rinunciare al pagamento dei lavori eseguiti su incarico del RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME è inammissibile perché manifestamente infondato.
L’eccezione di nullità ex art. 604 comma 5 bis cod. proc. pen., sollevata dalla difesa prima dell’inizio del giudizio di appello (senza che ciò avesse comportato alcuna sanatoria poiché la formulazione della norma in questione, per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 34, comma 1, lett. L), n. 1 del d. lgs. 150/2022, con la previsione della sanatoria per effetto dell’omessa formulazione dell’eccezione con l’atto di impugnazione, non era in vigore al momento del deposito dell’atto di appello), richiedeva la prova, posta a carico della parte istante, dell’esistenza delle condizioni per ritenere errata la dichiarazione di assenza dell’imputato ovvero dell’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo da parte dell’imputato.
Entrambe le situazioni processuali non sono state dimostrate e sono, al contrario, smentite dal contenuto degli atti del fascicolo cui la Corte può accedere in quanto giudice del fatto processuale.
Il decreto di rinvio a giudizio, così come l’avviso per l’udienza preliminare all’esito della quale era stato emesso quel decreto, erano stati entrambi notificati al difensore di fiducia del ricorrente, presso il quale era stato eletto domicilio dall’imputato. Si tratta di condizioni (concorrenti: l’aver eletto domicilio presso il nominato difensore di fiducia) che, alla stregua del tenore dell’art. 420 bis cod. proc. pen. e della lettura offerta dalle Sezioni unite della Corte nell’arresto invocato dallo stesso ricorrente, «consentono di equiparare la notifica regolare ma non a mani proprie alla effettiva conoscenza del processo. Non si tratta, quindi, di una presunzione che consenta di ritenere conosciuto il processo e non più necessaria la prova della notifica, ma di casi in cui, nelle date condizioni, è ragionevole ritenere che l’imputato abbia effettivamente conosciuto l’atto regolarmente notificato secondo le date modalità» (n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, NOME, Rv. 279420 – 01, nella motivazione, § 13.2.), a differenza dell’ipotesi dell’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio.
L’intervenuta rinuncia del difensore di fiducia al mandato difensivo in epoca antecedente l’inizio del giudizio di primo grado non costituisce elemento in grado di influire sull’effettiva conoscenza della pendenza del processo (che era già nota al difensore che aveva partecipato all’udienza preliminare ed aveva ricevuto la notifica del decreto di rinvio a giudizio, e con il quale l’imputato aveva l’onere minimo di diligenza di mantener contatti per conoscere lo stato del procedimento: «la nomina di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso il suo studio, alla quale abbia fatto seguito una dichiarazione di rinuncia al mandato, costituisce indice di effettiva conoscenza del processo che legittima il giudizio in assenza, salva l’allegazione, da parte del condannato, di circostanze di fatto che consentano di ritenere che egli non abbia avuto conoscenza della celebrazione del processo e che questa non sia dipesa da colpevole disinteresse per la vicenda processuale
(fattispecie in cui la Corte ha escluso l’incolpevole mancata conoscenza del processo per la condotta negligente dell’imputato, resosi di fatto irreperibile anche con il suo difensore, tanto da rendere impossibile la comunicazione della rinuncia al mandato per l’interruzione del rapporto professionale)»: Sez. 4, n. 13236 del 23/03/2022, Piunti, Rv. 283019 – 01 ).
Ai sensi dell’art. 107 cod. proc. pen. la rinuncia al mandato deve essere comunicata immediatamente dal difensore all’imputato; allo stesso modo, la nomina del difensore di ufficio, con l’avviso della facoltà di nominare un nuovo difensore di fiducia, è comunicata “senza ritardo all’imputato” (art. 28 disp. att. cod. proc. pen.); la mancata osservanza di tali previsioni non è stata dimostrata dalla difesa del ricorrente, il che comporta l’esclusione dell’incolpevole mancata conoscenza dello svolgimento del giudizio di primo grado difettando la prova dell’essersi l’imputato, in quella specifica situazione processuale e considerando la precedente nomina fiduciaria, attivato autonomamente per mantenere con il difensore i contatti periodici essenziali per essere informato dello sviluppo del procedimento (Sez. 3, n. 15124 del 28/03/2024, Z., Rv. 286146 – 01).
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME è inammissibile perché generico oltre che manifestamente infondato.
Il vizio lamentato, peraltro fondato sulla dedotta omessa valutazione di un dato processuale che non viene né allegato al ricorso né indicato specificamente (così impedendo alla Corte di valutarne l’incidenza rispetto alla risposta fornita dalla Corte territoriale), è insussistente; la Corte d’appello ha ricostruito i dat oggettivi da cui trarre elementi sintomatici della consapevolezza da parte dell’imputato dell’esistenza di una richiesta di pagamento formulata dalla vittima che aveva eseguito lavori presso il ristorante ove avvenne l’aggressione da parte del ricorrente (le frasi pronunciate all’indirizzo della vittima, la dichiarazione di esser “l’amministratore” di quell’esercizio commerciale, l’assenza di altre causali verosimili per giustificare la presenza e la condotta posta in essere in un contesto di già esistenti contrasti sulla pretesa creditoria), rispetto ai quali la decisione ha ritenuto che il contenuto della sentenza prodotta dalla difesa non fosse in grado di incidere in senso favorevole per l’imputato.
Per le ragioni esposte, i ricorsi devono dunque essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 11 luglio 2024