Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30401 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30401 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza emessa il 04/03/2025 della Corte di appello di Reggio Calabria
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 4 marzo 2025, la Corte di appello di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME avente ad oggetto la rimozione degli effetti del giudicato formale costituito dalla sentenza emessa da quella stessa Corte di appello il 23.11.2021, irrevocabile il 10.11.2022, e la rimessione dell’istante in termini per l’accesso ai riti alternativi o, quanto meno, per proporre impugnazione avverso la sentenza.
Il giudice dell’esecuzione ha premesso che: NOME nel procedimento che sarebbe poi sfociato nel processo concluso con la suindicata sentenza, dopo essere stato sottoposto a misura cautelare custodiale, era stato scarcerato nel 2012 venendo contestualmente avvinto dall’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria; tuttavia, una volta scarcerato, egli si era sottratto a tale misura e aveva fatto rientro in Romania, siccome – secondo quanto aveva poi addotto in questa sede – non aveva compreso bene il contenuto della misura cautelare extramuraria, non conoscendo la lingua italiana; a suo dire, era mancata la notificazione nei suoi confronti dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, del decreto di citazione a giudizio di primo grado, della conseguente sentenza, del decreto di citazione per il giudizio di appello e della sentenza di appello, notifiche indirizzate a un recapito (INDIRIZZO) diverso da quello oggetto dell’elezione perfezionata da NOME al momento della scarcerazione (Vico COGNOME, n. 8); anche nel corso dell’appello le notifiche erano state effettuate presso il difensore, il quale peraltro aveva rappresentato piø volte l’impossibilità di ricevere gli atti, non avendo notizia del proprio assistito, sicchØ soltanto la notificazione del mandato di arresto europeo lo aveva reso edotto della vicenda processuale, da lui fino a quel momento ritenuta archiviata.
Posto ciò, il giudice dell’esecuzione ha osservato quanto segue: NOME quando aveva
– Relatore –
Sent. n. sez. 2304/2025
eletto domicilio all’atto della scarcerazione con riferimento all’indirizzo di INDIRIZZO, senza specificare alcun numero civico; inoltre, egli non poteva invocare l’incolpevole ignoranza del procedimento in cui era stato sottoposto a misura cautelare custodiale e, poi, alla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, successivamente violando questa seconda misura così da rendersi irreperibile al domicilio dichiarato; per il resto, si Ł escluso che dal complesso degli atti relativi al procedimento in esame fosse emersa l’incapacità di NOME di comprendere la lingua italiana; del pari, non sarebbe determinante nel senso prospettato dall’istante l’effettuazione delle ricerche presso un indirizzo riferito a un numero civico diverso di INDIRIZZO (n. INDIRIZZO in luogo di n. 8), giacchØ non risulterebbe inficiata in ogni caso la validità delle successive notifiche presso il difensore, incombendo su NOME l’onere di tenersi informato con il difensore stesso in merito agli sviluppi della vicenda processuale; del resto, NOME in quanto latitante, era rappresentato a ogni effetto dal suo difensore e, se gli si erano progressivamente precluse le scelte processuali a cui aspirava, le relative conseguenze si erano determinate per la sua scelta di frustrare le ricerche effettuate per rintracciarlo.
Avverso il provvedimento Ł stato proposto ricorso nell’interesse di NOME dal suo difensore di fiducia che chiede l’annullamento, se possibile senza rinvio, dell’ordinanza, sulla scorta di tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si prospettano la violazione degli artt. 629bis e 175 cod. proc. pen. e il corrispondente vizio di motivazione.
Il provvedimento, secondo la difesa, non ha considerato il contenuto dell’atto di elezione del domicilio effettuato da NOME quando era stato scarcerato nel 2012, atto che aveva invece fatto riferimento all’indirizzo di Reggio Calabria, al INDIRIZZO e degli errori conseguentemente commessi nel compiere le ricerche.
Quanto alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il ricorrente ha inteso ribadire che di esso non aveva avuto concreta contezza, non comprendendo la lingua italiana, soprattutto scritta, ragione per la quale si era poi ritrasferito in Romania, fermo restando che, peraltro, al giudice procedente era nota la sua residenza in tale paese, tanto che la notificazione del mandato di arresto europeo era avvenuta senza difficoltà.
Sulla scorta delle ricerche effettuate conseguentemente in modo erroneo, NOME non aveva ricevuto le notificazioni relative alla chiusura del procedimento e quelle successive, essendo stato dichiarato irreperibile senza che ne sussistessero i presupposti ed essendosi proceduto in sua assenza; poi, il 27.05.2014, era iniziato il processo di appello e le notificazioni spettanti all’imputato erano state consegnate al difensore, mentre la carenza di notizie sul procedimento pendente sin dal 2009 aveva fatto maturare in NOME la convinzione che il procedimento stesso fosse stato archiviato.
Solo con la notifica del mandato di arresto europeo – sostiene il ricorrente – egli ha avuto conoscenza del procedimento, alla partecipazione al quale non aveva mai inteso rinunciare volontariamente: e, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza impugnata, la mancanza di conoscenza della pendenza di tale procedimento si era verificata per responsabilità non sue, ma per l’erroneo svolgimento delle ricerche promosse dall’autorità giudiziaria, sicchØ tale mancata conoscenza avrebbe dovuto considerarsi, in ogni caso, incolpevole.
Anche il riferimento alla sentenza n. 11493/2015 della stessa Corte di appello, atto da nessuna parte prodotto, ha, secondo la difesa, contribuito a determinare irritualmente la lettura travisante dei dati esaminati da parte del giudice dell’esecuzione.
2.2. Con il secondo motivo si denunciano violazione di legge e vizio della motivazione per l’omessa valutazione di atti del procedimento e illegittimo utilizzo di atti non facenti parte del fascicolo processuale.
Sotto il primo profilo, si ribadisce che l’elezione di domicilio da parte di NOME era avvenuta con riferimento all’indirizzo di INDIRIZZO, ossia dell’abitazione in cui all’epoca viveva la sorella, mentre le ricerche erano state effettuate all’indirizzo di INDIRIZZO, INDIRIZZO.
Sotto il secondo profilo, si stigmatizza l’utilizzazione della succitata, diversa sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria emessa il 24.11.2015, non prodotta da alcuna delle parti, nØ acquisita di ufficio, quindi sottratta al contraddittorio; ciò, a parte l’inidoneità pure di tale sentenza a risolvere la problematica relativa all’incapacità di NOME di leggere e tradurre correntemente la lingua italiana.
2.3. Con il terzo motivo si deduce l’omessa valutazione degli atti della procedura svolta per l’emissione e l’esecuzione del mandato di arresto europeo.
Secondo la difesa, dal loro esame avrebbe dovuto trarsi la conferma che NOME aveva una comprensione approssimativa della lingua italiana, in relazione a cui egli non riusciva a comprendere per nulla la relativa scrittura, tanto che l’udienza per la definizione di quel procedimento era stata rinviata per consentire la traduzione degli atti dall’italiano al rumeno.
A sostegno di tali doglianze la difesa ha svolto ulteriori considerazioni richiamando le ragioni che hanno indotto il legislatore a riformare il processo in assenza ancora con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150; si sono ricordate, inoltre, la vicenda che ha dato luogo al caso COGNOME c. Italia, anche in relazione al corrispondente esito, trattato dalla Corte Edu, e le coordinate ermeneutiche maturate conseguentemente da parte della giurisprudenza, di guisa che l’attuale assetto della disciplina di cui all’art. 629bis e 175 cod. proc. pen. garantisce, quando l’imputato sia rimasto inconsapevolmente assente, la celebrazione di un nuovo giudizio, se la sua mancata partecipazione risulti non essere stata volontaria.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso considerando che, mentre la rescissione del giudicato presuppone l’avvenuto svolgimento del processo in assenza dovuta a una incolpevole mancanza di conoscenza del processo da parte dell’imputato, nel caso di specie, tale presupposto non Ł sussistito, essendo stato NOME sottoposto a misura cautelare custodiale e, una volta assoggettato al solo obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, aveva deciso volontariamente di disinteressarsene, peraltro dopo avere eletto domicilio, non rilevando l’addotta erroneità del numero civico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte ritiene che l’impugnazione, per quanto concerne la parte delle doglianze volta a contrastare il rigetto dell’istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza e di rimozione degli effetti del giudicato della sentenza resa dalla Corte di appello di Reggio Calabria il 23.11.2021, sia fondata per avere evidenziato alcune determinanti lacune della motivazione espressa nell’ordinanza in verifica, che ne impongono l’annullamento, certamente con rinvio, onde consentire il nuovo esame della fattispecie dedotta.
¨ rilevante constatare, in primo luogo, che la stessa Corte di appello di Reggio Calabria, che ha emesso il provvedimento impugnato, dichiaratasi adita quale giudice dell’esecuzione, non ha fornito elementi dirimenti in merito alla conclusiva qualificazione dell’istanza formulata da NOME: in particolare, se essa dovesse considerarsi quale istanza di restituzione del termine per impugnare la sentenza nell’ambito di piø ampia prospettazione (per gli effetti di cui all’art. 670, commi 1 e 3, cod. proc. pen., in relazione alla disciplina di cui all’art. 175 cod. proc. pen. nel testo previgente), oppure dovesse inquadrarsi quale istanza di
rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629bis cod. proc. (già art. 625ter cod. proc. pen. post legge 28 aprile 2014, n. 67).
Sul tema, si ricorda che, come Ł stato autorevolmente chiarito, l’istituto della rescissione del giudicato (previsto, al tempo, dall’art. 625ter cod. proc. pen.) si applica soltanto ai procedimenti nei quali Ł stata dichiarata l’assenza dell’imputato a norma dell’art. 420bis cod. proc. pen., come modificato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, mentre ai procedimenti contumaciali, definiti secondo la normativa antecedente alla entrata in vigore della legge indicata, continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. nel testo previgente (Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, COGNOME, Rv. 259992 – 01; fra le successive, Sez. 5, n. 10433 del 31/01/2019, COGNOME, Rv. 277240 – 01).
La domanda di restituzione nel termine per impugnare – ove sia afferente a procedimento regolato dalla disciplina antecedente a quella introdotta dalla legge n. 67 del 2014 (secondo le scansioni fissate dalle norme transitorie dettate dall’art. 15bis legge cit.) va esaminata, pertanto, alla stregua della disciplina previgente. Invece, se la domanda segue al procedimento regolato dalle norme sull’istituto dell’assenza come introdotte dalla citata legge n. 67 del 2014, il riferimento processuale congruo inerisce alla rescissione del giudicato.
Va aggiunto anche l’ulteriore richiamo del principio, affermato dalle Sezioni Unite e qui condiviso, secondo cui le nullità assolute e insanabili derivanti, nel giudizio celebrato in assenza, dall’omessa citazione dell’imputato e/o del suo difensore, non sono deducibili mediante incidente di esecuzione, ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen., in ragione dell’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza, salva restando la possibilità di far valere, attraverso la richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629bis cod. proc. pen., l’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo che si assuma derivata dalle nullità stesse (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, Lovric, Rv. 280931 – 01).
La motivazione di questa decisione ha precisato, in esplicito accordo con la citata, pregressa elaborazione di legittimità, che la disposizione dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. nel testo previgente conserva un residuo spazio applicativo in relazione ai procedimenti contumaciali trattati e definiti nei gradi di merito prima dell’entrata in vigore della legge n. 67 del 2014, in tal senso confermandosi che la nuova disciplina sul procedimento in assenza in particolare il rimedio della rescissione del giudicato – si rivolge espressamente a regolare gli effetti di atti processuali posteriori alla sua entrata in vigore, con la conseguenza che a regolare gli effetti degli atti processuali precedenti non possono che provvedere le disposizioni vigenti al momento della loro verificazione.
Posto questo chiaro spartiacque, l’ordinanza impugnata – che pure non manca di articolazioni argomentative su alcuni dei punti rilevanti – pare, per un verso, aver dato per assodata l’attrazione del procedimento nella disciplina della rescissione del giudicato, ma, per altro verso, Ł stata qualificata (verificando la propria competenza con il richiamo agli artt. 665 e 670 cod. proc. pen.) come dal giudice dell’esecuzione.
NØ i dati esposti nel provvedimento (con riguardo alle misure cautelari risalenti agli anni 2011 e 2012), forniscono certezze sul punto, in assenza di altri specifici riferimenti nell’ordinanza e a fronte, peraltro, di indicazioni nel ricorso (i reati oggetto del procedimento sono riferiti a fatti del 2009 e la notificazione della citazione in appello viene collocata al 27.05.2014) nemmeno dirimenti in un senso o nell’altro.
Quanto alla verifica dei presupposti per la restituzione nel termine per impugnare, si
ricorda che la previgente formulazione dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. (come introdotta dall’art. 1 d.l. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito dalla legge 22 aprile 2005, n. 60), avendo previsto una sorta di presunzione iuris tantum di mancata conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del procedimento, ha posto a carico del giudice l’onere di reperire in atti l’esistenza di una eventuale prova positiva da cui possa desumersi la effettiva conoscenza del provvedimento di condanna (Sez. 2, n. 21393 del 15/04/2015, N., Rv. 264219 – 01, la quale ne ha tratto la conseguenza, fra l’altro, che la mera regolarità formale della notificazione, quando sia eseguita, ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen., presso il difensore di ufficio nominato all’imputato, non può essere considerata dimostrativa della conoscenza del giudizio o rivelatrice della volontà del destinatario di non impugnare la sentenza contumaciale o di non opporre il decreto penale di condanna; ciò, a meno che non emerga che il difensore di ufficio abbia instaurato, nell’ambito del rapporto professionale, un contatto effettivo con l’assistito e lo abbia comunque rintracciato, e senza trascurare la specificazione che la suddetta norma non inficia la presunzione di conoscenza derivante dalla rituale notifica dell’atto introduttivo del giudizio, limitandosi invece a escluderne la valenza assoluta e imponendo al giudice di verificare l’effettività di tale conoscenza, nonchØ la consapevole rinuncia della parte a partecipare al processo o a impugnare il provvedimento, fermo restando che grava sull’istante l’onere di allegare la mancata conoscenza e le ragioni che l’hanno determinata, così prospettando l’ipotesi che il giudice Ł chiamato a verificare: Sez. 5, n. 416 del 03/12/2019, dep. 2020, Toro, Rv. 278551 – 01).
3.1. Circa la rescissione del giudicato (attualmente regolata dall’art. 629bis cod. proc. pen., nella collocazione fissata dall’art. 1, comma 71, della legge 23 giugno 2017, n. 103), vanno richiamate le specificazioni fornite dalle Sezioni Unite che – pur avendo affermato per esplicito il principio di diritto secondo cui, in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162, comma 4bis , cod. proc. pen. ad opera della legge n. 103 del 2017, ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, NOME, Rv. 279420 – 01) – hanno affrontato in modo articolato anche le connotazioni essenziali dell’istituto ora indicato.
Si Ł, in questa direzione, evidenziato che l’istituto dell’assenza dell’imputato, come regolato dalla legge n. 67 del 2014, si ispira al concetto secondo cui l’imputato deve essere portato direttamente e personalmente a conoscenza della vocatio in ius , essendo poi nella sua facoltà partecipare o meno al processo, giacchØ, quando sia assicurata la suddetta conoscenza personale e diretta, quindi effettiva, il processo si può legittimamente svolgere in sua assenza, con l’attivazione del meccanismo rappresentativo da parte del suo difensore.
La modalità primaria per il trasferimento all’imputato di tale conoscenza Ł la notificazione personale dell’avviso dell’udienza riguardante il processo: ciò, con la precisazione, offerta sempre dalle Sezioni Unite (sia pure ai fini della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale ex art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella formulazione antecedente alla modifica operata con legge n. 67 del 2014), che l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium , tale non potendo ritenersi la conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, fermo restando che l’imputato
non deve aver rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione, oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza (Sez. U, n. 28912 del 28/2/2019, COGNOME, Rv. 275716 – 01).
Specularmente, allorquando non sia acquisita la certezza della conoscenza della vocatio in ius , il processo, ai sensi dell’art. 420quater cod. proc. pen., va sospeso: il giudice, quindi, può celebrare il processo soltanto quando abbia la prova che l’imputato non si Ł presentato in udienza per sua libera scelta, conoscendo il contenuto delle accuse nonchØ la data ed il luogo del processo.
Per l’inveramento del principio così fissato, sono state, d’altro canto, prese in considerazione pure le situazioni idonee a evitare l’avallo di false irreperibilità.
Si Ł stabilito dall’art. 420bis cod. proc. pen. il catalogo di eventi che consentono di ritenere, in prima analisi, acquisita la dimostrazione della natura consapevole dell’assenza dell’imputato anche in mancanza dell’avviso consegnato personalmente all’imputato, nonchØ si Ł equiparata alla conoscenza del contenuto del processo e del tempo e luogo di fissazione della relativa udienza la volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento o dei suoi atti.
Con l’entrata in vigore dell’indicata disciplina, quando la vicenda processuale si svolga e concluda in assenza dell’imputato, il presupposto Ł, dunque, che si sia proceduto con la certezza sostanziale che egli fosse a conoscenza del processo, con l’effetto che i meccanismi riparatori dell’eventuale fallacia del presupposto esigono l’accertamento di eventi straordinari, tali da aver impedito la partecipazione al processo: e – nel caso in cui sia dimostrata l’impossibilità dell’imputato di presenziare al processo, sia che questo sia ancora in corso (art. 420bis , comma 4, per il primo grado e 604, comma 5bis per l’appello), sia che questo abbia avuto termine (art. 629bis ) – l’ordinamento determina la necessità che vengano rieditati gli atti svolti, con l’attribuzione all’imputato della facoltà di ottenere l’integrale ripetizione di tutte le attività processuali rilevanti per la sua difesa (fruizione del termine per la richiesta di riti alternativi o raccolta delle prove).
Nel caso dell’avvenuto conseguimento del giudicato formale nel processo celebrato nell’assenza dell’imputato, l’art. 629bis cit. stabilisce che il condannato in absentia può ottenere la rescissione del giudicato con trasmissione degli atti al giudice di primo grado qualora provi che l’assenza Ł stata dovuta a una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
In questa dialettica, vanno valutate le situazioni che l’ordinamento (all’art. 420bis cod. proc. pen.) ha considerate come altrettanti indici di conoscenza del processo, ossia la dichiarazione od elezione di domicilio, l’applicazione delle misure precautelari dell’arresto e del fermo o la sottoposizione a misura cautelare, la nomina del difensore di fiducia, da ritenersi, beninteso, come meri indicatori da valutare in relazione al caso concreto, senza assurgere al rango di presunzioni.
Rispetto alle situazioni configurate dai cennati indicatori, pertanto, compete al giudice di merito verificare che quella in concreto determinatasi presenti i caratteri dell’effettività: così, rispetto alle modalità con cui si Ł realizzata la scelta del domicilio, essa deve essere seria e reale; la misura cautelare deve consentire l’effettiva conoscenza del procedimento; la nomina del difensore di fiducia deve realizzare un effettivo rapporto con il difensore che abbia accettato la nomina; e, quanto all’elezione di domicilio presso il difensore, si Ł chiarito che si deve stabilire se, nel caso concreto, vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’imputato e, quindi, se si siano o meno realizzate le condizioni da cui dedurre l’esistenza di un rapporto di informazione tra il legale e
l’assistito.
La dimostrazione del rapporto effettivo Ł, quindi, necessaria al fine di verificare se l’imputato sia, effettivamente, venuto a conoscenza della vocatio in ius , oppure se alla regolarità della notificazione presso il domiciliatario non sia seguita la consapevolezza dell’inizio del processo a suo carico, esigendosi per la relativa dimostrazione un effettivo collegamento tra la persona e il luogo eletto, sicchØ ove questo collegamento manchi, il domicilio – pur se regolarmente eletto – dovrà ritenersi inidoneo allo scopo.
Nello stesso senso deve ragionarsi con riferimento alla nomina del difensore di fiducia, la quale, affinchØ svolga gli effetti assegnatile dall’art. 420bis cod. proc. pen., sul – peraltro non eludibile – presupposto del regolare rapporto informativo tra difensore ed assistito, deve essere intesa quale nomina accettata.
Pertanto, sulla premessa che le situazioni indicate dall’art. 420bis , comma 2, cod. proc. pen. – dopo che naturalmente sia stata accertata la regolarità formale della notificazione della vocatio in ius , ai sensi degli artt. 148 e ss. cod. proc. pen. – determinano la necessità della corrispondente ulteriore verifica giudiziale di effettività, nella fase della costituzione delle parti, prima che si possa trascorrere alla celebrazione del processo ritenendo volontaria l’assenza dell’imputato, la loro valutazione, quando la notificazione dell’avviso dell’udienza non sia avvenuta personalmente, deve essere tale che, nelle condizioni date, sia ragionevole ritenere che l’imputato abbia – non solo regolarmente ricevuto, secondo il sistema delle notificazioni, ma abbia anche – effettivamente conosciuto l’atto e, con esso, l’accusa formulata a suo carico.
Del pari, viene in rilievo il disposto dell’art. 420bis cod. proc. pen. nella parte in cui prende in considerazione, per equipararla a quella dell’assente, la posizione dell’imputato (sempre raggiunto in modo regolare dalla notificazione dell’atto introduttivo) che risulti soltanto in apparenza inconsapevole, quando egli, invece, si sia volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento.
3.2. Essa, invero, si coordina con la disciplina di cui all’art. 629bis cod. proc. pen., essendosi in modo condivisibile osservato che la funzione del requisito della incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo posto dalla norma regolatrice della rescissione del giudicato Ł quella di impedire all’assente di accedere a un nuovo giudizio allorquando risulti che egli si sia volontariamente posto nelle condizioni di non ricevere adeguata notizia del processo, così dimostrando in modo implicito, ma concludente, di non volervi partecipare.
In tale direzione l’art. 629bis cod. proc. pen. impone al giudice della rescissione di valutare se sussista l’univocità sintomatica delle condotte processualmente rilevanti ascritte all’imputato rimasto assente nel corso dell’intero processo, soprattutto qualora questi abbia già avuto cognizione della pendenza del procedimento.
Anche in questo snodo il giudice non dovrà limitarsi, sia pure in via retrospettiva, al meccanicistico riferimento alle situazioni che, ai sensi dell’art. 420bis c.p.p., autorizzano il processo in absentia , giacchØ quelle situazioni comunque impongono di accertare – nelle condizioni date e non soltanto sulla scorta degli elementi di prova forniti dalla parte, ma, se del caso, con verifiche ufficiose – l’effettiva conoscenza del processo conseguita dall’imputato assente, al pari dell’eventuale volontaria sottrazione da parte sua a tale conoscenza (sull’argomento v. Sez. 5, n. 31201 del 15/09/2020, COGNOME, Rv. 280137 – 01, anche con riferimento alle precisazioni già svolte da Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, COGNOME, cit., con la conseguente valutazione di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 629bis cod. proc. pen. in riferimento agli artt. 24, secondo comma,
111 e 117 Cost., in relazione agli artt. 3 e 6 CEDU, nella parte in cui non consente di ottenere la rescissione del giudicato al condannato nei cui confronti si sia proceduto in assenza, qualora non provi che questa non sia dipesa da incolpevole mancata conoscenza del processo).
3.3. Esito di queste notazioni – con effetto anche per la tematica rilevante per il caso oggetto di scrutinio – Ł il corollario secondo il quale, pure in tema di rescissione del giudicato, l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium , sicchØ non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari, quando ad essa abbia fatto seguito la notifica dell’atto introduttivo del giudizio non in detto luogo, pur se a mani di altro soggetto legittimato a riceverlo, ma presso il difensore di ufficio, ai sensi dell’art.161, comma 4, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 47373 del 12/11/2024, COGNOME; Rv. 287291 – 01; Sez. 6, n. 21997 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279680 – 01).
L’approdo costituisce il lineare sviluppo dei principi affermati nella sede regolatrice negli ultimi anni, sia con riferimento alla considerazione che, ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero vi si sia sottratto volontariamente (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420 – 01), sia con riferimento al principio, pur affermato in relazione alla restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale ex art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella formulazione antecedente alla modifica operata con legge n. 67 del 28 aprile 2014, secondo cui l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium , per cui tale non può ritenersi la conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, fermo restando che l’imputato non deve avere rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza (Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, COGNOME, Rv. 275716 – 01).
4. Il complesso delle considerazioni svolte assume rilievo nel caso in esame, poichØ per quanto Ł dato arguire dall’esame della motivazione resa – la protesta di non aver conosciuto della celebrazione del processo da parte di NOME si fonda sulla deduzione, non adeguatamente contrastata dal richiamato tessuto argomentativo, che gli atti che gli sono stati direttamente notificati, anche con riferimento a quelli di natura cautelare, di spessore comunque non secondario, afferiscono pur sempre alla sola fase delle indagini preliminari, non essendo risultata, invece, contezza adeguata degli atti di cui, direttamente o indirettamente, l’imputato abbia avuto conoscenza effettiva dal momento della sua vocatio in iudicium , così da prendere atto della specifica accusa cristallizzatasi nei suoi confronti.
Nella prospettiva indicata, quindi, il fatto che nel corso delle indagini preliminari NOME fosse stato sottoposto a misura cautelare custodiale, poi cessata, sostituita poi da misura cautelare non custodiale, siccome non Ł stato chiarito quale evoluzione (dopo quale periodo e con quale contenuto) aveva avuto la relativa posizione al momento della vocatio in iudicium , nemmeno poteva essere considerato di per sØ dirimente, senza l’indicazione di idonei riferimenti alle attività partecipative in concreto promosse dal giudice procedente per la verifica della conoscenza effettiva del processo da parte dell’imputato, pur tenendo conto del presupposto che, in carenza di evoluzioni, l’atto di accusa corrispondeva all’oggetto
dell’imputazione provvisoria posta base della misura cautelare.
Si Ł ripetutamente chiarito, invero, che la stessa avvenuta dichiarazione di latitanza dell’imputato, quando egli sia assistito da un difensore d’ufficio, non costituisce, di per sØ e impregiudicata ogni necessaria verifica di merito, un elemento idoneo a escludere la mancata incolpevole conoscenza del procedimento (Sez. 1, n. 17338 del 21/01/2021, COGNOME, Rv. 281218 – 01; Sez. 6, n. 19219 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 270029 – 01).
Nel caso di specie, ferma l’esigenza di verifica della protesta di assenza di contatti fra difensore e imputato nell’intero corso del processo, non Ł dato evincere nel provvedimento in esame un compiuto riferimento al punto inerente alla natura della difesa dell’imputato, ossia se NOME fosse stato assistito da difensore di ufficio, ovvero da difensore di fiducia, per gli effetti che dal corrispondente rilievo avrebbero potuto e potrebbero trarsi, nella complessiva valutazione relativa all’ascrivibilità dell’addotta carenza di collegamento fra parte e difesa tecnica.
¨ utile ricordare che si Ł pervenuti, in fattispecie relativa a rescissione del giudicato, a ritenere che l’essere stato il soggetto sottoposto a misura cautelare durante la cui esecuzione sia evaso – in situazione in cui egli aveva nominato un difensore di fiducia e aveva anche eletto il domicilio presso il suo studio – costituisce un indice di effettiva conoscenza del processo, tale da legittimare il giudizio in assenza, in mancanza della allegazione di specifici elementi indicativi di uno stato di incolpevole ignoranza del processo medesimo, per la cui sussistenza, nella sussistenza dei concorrenti elementi suindicati, non basta evocare la mancata notifica dell’atto di vocatio in iudicium contenente l’accusa, già cristallizzata nel titolo cautelare (Sez. 6, n. 46795 del 12/10/2023, COGNOME, Rv. 285493 – 01, in vicenda processuale antecedente all’entrata in vigore dell’art. 165, comma 1bis , cod. proc. pen., introdotto dall’art. 10, comma 1, lett. s) , d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150).
Sotto connesso aspetto, in merito alla deduzione del ricorrente di non essere, comunque, stato raggiunto dalla notificazione degli atti processuali presso il domicilio a suo tempo eletto, la difesa ha prodotto il verbale di vane ricerche che aveva riguardato l’imputato NOME COGNOME da cui emerge la conferma del fatto che, quanto meno per le attività partecipative effettuate nel 2021, le attività di verifica erano state dirette all’indirizzo di INDIRIZZO, di Reggio Calabria, in luogo del domicilio da lui dichiarato come eletto nel procedimento, in INDIRIZZO: ciò, per gli effetti che potevano derivarne in punto di mancata conoscenza dei corrispondenti atti processuali.
Su questo tema, l’obiezione svolta nell’ordinanza in disamina, circa l’irrilevanza del rilievo rispetto all’argomento secondo cui l’imputato avrebbe avuto comunque l’onere di tenersi in contatto con il suo difensore, non soddisfa (per quanto concerne la verifica da compiere in questa sede, afferente, non al piano del controllo di validità formale degli atti, ma a quello del riscontro della mancanza incolpevole di conoscenza effettiva del procedimento), in quanto ha dato per assodato ciò che invece andava esaurientemente dimostrato sulla scorta di un’analisi approfondita dei dati emergenti dagli atti del processo di cognizione.
5. La mancanza di specifici e chiari ragguagli sui punti rilevati (anzitutto, la fattispecie processuale – restituzione nel termine per impugnare o rescissione del giudicato – ritenuta applicabile e, poi, gli indici di effettiva conoscenza, o meno, da parte di NOME, anche in rapporto al progressivo evolversi del suo status libertatis , alla natura della difesa, di fiducia o di ufficio, di cui egli ha fruito nel corso del processo, con valutazione del corrispondente rapporto fra difensore e imputato, alla fissazione del domicilio effettivamente eletto, in relazione al luogo in cui sono state effettuate le ricerche, e alla posizione giuridica conseguentemente assunta e, se del caso, mantenuta dal destinatario) determina, pertanto,
la carenza di adeguatezza della motivazione e il conseguente annullamento del provvedimento impugnato, con il connesso rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria, chiamata, quindi, a riesaminare la fattispecie dedotta dall’istante e, dopo averla univocamente inquadrata nella cornice normativa che risulterà applicabile, a fornire, con intatta libertà valutativa ma nel rispetto dei principi qui ribaditi, una compiuta motivazione sui punti man mano indicati, impregiudicata, nel suo completo ambito, la valutazione anche degli altri elementi enunciati nell’ordinanza che ha formato oggetto del presente vaglio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Reggio Calabria.
Così Ł deciso, 03/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME