Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2557 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2557 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 18/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/11/2022 del TRIBUNALE di TERAMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procura MA,~14111.1-1.51-A–G4JA botte NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
Ricorso definito ex. art. 23 comma 8 D.L. 137/2020.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in epigrafe indicata, con la quale il ricorrente, nella qualità di legale rappresentante de RAGIONE_SOCIALE, ditta che svolge attività di verniciatura di manufatti, è stato conda della ammenda di euro 3.000,00, oltre al pagamento delle spese processuali, per aver commesso plurime violazioni della normativa a tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro, d al d.l.n.81 del 2008, e precisamente dell’art. 17, comma primo, lettera a), art. 28, c secondo, lettera d) e art. 55, comma terzo, del d.l.n.81 del 2008 per aver omesso di indic una procedura operativa che consenta ai lavoratori di svolgere in sicurezza le attivi imbracatura del carico e aver omesso di indicare i ruoli dell’organizzazione aziendale debbono provvedere per l’attuazione delle misure da realizzare (capo a).
Il Tribunale ha assolto l’imputato in ordine al reato contestato nel capo di imputaz sub b), di cui all’art. 71, comma quarto, lettera a), punto 1), del d.l.n.81 del 2008, con si contestava di non aver dotato le attrezzature con ganci e con sottoganci per le attiv c.d. trazionamento, conformi ed adeguate alle esigenze di salvaguardia della salute e sicurezz dei lavoratori, posto che l’istruttoria dibattimentale non ha fornito univoca prova in o fatto che i carichi fossero sollevati con la punta del gancio, essendo tale circostanza, affe dall’ispettore del lavoro, stata smentita dai testi.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione dell’art. 521 cod. pen., e travisamento della prova in ordine all’omessa valutazione del D.V.R., sezione 10, ordine alla sussistenza di una procedura operativa che consenta di svolgere in sicurezza le atti di “imbracatura del carico” in sicurezza. Il ricorrente rappresenta che, nella motivazione sentenza impugnata, si palesa un percorso argomentativo logico-giuridico ondivago e contraddittorio, in quanto il giudice di merito talora sembra far riferimento alla co omissione, all’interno del documento di valutazione dei rischi, di una procedura operativa v a governare il rischio connesso alle attività di imbracatura dei pezzi da sottoporre a vernic (fase di lavoro definita carico del materiale), talaltra il giudice a quo sembra invece contestare l’inadeguatezza di tale procedura e non la sua totale inesistenza. In proposito, il ric evidenzia che non è chiaro se la condanna dell’imputato si fondi sulla omessa predisposizione d una procedura di gestione del rischio relativo alla fase di imbracatura del manufatto ovvero s inadeguatezza di tale procedura. Peraltro, in alcuni passaggi dell’iter motivazionale, il giu a quo sembra riferirsi anche all’attività di traslazione ( cioè di appesa del materiale) e non a di carico e della imbracatura del carico.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce vizio della motivazi travisamento della prova in relazione all’omessa valutazione del documento di valutazione risch in particolare della sezione decima, ove la procedura di sicurezza è prevista, così come è prov in sede di giudizio con produzione documentale. All’udienza del 22 novembre 22 è stato prodotto
ed inserito all’interno del fascicolo dibattimentale il documento di valutazione rischi ( redatto dalla società sia nella versione del 10 gennaio 2019 che in quella, più aggiornata, del 26 agosto 2019. Tale documento è antecedente alla data di accertamento del fatto, avvenuto in data 11/11/2019. L’analisi della documentazione prodotta in giudizio consente di affermare modo chiaro e palese la sussistenza di una procedura volta a regolare la fase di imbracatura de materiali ed i rischi ad essa connessi, in quanto disciplinata e descritta contenuta nella se 10. Il giudice a quo, invero, fa un uso improprio del termine “carico dei materiali”, espression che descrive una fase di lavoro che, nel documento di valutazione rischi, assume un significa diverso. Infatti, il giudice, quando parla di “carico” si riferisce “all’appesa del materi della lavorazione che non si ritiene adeguatamente regolamentata e procedimentalizzata. Precisa il ricorrente tuttavia che la scelta dei ganci da utilizzare non rientra nella fase di “carico della merce, mappata e disciplinata nella sezione 9 del D.V.R., ma in quella di “appesa materiali”, i cui rischi sono valutati nella sezione 10 del D.V.R. Pertanto, afferma il rico percorso logico argomentativo che sorregge la pronuncia di condanna in relazione al capo di imputazione sub A) si regge su una valutazione incompatibile con le prove documentali acquisite posto che il giudice ha affermato l’inesistenza della procedura, invece espressamente previs nel documento di valutazione di rischi.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 521 cod. proc. posto che nel capo di imputazione al ricorrente si contesta di aver omesso di individuare u procedura operativa volta consentire di svolgere in sicurezza le attività di imbracatura del ca mentre nel corso del giudizio si è contestata l’inadeguatezza della procedura, e non la inesistenza.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente lamenta vizio della motivazione in rel all’accertamento dell’elemento soggettivo del reato, posto che il giudice non ha speso ness argomento per affermare il giudizio di rimproverabilità del fatto né a titolo di dolo né a colpa.
3.11 Procuratore generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha chiesto il ri del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 ricorso è infondato.
La prima e la seconda doglianza, per ragioni di comunanza tematica, possono essere trattate congiuntamente. Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo il quale, anche alla luce della novella del 2006, il controllo del gi legittimità sui vizi della motivazione attiene pur sempre alla coerenza strutturale della deci di cui saggia l’oggettiva “tenuta” sotto il profilo logico-argomentativo e quindi l’acce razionale (Sez. 3, n. 37006 del 27/09/2006, COGNOME, Rv. 235508; Sez. 6, n. 23528 d
6/06/2006, COGNOME, Rv. GLYPH 234155). Il sindacato GLYPH di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve pertanto essere volto a verificare che quest’ultima: a) si “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a b della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole logica; c) non sia internamente “contraddittoria” ovvero sia esente da antinomie e insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o tra le affermazioni in essa contenute non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo”, indicati in termini ed esaustivi dal ricorrente, nei motivi posti a sostegno del ricorso, in misura tale da r radicalmente inficiata sotto il profilo della razionalità (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/20 251516).
Nel caso di specie, il giudice a quo ha richiamato, con riferimento al capo di imputazione sub A), quanto affermato dall’ispettore del lavoro dell’ RAGIONE_SOCIALE c sopraggiunto presso il luogo di lavoro a seguito di un infortunio, ha rilevato che il D.V. prevedeva alcuna specifica procedura volta a prevenire il rischio di caduta del carico movimentare mediante trasportatori a rotaia. Il D.V.R., infatti non disciplinava nel det come orientare la scelta, da parte degli operai, del gancio da utilizzare in relazione al pe pezzi che dovevano essere agganciati, considerato che la tipologia di ganci è assai ampia variabile in relazione al peso da sollevare. Ne segue che, rilevata l’assenza della valutaz di questo profilo di rischio “da caduta del carico”, il datore di lavoro veniva invitato ad in la metodologia da applicare per rendere visibile chiaramente il peso del carico da lavorare e selezionare il mezzo di sollevamento del carico più idoneo, anche utilizzando ganci, purchè dota di sicura e con forma tale da impedire lo sganciamento di funi o di catene.
In proposito, il giudice a quo ha affermato che, con riferimento a tale specifica fase della lavorazione (attività di imbragatura del carico anche detta attività di appesa materi documento di valutazione rischi fosse inadeguato e generico, richiamando i rilievi effett dall’ispettore del Lavoro, che aveva evidenziato che, a fronte dell’elevato numero di art lavorati e della numerosa tipologia di ganci e sotto- ganci utilizzati in relazione al pes dimensioni del carico da lavorare, occorreva individuare e descrivere una procedura operativ per la fase di carico dei pezzi da lavorare onde evitare lo specifico rischio relativo alla acci fuoriuscita delle funi e dei bilancieri dai ganci, che avrebbero dovuto, tra l’altro, esse di linguetta a molla come sicura. Il giudice di merito ha quindi ritenuto che, a norma della d) dell’art. 28 del d.lgs. 81 del 2008, la previsione di tale procedura deve ritenersi sicur obbligatoria. Peraltro, il giudice di merito ha anche affermato che, non solo il D.V.R prevedeva alcuna specifica disciplina in relazione alla scelta del tipo di gancio da uti (aperto o chiuso, di maggiore o minore resistenza in relazione al carico) in relazione al ri di fuoriuscita del mezzo da lavorare dal gancio, ma anche che tale inesistenza di una sim procedura volta a mappare e disciplinare questo specifico rischio emerge da quanto riferito dag stessi testi e consulenti indicati dalla difesa. Il teste COGNOME aveva confermato che in
vi erano molteplici tipi di ganci e sotto ganci che variavano nella forma e nella misura domanda se nel piano di sicurezza fosse individuato che tipo di gancio utilizzare in relazione forme e al peso dei pezzi da lavorare, il teste ha riferito che tale scelta era affidata all’es del dipendente, considerato che occorreva scegliere il gancio che lasciasse il minor segn possibile sul pezzo dopo aver effettuato la verniciatura. Nella memoria difensiva, il ricor afferma che all’interno dell’azienda era a disposizione del personale un manuale d’uso e manutenzione dei macchinari e che gli operai, adeguatamente formati in ordine a questa procedura e ad essa appositamente adibiti, erano perfettamente in grado di selezionare il ganci più idoneo da utilizzare per ogni singolo carico. Anche il consulente della difesa, inge COGNOME, ha confermato che tale procedura non era prevista nel DVR ma che gli operai erano stati formati adeguatamente in proposito. In ordine a tali risultanze, condivisibilmente, il ha ritenuto che un’eventuale attività di formazione del lavoratore in ordine al suddetto spe rischio, non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di prevedere, a monte, tale fonte di ri di disciplinare ogni singola attività lavorativa in modo da escludere il più possi discrezionalità del lavoratore. Infatti, è inconferente il richiamo alla formazione allo svol delle mansioni concretamente affidate ai lavoratori, posto che la norma richiede che documento contenente la valutazione dei rischi abbia ad oggetto tutti i rischi per la sicure la salute dei lavoratori e che, in relazione alla inadeguatezza delle misure di protezio lavoratori, reato contestato nel capo di imputazione sub b), di cui all’art. 71, comma qu lettera a), punto 1), del d.l.n.81 del 2008, l’imputato è stato assolto.
Trattasi, come si vede, di una motivazione precisa, fondata su specifiche risulta processuali e del tutto idonea a illustrare l’itinerario concettuale esperito dal giudice d D’altronde, il vizio di manifesta illogicità che, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), pen., legittima il ricorso per cassazione implica che il ricorrente dimostri che l’iter argom seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso, che que dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un’altra interpretazione o d altro percorso concettuale, in tesi egualmente corretti, sotto il profilo della razion consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato in maniera logica gli atti sottopos suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettur interpretazione, munite di eguale crisma di razionalità (Sez. U, 27/09/1995, Mannino, R 202903). La verifica che la Corte di cassazione è abilitata a compiere sulla completezza correttezza della motivazione di una sentenza non può infatti essere confusa con una rinnovat valutazione delle risultanze disponibili, da contrapporre a quella fornita dal giudice di meri la conseguenza che le determinazioni di quest’ultimo, se coerenti, sul piano della razionalità, una esauriente analisi delle risultanze probatorie agli atti, si sottraggono al sinda legittimità, una volta accertato che, come nel caso in disamina, il processo formativo del l convincimento del giudice non abbia subìto il condizionamento derivante da una riduttiv indagine conoscitiva (Sez. U, 25/11/1995, Facchini, Rv. 203767). Dedurre infatti vizi
motivazione della sentenza significa dimostrare che essa è manifestamente carente di logica e non già opporre alla ponderata ed argomentata valutazione degli atti effettuata dal giudice merito una diversa prospettazione, asserendone la maggiore ragionevolezza (Sez. U, 19/06/1996, COGNOME COGNOME, Rv. 205621).
2. In ordine alla terza doglianza, si osserva che, secondo un consolidato orientament giurisprudenziale, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale, nei s elementi essenziali, della fattispecie concreta, sì da pervenire ad un’incertezza sull’og dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa. Ne consegu l’indagine volta ad accertare la violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza va esaurita nel pedissequo confronto, puramente letterale, fra contestazione e sentenza perché vertendosi in materia di garanzie di difesa, la violazione è del tutto insussistente l l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concr difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Sez. U, n. 16 del 19/6/1996, COGNOME; U, n. 36551 del 15/7/2010, COGNOME, Rv. 248051). Occorre dunque verificare se l’imputa attraverso l’itinerario processuale esperito sia venuto a trovarsi nella concreta condizi potersi difendere in ordine all’oggetto dell’imputazione. Il suddetto principio non impone, q una conformità formale tra i termini in comparazione ma implica la necessità che il dirit difesa dell’imputato abbia avuto modo di dispiegarsi effettivamente. Ne deriva che di violazi del principio in disamina può parlarsi solo nel caso in cui il mutamento della cornice accusa abbia effettivamente comportato una novazione dei termini dell’addebito tale da menomare il diritto di difesa proprio sui profili di novità che da quel mutamento sono scaturiti e da deter un concreto regresso sul piano dei diritti difensivi (Sez. 4, n. 22214 del 12 aprile 2019).
2.1. Nel caso di specie, i lineamenti fattuali della condotta sono chiaramente scol nell’imputazione, ragion per cui l’imputato è stato senz’altro posto in condizioni di re ampiamente conto della sostanza dell’addebito mossogli e di elaborare ogni più opportuna strategia difensiva. Nell’imputazione è, infatti, enunciata, con precisione, la contest relativa alla violazione dell’art. 17, comma primo, lettera a), art. 28, comma secondo, le d) e art. 55, comma terzo, del d.l.n.81 del 2008 per aver omesso di indicare una procedur operativa che consenta ai lavoratori di svolgere in sicurezza le attività di imbracatura del e aver omesso di indicare i ruoli dell’organizzazione aziendale che debbono provvedere pe l’attuazione delle misure da realizzare. Ed è proprio questo l’addebito che è stato conferm nella sentenza impugnata, dalla motivazione della quale emerge come il giudice a quo abbia posto in rilievo che il DVR deve individuare le procedure per l’attuazione delle misur realizzare, tra cui, sicuramente, rientrano le procedure operative relative al carico dei pe lavorare, che erano invece assenti. Non può pertanto ravvisarsi alcuna violazione del princi di correlazione tra accusa e sentenza.
3.Infine, in relazione alla doglianza concernente l’elemento psicologico ne contravvenzioni, si ricorda che, nei reati contravvenzionali, l’imputato deve dimostrare di fatto tutto il possibile per osservare la norma violata senza che ciò integri alcuna inve dell’onere della prova, a lui spettando provare il contenuto dell’eccezione difensiva rispet prova della colpa fornita dall’accusa (Sez. 1, n. 13365 del 19/02/2013 Ud. (dep. 21/03/2013 Rv. 255178). Pertanto, alla luce delle argomentazioni sopra esposte, anche tale doglianza infondata, posto che nulla ha dedotto il ricorrente in ordine all’assenza di colpa, per cui rimprovero, neppure di semplice leggerezza, può essere mosso all’agente (Sez. 3, n. 5168 del 23/03/1983, Rv. 159335).
Il ricorso, dunque, deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso all’udienza del 18 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente