Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20258 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20258 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Messina il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/10/2023 del TRIBUNALE di SORVEGLIANZA DI PERUGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto dichiara l’inammissibilità del ricorso;
letta le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che h insistito nell’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 19 ottobre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha respinto il reclamo presentato dal condannato NOME COGNOME contro l’ordinanza del magistrato di sorveglianza di Spoleto del 24 ottobre 2022, c aveva respinto il reclamo proposto dallo stesso contro la sanzione disciplinare de esclusione dalle attività comuni per giorni 3 per aver rivolto una espressi irrispettosa ad un’agente di polizia penitenziaria.
Il Tribunale di sorveglianza ha respinto il reclamo, in quanto ha ritenuto c il diritto di difesa del detenuto davanti al consiglio di disciplina si
ampiamente garantito dalle memorie difensive redatte dall’interessato in corso di procedimento e dalla possibilità di fornire la propria versione; quanto al merito, la contestazione del detenuto di non aver pronunciato la frase irrispettosa che gli è stata contestata (“mi avete rotto…”) ma una frase dal suono simile (“mi sono rotto…”), che però aveva la profonda differenza di rivelarsi una mera esclamazione di stizza rivolta a se stesso, e non all’agente di polizia penitenziaria, non è sostenibile alla luce del rapporto dell’agente, che non è stato contestato con querela di falso.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp, att. cod. proc. pen. ,
Con il primo motivo deduce violazione di legge in quanto la procedura seguita dall’amministrazione penitenziaria non è stata regolare, perché la contestazione dell’illecito disciplinare e la convocazione del consiglio di disciplina sono avvenute in un unico atto, comunicato il 6 marzo 2021, in violazione della scansione procedurale prevista dall’art. 81 d.p.r. 30 giugno 2000, n. 230, secondo cui il direttore del carcere deve prima contestare l’illecito al detenuto, poi consentirgli di esporre le discolpe, poi svolgere attività istruttoria, e poi convocarlo dinanzi al consiglio di disciplina; la circostanza che la contestazione e la convocazione siano avvenute nello stesso atto ha impedito al detenuto di esercitare il diritto di discolpa in questa prima fase intercorrente tra la contestazione e la convocazione dinanzi al consiglio di disciplina.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione perché il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto che il rapporto disciplinare redatto dall’agente di polizia facesse fede fino a querela di falso, ma non si è accorto che il ricorrente aveva dimostrato di aver contestato la falsità di tale atto mediante la presentazione di una querela alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Spoleto in cui denunciava la falsità del rapporto disciplinare, procedimento poi iscritto a modello 45 e trasmesso in archivio; in questo contesto diveniva rilevante l’acquisizione documentale sollecitata dalla difesa dell’ulteriore esposto da cui emergeva l’ostilità nei confronti del detenuto dell’agente di polizia penitenziaria coinvolto nell’episodio.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Con nota scritta il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
1. Il primo motivo, che deduce che la contestazione dell’illecito e la convocazione davanti al consiglio di disciplina non possono essere effettuate con un unico atto, perché tra esse dovrebbe intercorrere un termine in cui l’interessato deve essere ammesso a formulare le proprie discolpe ed il direttore deve valutare autonomamente tali discolpe e svolgere attività istruttoria, è infondato, in quanto privo di base normativa.
L’art. 81 del d.p.r. n. 230 del 2000 dispone, nella parte di interesse per questo giudizio, che: “1. Allorchè un operatore penitenziario constata direttamente o viene a conoscenza che una infrazione è stata commessa, redige rapporto, indicando in esso tutte le circostanze del fatto. Il rapporto viene trasmesso al direttore per via gerarchica. 2. Il direttore, alla presenza del comandante del reparto di polizia penitenziaria, contesta l’addebito all’accusato, sollecitamente e non oltre dieci giorni dal rapporto, informandolo contemporaneamente del diritto ad esporre le proprie discolpe. 3. Il direttore, personalmente o a mezzo del personale dipendente, svolge accertamenti sul fatto. 4. Quando il direttore ritiene che debba essere inflitta una delle sanzioni previste nei numeri 1) e 2) del primo comma dell’articolo 39 della legge convoca, entro dieci giorni dalla data della contestazione di cui al comma 2, l’accusato davanti a sé per la decisione disciplinare. Altrimenti fissa, negli stessi termini, il giorno e l’ora de convocazione dell’accusato davanti al consiglio di disciplina. Della convocazione è data notizia all’interessato con le forme di cui al comma 2. (omissis)”.
Nella norma dell’art. 81 del regolamento penitenziario, pertanto, non è prevista alcuna separazione tra la fase della contestazione e quella della convocazione, né è prevista alcuna decisione preliminare del direttore sulle eventuali discolpe presentate dall’interessato già prima della decisione in sede di consiglio di disciplina.
La circostanza che il comma 2 stabilisca che il detenuto ha diritto di essere informato del diritto ad esporre le proprie discolpe già con l’atto di contestazione, e che il comma 3 aggiunga che il direttore, personalmente o a mezzo del personale dipendente, svolge accertamenti sul fatto, non significa che la procedura si caratterizzi per una separazione tra l’atto di contestazione e quello di convocazione davanti al consiglio di disciplina, ma soltanto che già dalla fase della contestazione il detenuto deve essere avvertito della possibilità di presentare discolpe, e che il direttore dispone di poteri istruttori nelle more tra le contestazione e la decisione del consiglio di disciplina.
Il ricorso deduce che il principio invocato nella tesi sostenuta dal ricorrente si può ricavare, però, incidentalmente dalla motivazione della sentenza Sez. 1, n. 12916 del 21/03/2022, DAP in proc. Ascione, n.m., ma l’argomento non è fondato, perché questa sentenza, che è di accoglimento di un ricorso dell’amministrazione penitenziaria, non afferma, neanche incidentalmente, il principio sostenuto dal ricorrente, ma, nella frase estrapolata in ricorso tra virgolette, si limita a descrivere lo svolgimento del procedimento.
Occorre anche aggiungere che nel regolamento penitenziario i termini per l’esaurimento del giudizio disciplinare sono brevissimi (10 giorni dalla contestazione), talchè l’introduzione in via interpretativa di una fase intermedia tra la contestazione dell’addebito e la convocazione del detenuto davanti al consiglio di disciplina, in cui troverebbe posto la valutazione preliminare del direttore, inserirebbe un elemento eccentrico rispetto al sistema del procedimento disciplinare del detenuto regolato dall’art. 81 citato.
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
In merito all’esatta frase che ha pronunciato il detenuto, l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che vi è un rapporto dell’agente di polizia penitenziaria in cui si riporta la frase censurata, ed ha affermato che tale rapporto, provenendo da pubblico ufficiale, fa prova fino a querela di falso.
Il ricorso attacca la motivazione dell’ordinanza sostenendo che la querela di falso è stata presentata, ma poi fa riferimento alla presentazione di una denunciaquerela per falso alla Procura della Repubblica competente per territorio.
lì L’argomento proposto nel ricorso è manifestamente infondato, in quanto la TARGA_VEICOLO . querela di falso è uno strumento tecnico giuridico previsto dall’art. 9.- 1 – 1 cod. proc. civ. e non può essere surrogato tal fine dalla presentazione di una denunciaquerela in sede penale, che ha finalità diverse (nella giurisprudenza civile di questa Corte v. da ultimo Sez. 2, Ordinanza n. 2608 del 29/01/2024, S. c. C., Rv. 669993: Il giudizio civile di falso e il procedimento penale di falso, pur conducendo entrambi all’eliminazione dell’efficacia rappresentativa del documento risultato falso, si differenziano per la funzione e l’oggetto, in quanto il giudizio civile tende a dimostrare la totale o parziale non rispondenza al vero di un determinato documento nel suo contenuto obiettivo o nella sua sottoscrizione e non, come quello penale, a identificare l’autore della falsificazione, ai fini della applicazione della sanzione penale. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva affermato la falsità di un documento, essendo all’uopo irrilevante il giudicato penale di assoluzione per il reato di falso relativo al medesimo documento).
Irrilevante diventa, pertanto, anche la questione sull’acquisizione degli atti da cui risulterebbe la ostilità dell’agente di polizia penitenziaria nei confronti de ricorrente.
Ne consegue che il motivo è manifestamente infondato.
Il ricorso è, nel complesso, infondato. Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 2 maggio 2024
Il consigliere estensore
GLYPH Il preclente