Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10116 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10116 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SCAFATI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/07/2023 del TRIBUNALE di GENOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto emesso de plano in data 18 luglio 2023 il Tribunale di Genova, quale giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile la richiesta avanzata da NOME COGNOME per ottenere la verifica della legittimità della pena di quattordici anni e otto mesi di reclusione a lui inflitta per il delitto di cui agli 73 e 80 d.P.R. n. 309/1990, commesso nel 1993, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 40/2019 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della fissazione del minimo edittale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990 in otto anni anziché in sei anni di reclusione.
Il Tribunale ha rilevato che la condanna in questione è stata emessa nella vigenza di una norma diversa da quella dichiarata incostituzionale, nella quale il divario tra il minimo edittale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990 e il minimo edittale della fattispecie attenuata prevista dal quinto comma era di soli due anni, mentre il motivo della declaratoria di incostituzionalità era la irragionevolezza di un divario di quattro anni, introdotto alla normativa successiva. Inoltre ha ribadito che la declaratoria di illegittimità di una norma non può essere applicata a fatti commessi nella vigenza di una norma anteriore ad essa.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione di legge e il vizio della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod.proc. pen.
Il Tribunale ha emesso la decisione de plano, dichiarando l’inammissibilità della domanda, ma questa non era inammissibile, ed avrebbe dovuto essere esaminata nelle forme previste dall’art. 666 cod.proc. pen. La decisione de plano è consentita quando l’istanza è manifestamente infondata, perché meramente ripropositiva di altra istanza già respinta, o perché priva dei requisiti di legge, mentre l’istanza del ricorrente era completa di tali requisiti, e poneva una questione non ictu ocu/i infondata, bensì di natura controversa. La Corte di cassazione, infatti, con la sentenza n. 23726/2020 ha annullato un provvedimento emesso de plano che respingeva la richiesta di rivalutazione della pena alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 40/2019, come l’istanza in questione.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso denuncia l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen.
Il giudice dell’esecuzione ha negato l’applicabilità della declaratoria di incostituzionalità con un ragionamento manifestamente illogico. La sentenza n. 40/2019, infatti, ha ritenuto illegittimo il ‘minimo edittale pari ad otto anni reclusione e lo ha rideterminato in sei anni di reclusione, introducendo così una normativa più favorevole, che deve essere applicata anche al ricorrente, il quale è stato condannato sulla base di una normativa, sia pure precedente a quella dichiarata incostituzionale, che prevedeva ugualmente un minimo edittale pari a otto anni di reclusione. Nulla osta all’applicazione retroattiva di una norma più favorevole, conseguente ad una declaratoria di incostituzionalità, anche in applicazione degli artt. 2 cod.pen. e 3 Cost.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, che assorbe il secondo, è fondato e deve essere accolto.
L’art. 666, comma 2, cod.proc.pen., consente al giudice dell’esecuzione di dichiarare la manifesta infondatezza di una richiesta con decreto motivato, emesso de plano, senza fissare l’udienza ai sensi dell’art. 127 cod.proc.pen. La norma, però, limita tale procedura ai casi di una richiesta meramente reiterativa di una istanza già rigettata, o di una richiesta manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge, e la giurisprudenza di legittimità ne ha, da sempre, fornito una interpretazione restrittiva, a tutela dei diritti difensiv esercitabili in modo efficace solo in un’udienza svolta in contraddittorio.
E’ stato stabilito, infatti, che «Il potere presidenziale di dichiarare, ex art 666, comma secondo, cod. proc. pen., l’inammissibilità di una richiesta per manifesta infondatezza derivante dal difetto delle condizioni di legge, può essere esercitato soltanto quando tale difetto sia riscontrabile in ordine a requisiti che non implichino alcuna valutazione discrezionale, e quindi non in presenza di questione controversa» (Sez. 1, n. 2058 del 29/03/1996, Rv. 204688), e che «Il decreto di inannmissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso “de plano”, ai sensi dell’art. 666, comma secondo, cod. proc. peri., soltanto quando essa sia riscontrabile per difetto delle condizioni di legge e,, cioè, per vizio di legittimità e non per ragioni di merito» (Sez. 1, n. 6558 del 10/01/2013, Rv. 254887).
2.1. La richiesta avanzata dal ricorrente con l’incidente di esecuzione non può essere ritenuta manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge, dal momento che richiede una valutazione di merito, ed affronta una questione controversa.
In merito all’applicabilità della declaratoria di incostituzmonalità dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990, pronunciata dalla sentenza n. 40/2019 della Corte Costituzionale, ai fatti commessi sotto la vigenza della normativa precedente alla modifica introdotta dal d.l. n. 272 del 30/12/2005, ai quali è stata applicata, quindi, una norma che, come evidenziato nell’ordinanza impugnata, non presentava il profilo di incostituzionalità rilevato dalla predetta sentenza, si fronteggiano due opposti orientamenti di questa Corte.
Un secondo orientamento ritiene invece applicabile l’effetto caducatorio determinato dalla sentenza della Corte costituzionale anche alle sentenze emesse per reati già giudicati, commessi nella vigenza della normativa precedente a quella dichiarata incostituzionale, per le ragioni indicate dal ricorrente: «A seguito della sentenza Corte costituzionale n. 40 del 2019, dichiarativa della illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nella parte relativa al minimo edittale, fissato in anni otto di reclusione piuttosto che in anni sei, deve ritenersi illegale la pena inflitta sull base della cornice sanzionatoria previgente, anche con riferimento ai fatti commessi in epoca precedente al 30 dicembre 2005. (In motivazione, la Corte ha precisato che, pur trovando origine la predetta declaratoria di
Un primo orientamento esclude tale applicabilità, per i motivi esposti nell’ordinanza impugnata: la sentenza Sez. 3, n. 4185 del 19/10/2016, dep. 2017, Rv. 269068 ha stabilito che «La norma dichiarata incostituzionale, ove più favorevole, può continuare ad essere applicata, per il principio del “favor rei”, soltanto ai fatti commessi sotto la sua apparente vigenza, ma non anche ai fatti che siano stati commessi nella operatività della normativa precedente, dovendo escludersi che una norma costituzionalmente illegittima possa determinare un trattamento più favorevole anche con riferimento a fatti pregressi, posti in essere nel vigore della normativa più severa. (Fattispecie di cessione di stupefacenti, nella quale la S.C. ha ritenuto legittima la decisione del giudice territoriale di applicare il trattamento sanzionatorio più severo, previsto dal comma primo dell’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990 nella versione vigente all’epoca del fatto, commesso prima dell’entrata in vigore delle modifiche apportate dalla legge n. 49 del 2006, successivamente dichiarate incostituzionali con sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 12 febbraio 2014)» (vedi anche Sez. 4, n. 44808 del 26/09/2014, Rv. 260735; Sez. 4, n. 13903 del 28/02/2014, Rv. 261057) Corte di Cassazione – copia non ufficiale
illegittimità costituzionale nell’assetto sanzionatorio determinatosi per effetto della sentenza Corte cost. n. 32 del 2014, non risultano poste altre limitazioni o condizioni alla sua applicazione)» (Sez. 1, n. 20878 del 21/03/2023, Rv. 284715; Sez. 5, n. 27666 del 30/05/2019, Rv. 276520).
2.2. La presenza di due indirizzi giurisprudenziali così difformi, uno dei quali applica l’interpretazione normativa proposta dal ricorrente, dimostra la non manifesta infondatezza dell’istanza da questi avanzata, e la sussistenza di una questione controversa circa l’applicabilità o meno, alla condanna da lui riportata, della declaratoria di incostituzionalità pronunciata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 40/2019.
La declaratoria di manifesta infondatezza pronunciata de plano dal giudice dell’esecuzione deve, pertanto, essere dichiarata nulla, in base al principio secondo cui «Il provvedimento assunto d& giudice dell’esecuzione “de plano”, senza fissazione dell’udienza in camera di consiglio, fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, è affetto da nullità di ordine generale e a carattere assoluto, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e, se accertata in sede di legittimità, comporta l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata» (Sez. 1, n. 22282 del 23/06/2020, Rv. 279452).
Per le ragioni sopra esposte, il primo motivo di ricorso deve pertanto essere accolto, rimanendo assorbita la questione posta con il secondo motivo, e il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Genova per un nuovo esame dell’istanza, previa fissazione dell’udienza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 666 cod.proc.pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Genova per l’ulteriore corso.
Così deciso il 26 gennaio 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente