Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20107 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20107 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/02/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette:
la requisitoria scritta presentata ex art. 23, comma 8, – ex art. 23, comma 8, decreto- le 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con modif. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 – da Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
– le conclusioni rassegnate, ai sensi della stessa norma, dall’AVV_NOTAIO nell’interesse dell’imputato, nel corpo della propria memoria ha dedotto l’improcedibilità reati contestati ai capi A), B) e C) della rubrica e si è, altresì, riportato ai motivi di r
e)
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del giorno 22 maggio 2023 la Corte di appello di Bari ha confermato la pronuncia in data 23 giugno 2020 del Tribunale di Bari, che aveva affermato la responsabilità di NOME COGNOME (in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME) per i delitti aggravati di lesioni personali, minaccia e danneggiamento – commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso – e, ritenuta la recidiva reiterata ed infraquinquennale, lo aveva condannato alle pen di giustizia.
Avverso la sentenza di appello il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, articolando quattro motivi (di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, c 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo – richiamando l’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. stata denunciata la mancanza della motivazione sulla denunciata nullità della sentenza di primo grado, che avrebbe del tutto omesso di motivare sull’imputazione di danneggiamento di cui al capo C) della rubrica (art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.).
2.2. Con il secondo motivo è stato dedotta l’illogicità della motivazione posta alla bas della dichiarazione di responsabilità per i reati di lesioni personali e minaccia di cui ai cap B) (art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.). In particolare, quanto al primo reato, il Gi di appello, avrebbe ritenuto attendibili le dichiarazioni della persona offesa e quelle del t COGNOME, pur rilevando che quest’ultimo sarebbe stato «piuttosto reticente» e nonostante le incertezze da costoro palesate, rispettivamente nell’immediatezza e una settimana dopo il fatto, nel riconoscere nel COGNOME uno degli aggressori); quanto al secondo reato, ricorrerebbe il medesimo vizio, in quanto la Corte di merito avrebbe preso le mosse dal presupposto che a proferire le minacce sarebbero stati i medesimi responsabili delle lesioni personali.
2.3. Con il terzo motivo – sempre sub specie dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e richiamando quanto esposto nel primo motivo – è stata addotta la totale mancanza della motivazione sulla sussistenza del reato di danneggiamento.
2.4. Con il quarto motivo è stato addotta la mancanza di motivazione (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.) sulla sussistenza della recidiva in contestazione, atteso che sarebbero sufficienti al riguardo le precedenti condanne ma occorrerebbe un apprezzamento in concreto della pericolosità che nella specie non è stato compiuto.
Il difensore dell’imputato ha presentato memoria con la quale, oltre a insistere ne motivi di ricorso, ha chiesto la declaratoria di improcedibilità per mancanza della querela p tutti i delitti in contestazione, alla luce del mutato regime determinato dal d. Igs. 10 ot 2022, n. 150.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel complesso infondato e deve essere rigettato.
c/’
Deve, in primo luogo, aversi riguardo alla procedibilità dei reati in impugnazione, al luce di quanto rassegnato con la memoria difensiva.
La prospettazione di parte ricorrente è manifestamente infondata:
con riguardo al delitto di lesioni personali, poiché nella specie sono state contestate ritenute le aggravanti della commissione del fatto da più persone riunite, con armi e per fut motivi (art. 585, comma 1, cod. pen., anche in relazione agli artt. 577, comma 1, n. 4, e 61 comma 1, n. 1, cod. pen.);
con riguardo al delitto di minaccia, poiché è stata contestata e ritenuta l’ipot aggravata di cui all’art. 612, comma 2, cod. pen. (oltre che per la gravità del male ingiu prospettato) anche in ragione della perpetrazione di essa da parte di più persone riuniti, oss perché fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339 cod. pen.;
con riguardo al delitto di danneggiamento, poiché è stata contestata e ritenuta l’aggravante di aver commesso il fatto su una cosa esposta alla pubblica fede (art. 635, comma 2, n. 1, cod. pen., in relazione all’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen.);
ragion per cui tutti i delitti sono procedibili d’ufficio (cfr. art. 582, comma 2, a comma 3, e 635, comma 5, cod. pen., nel testo vigente all’atto della deliberazione della presente sentenza, anteriore al decreto legislativo 19 marzo 2024, n. 31, a sua volta in vigore dal 4 apri 2024).
Il primo motivo è inammissibile per la dirimente considerazione che non può essere ritualmente denunciato, con il ricorso per cassazione, il vizio di motivazione sulle questi processuali come la denunciata nullità della sentenza di primo grado (cfr. Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027 – 04 – 05).
Il secondo motivo è nel complesso infondato.
La Corte di merito:
ha ricostruito il fatto (per quel che rileva in relazione al motivo in esame, l’aggressi che ha prodotto le lesioni personali e l’agire minaccioso in contestazione) dalla deposizione dell persona offesa;
e, pur dando conto dell’incertezza nel riconoscere i rei palesata dallo stesso offeso (l cui dichiarazioni sono state ritenute dal Giudice di appello «lineari ed esenti da vizi logici», p quest’ultimo non compiutamente censurato dal ricorso, se non proponendone un alternativo apprezzamento, qui non consentito; cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 01), ha tratto la presenza del COGNOME tra i tre aggressori dalle dichiarazioni del teste COGNOME come esposto nella sentenza impugnata, non ha mostrato incertezza al riguardo (essendosi nell’occorso trovato «faccia a faccia» anche con il COGNOME) ma soltanto sul fatto che fosse ricorrente – dei tre soggetti che hanno agito in concorso – a tenere la bottiglia impiegata colpire la persona offesa;
in tal modo, la motivazione censurata ha in maniera non manifestamente illogica – e senza che sia stato denunciato il travisamento della prova – esposto le ragioni poste a sostegno della decisione, che non possono essere utilmente criticate neppure per il tramite di una diversa valutazione della deposizione del COGNOME che pure il ricorso finisce col perorare (cfr. Sez. 2, 46288/2016, cit.).
Il terzo motivo è inammissibile poiché del tutto generico: esso, oltre a richiamare primo motivo di ricorso (la cui irritualità è stata già evidenziata), ha unicamente asserito il d di motivazione sulla responsabilità dell’imputato per il delitto di danneggiamento, riportando passo della decisione impugnata (che ha espressamente attribuito al ricorrente anche tale delitto), senza argomentare compiutamente la censura addotta, non muovendo dunque un’effettiva critica alla sentenza di appello (cfr. artt. 581, comma 1, lett. d), e 591, comm lett. c), cod. proc. pen.).
Il quarto motivo è inammissibile: l’atto di appello era in parte qua privo della necessaria specificità e, perciò, inammissibile, poiché aveva chiesto di escludere la recidiva reiter infraquinquennale assumendo del tutto genericamente che, valutando la personalità dell’imputato e il suo certificato del casellario, emergesse l’episoclicità delle condot imputazione, senza illustrare effettivamente gli elementi addotti; e tale inammissibilità può essere rilevata (art. 591, comma 4, cod. proc. pen.).
Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 21/02/2024.