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Procedibilità d’ufficio: no estinzione del reato

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di non doversi procedere emessa da un tribunale di primo grado. L’imputato era accusato di aver turbato una funzione religiosa e danneggiato beni. Il tribunale aveva erroneamente dichiarato l’estinzione dei reati per remissione di querela, senza considerare che i reati contro le confessioni religiose hanno procedibilità d’ufficio. La Cassazione ha ribadito che per tali reati, l’azione penale prosegue indipendentemente dalla volontà della persona offesa, ordinando un nuovo processo.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Procedibilità d’ufficio e reati religiosi: la Cassazione fa chiarezza

Quando un reato si considera estinto se la vittima perdona l’aggressore? La risposta dipende dalla natura del reato stesso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione illumina un principio fondamentale del nostro ordinamento: la distinzione tra reati perseguibili a querela e quelli per cui vige la procedibilità d’ufficio. Quest’ultima categoria include reati considerati talmente gravi da ledere non solo la vittima, ma l’intera collettività, rendendo l’intervento dello Stato necessario e non negoziabile.

Il caso in esame riguarda un individuo accusato di aver turbato le funzioni di una comunità religiosa, molestando i fedeli, minacciando il pastore e danneggiando oggetti sacri. Nonostante la successiva remissione di querela, la Suprema Corte ha stabilito che il processo deve continuare.

I fatti del processo

Un soggetto era stato accusato di aver interrotto le funzioni religiose di una chiesa evangelica, molestando i presenti, insultando e minacciando il pastore. Inoltre, era imputato per aver danneggiato beni destinati all’esercizio del culto, come un radiatore elettrico e un orologio.

In primo grado, il Tribunale aveva dichiarato il non doversi procedere. La ragione? Il giudice aveva ritenuto che i reati fossero estinti a seguito della remissione tacita della querela, accettata dall’imputato. In pratica, avendo le parti trovato una forma di accordo o riconciliazione, il Tribunale aveva chiuso il caso.

L’errore del Tribunale e l’importanza della procedibilità d’ufficio

Il Procuratore Generale ha impugnato questa decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo un punto cruciale: i reati contestati, specificamente quelli di turbamento di funzioni religiose (artt. 404 e 405 del codice penale), non sono perseguibili a querela di parte, ma sono soggetti a procedibilità d’ufficio.

Questo significa che l’azione penale è obbligatoria e viene avviata e portata avanti dallo Stato, a prescindere dalla volontà della persona offesa. La querela, in questi casi, non è una condizione per procedere. Pertanto, la sua eventuale remissione è del tutto irrilevante ai fini dell’estinzione del reato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore, definendolo ammissibile e fondato. I giudici supremi hanno ribadito che le condizioni di procedibilità, come la querela, sono eccezioni al principio generale dell’obbligatorietà dell’azione penale e sono previste in modo tassativo dalla legge.

Per i reati di cui agli artt. 404 e 405 c.p., il legislatore ha scelto la procedibilità d’ufficio perché la condotta non lede solo il singolo fedele o la singola comunità religiosa, ma l’interesse pubblico al libero e pacifico esercizio del culto, un diritto costituzionalmente garantito. Di conseguenza, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel dichiarare estinti i reati sulla base della remissione di querela.

La Corte ha quindi annullato la sentenza impugnata, disponendo il rinvio del processo al Tribunale di primo grado, che dovrà celebrare un nuovo giudizio con un diverso collegio giudicante.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cardine del diritto penale: la distinzione tra l’interesse del singolo e quello della collettività. Mentre per reati minori la volontà della vittima può porre fine al procedimento penale, per quelli che offendono beni giuridici di rilevanza pubblica, come la libertà di culto, l’azione dello Stato è un dovere. La remissione della querela, pur essendo un gesto significativo sul piano personale, non può paralizzare la giustizia quando sono in gioco interessi superiori. La tutela delle confessioni religiose e del pacifico svolgimento dei loro riti è una questione di ordine pubblico che lo Stato persegue d’ufficio, garantendo così una protezione forte e incondizionata.

Perché la remissione della querela non ha estinto i reati nel caso di specie?
Perché i reati contestati, come il turbamento di funzioni religiose (artt. 404 e 405 c.p.), sono procedibili d’ufficio. Ciò significa che lo Stato persegue il colpevole indipendentemente dalla volontà della persona offesa, rendendo la querela e la sua eventuale remissione irrilevanti.

Qual è la differenza fondamentale tra reati procedibili a querela e quelli procedibili d’ufficio?
I reati procedibili a querela richiedono una specifica richiesta di punizione da parte della vittima (la querela) per avviare il processo. Quelli procedibili d’ufficio, invece, sono perseguiti direttamente dallo Stato tramite il Pubblico Ministero, poiché tutelano interessi considerati di rilevanza collettiva.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte ha annullato la sentenza di primo grado che dichiarava l’estinzione dei reati. Ha ordinato che si tenga un nuovo processo davanti al Tribunale, in diversa composizione, per giudicare nel merito le accuse, dato che l’azione penale doveva obbligatoriamente proseguire.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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