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Procedibilità d’ufficio furto: quando è necessaria?

La Corte di Cassazione, con la sentenza 26889/2024, affronta il tema della procedibilità d’ufficio furto. Il caso riguardava il furto di avifauna selvatica, dove la Procura non aveva contestato aggravanti idonee a procedere d’ufficio dopo la Riforma Cartabia. La Corte ha rigettato il ricorso del PM, affermando che il giudice non può considerare aggravanti non esplicitamente formulate nel capo d’imputazione, ribadendo il principio di corrispondenza tra accusa e sentenza.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Procedibilità d’ufficio furto: l’importanza della contestazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 26889 del 2024 offre un’importante lezione sulla procedibilità d’ufficio furto e sul rigore formale richiesto nel processo penale. Con questa decisione, la Suprema Corte ha ribadito un principio cardine: il giudice non può andare oltre quanto specificamente contestato dal Pubblico Ministero. La pronuncia analizza gli effetti della Riforma Cartabia sulla perseguibilità di alcuni reati, sottolineando come la scelta delle aggravanti da contestare influenzi direttamente l’esito del processo.

I Fatti del Caso: Il Furto di Avifauna Selvatica

Il caso trae origine da un procedimento penale a carico di un individuo accusato di furto aggravato. L’imputato si era appropriato di 43 esemplari di avifauna selvatica, considerata patrimonio indisponibile dello Stato, utilizzando trappole illegali e senza possedere una licenza di caccia. La Procura aveva contestato il reato di furto, aggravato dall’uso di mezzi fraudolenti e, in particolare, dall’esposizione a pubblica fede dei beni sottratti.

Il Tribunale di primo grado, tuttavia, aveva dichiarato il non doversi procedere per mancanza di querela. La ragione risiedeva nelle modifiche introdotte dal D.Lgs. 150/2022 (Riforma Cartabia), che per alcune ipotesi di furto aggravato, inclusa quella dell’esposizione a pubblica fede, ha trasformato la procedibilità da d’ufficio a querela di parte.

La Procedibilità d’ufficio furto nel ricorso del Procuratore

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha impugnato la decisione del Tribunale con un ricorso per saltum direttamente in Cassazione. La tesi dell’accusa era che, sebbene non esplicitamente menzionate, nei fatti descritti fossero ravvisabili altre aggravanti previste dall’art. 625, n. 7, c.p. (come la sottrazione di cose destinate a pubblico servizio o utilità). Queste diverse aggravanti, a differenza di quella contestata, avrebbero mantenuto la procedibilità d’ufficio furto, rendendo superflua la querela.

La Posizione della Cassazione: il Principio di Corrispondenza tra Accusa e Sentenza

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno chiarito che il processo penale è governato dal rigoroso principio di corrispondenza tra accusa e sentenza, sancito dall’art. 522 del codice di procedura penale. Questo principio garantisce il diritto di difesa dell’imputato, il quale deve potersi difendere solo ed esclusivamente dai fatti e dalle circostanze giuridiche che gli sono state formalmente contestate.

Nel caso di specie, il Pubblico Ministero aveva operato una scelta precisa e univoca, contestando solo l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede. Non è possibile, in una fase successiva, e men che meno in sede di legittimità, ‘scoprire’ o dedurre altre aggravanti dai fatti per superare un ostacolo procedurale come la mancanza di querela.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che, per contestare un’aggravante diversa o ulteriore, il Pubblico Ministero avrebbe dovuto seguire le procedure previste dagli articoli 516 e seguenti del codice di procedura penale durante il processo di merito. Tali procedure sono poste a garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa. Non avendolo fatto, l’imputazione è rimasta cristallizzata su una circostanza che, per effetto della nuova legge, non è più idonea a sostenere la procedibilità d’ufficio.

La sentenza sottolinea che il capo d’imputazione non è un mero esercizio formale, ma definisce l’ambito del giudizio. Qualsiasi modifica deve avvenire nel rispetto delle forme e delle garanzie processuali. Tentare di ‘recuperare’ la procedibilità d’ufficio in Cassazione, ipotizzando aggravanti mai contestate, costituisce una violazione di tali principi fondamentali.

Conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce con forza l’importanza della precisione nella formulazione del capo d’imputazione. Le scelte operate dalla pubblica accusa all’inizio del processo hanno conseguenze determinanti, che non possono essere corrette a posteriori. Questa sentenza serve da monito: la procedibilità di un reato dipende strettamente dalle circostanze giuridiche formalmente contestate e non da quelle meramente desumibili in fatto. Il rispetto delle forme processuali e del diritto di difesa prevale sulla possibilità di perseguire un reato quando l’accusa non ha correttamente impostato l’azione penale fin dall’origine.

Dopo la Riforma Cartabia, il furto aggravato è sempre procedibile d’ufficio?
No. La sentenza chiarisce che la procedibilità dipende dalle specifiche aggravanti contestate. Alcune, come quella dell’esposizione a pubblica fede, a seguito della riforma non rendono più il reato procedibile d’ufficio ma richiedono la querela della persona offesa.

Un giudice può considerare un’aggravante non esplicitamente menzionata nel capo d’imputazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che ciò violerebbe il principio di corrispondenza tra accusa e sentenza. Se la pubblica accusa intende contestare un’aggravante diversa o ulteriore, deve modificare formalmente l’imputazione durante il processo, seguendo le procedure previste dal codice a tutela del diritto di difesa.

Cosa significa ‘principio di corrispondenza tra accusa e sentenza’?
È un principio fondamentale del processo penale secondo cui l’imputato può essere giudicato e condannato solo per i fatti e le circostanze giuridiche (incluse le aggravanti) che gli sono state formalmente contestate nel capo d’imputazione. Questo garantisce il suo pieno diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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