Procedibilità d’Ufficio Furto Aggravato: La Cassazione Fa Chiarezza
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta su un caso di furto aggravato, fornendo un’importante precisazione sulla procedibilità d’ufficio furto. La decisione sottolinea come, in presenza di specifiche aggravanti, la querela della persona offesa non sia una condizione necessaria per l’esercizio dell’azione penale. Analizziamo insieme questa pronuncia per comprenderne i dettagli e le implicazioni pratiche.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna per il reato di furto, aggravato ai sensi dell’articolo 625, numeri 2 e 7, del codice penale. La sentenza, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, vedeva un imputato condannato per essersi impossessato di beni destinati a pubblico servizio. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due principali motivi.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
L’imputato ha contestato la sentenza d’appello deducendo:
1.  Violazione di legge in relazione alla presunta mancanza della querela, ritenuta una condizione di procedibilità indispensabile.
2.  Violazione di legge e vizio di motivazione riguardo alla dosimetria della pena, ovvero alla quantificazione della sanzione inflitta.
La difesa sosteneva, in sostanza, che il processo non avrebbe dovuto nemmeno iniziare in assenza di una formale manifestazione di volontà da parte della vittima.
Le Motivazioni della Cassazione sulla Procedibilità d’Ufficio Furto
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando punto per punto le argomentazioni della difesa. Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno evidenziato come la tesi fosse in “palese contrasto con il dato normativo”.
Il punto cruciale della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 624 del codice penale. L’ultimo comma di tale articolo stabilisce chiaramente che si procede d’ufficio se il furto è aggravato dalla circostanza prevista dall’articolo 625, numero 7, ovvero quando il fatto è commesso su “cose destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza”.
Poiché nel caso di specie il furto era stato commesso proprio su beni con tale destinazione, la procedibilità d’ufficio furto era automaticamente applicabile. La querela, pertanto, non era affatto necessaria. La Corte ha rafforzato questa interpretazione richiamando precedenti giurisprudenziali conformi.
La Genericità del Secondo Motivo di Ricorso
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla dosimetria della pena, è stato giudicato inammissibile, ma per una ragione differente: la sua assoluta genericità. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: l’atto di impugnazione non può limitarsi a una critica astratta, ma deve confrontarsi specificamente con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. 
Nel caso in esame, l’imputato non ha sviluppato una critica puntuale e correlata alla motivazione della Corte d’Appello, limitandosi a una doglianza generica. Questo vizio, definito di “aspecificità”, impedisce al giudice di legittimità di valutare nel merito la questione, portando inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un principio giuridico di notevole importanza pratica: la procedibilità d’ufficio furto scatta automaticamente quando il reato riguarda beni destinati a un servizio pubblico. Questa regola tutela l’interesse della collettività, che viene leso da tali reati, svincolando l’azione penale dalla volontà della singola persona offesa (spesso un ente pubblico). 
Inoltre, la decisione serve da monito sulla necessità di redigere ricorsi specifici e ben argomentati. La genericità dei motivi è un vizio fatale che conduce all’inammissibilità dell’impugnazione, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
 
Quando il furto è procedibile d’ufficio e non richiede la querela della vittima?
Secondo la Corte, il furto è procedibile d’ufficio quando è aggravato dalla circostanza di essere commesso su cose destinate a pubblico servizio o pubblica utilità, come previsto dall’ultimo comma dell’art. 624 c.p. in relazione all’art. 625, n. 7, c.p.
Perché il ricorso per Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il primo motivo era in palese contrasto con la legge, mentre il secondo motivo, relativo alla quantificazione della pena, era del tutto generico e non si confrontava specificamente con la motivazione della sentenza impugnata.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro, in questo caso quantificata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35378 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 35378  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COLORISI NOME NOME a ROGHUDI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/05/2025 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermat la sentenza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria in che aveva condanNOME COGNOME NOME NOME il reato di cui agli articoli 624 e 625 nn. 2 e 7 cod. pen.
Ricorre per Cassazione l’imputato deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata verifica circa la sussistenza della querela quale condizione procedibilità; violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla dosimetria pena.
 Il ricorso è inammissibile.
Quanto al primo motivo, la tesi prospettata risulta in palese contrasto con il normativo. In particolare, l’ultimo comma dell’art. 624 cod. pen. prevede la procedibi d’ufficio, nonostante le modifiche normative, qualora il furto sia aggravato d circostanza di cui all’art. 625, n. 7 per essere commesso su cosa destinata a pubbli servizio, COGNOME così COGNOME come COGNOME contestato COGNOME nel COGNOME caso COGNOME di COGNOME specie (cfr. Sez. 5 – , n. 35873 del 23/05/2024, COGNOME Rv. 286943 COGNOME 01; Sez. 5 – , n. 37142 del 12/06/2024 Rv. 287060 – 01).
Il secondo motivo è del tutto generico, non confrontandosi con la motivazione dell sentenza impugnata. Va allora rammentato che l’impugnazione è inammissibile per genericità dei motivi se manca ogni indicazione della correlazione tra le ragi argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità (Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Rv. 23694 Scicchitano; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, Rv. 268822, COGNOME). Va comunque ricordato che il rilievo di una causa di proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc richiede l’evidenza, nel caso di specie certamente insussistente ( ex multis, Sez. 6, n. 23836 del 14/05/2013 Ud. (dep. 31/05/2013 ) Rv. 256130 – 01).
 Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma in data 30 settembre 2025.