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Procedibilità d’ufficio: contestazione tardiva salva?

Analisi di una sentenza della Cassazione sulla procedibilità d’ufficio. Il PM può contestare un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio anche dopo la scadenza del termine per la querela, evitando l’improcedibilità del processo. Il caso riguardava un furto di energia elettrica.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Procedibilità d’ufficio: il PM può modificare l’accusa per ‘salvare’ il processo?

La recente Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022) ha modificato il regime di procedibilità per numerosi reati, trasformandoli da procedibili d’ufficio a procedibili a querela. Questa modifica ha sollevato complesse questioni applicative nei processi già in corso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 33682/2024) affronta un caso emblematico, chiarendo i poteri del Pubblico Ministero di modificare l’imputazione per garantire la procedibilità d’ufficio anche dopo la scadenza dei termini per la presentazione della querela.

I Fatti del Caso

Il caso riguardava un’imputata accusata di furto aggravato di energia elettrica, commesso con mezzo fraudolento. Durante il processo, è entrata in vigore la Riforma Cartabia, che ha reso il reato di furto semplice (art. 624 c.p.) procedibile a querela della persona offesa. La nuova legge prevedeva un termine per la persona offesa per presentare la querela nei procedimenti pendenti.

Nel caso specifico, la società erogatrice dell’energia elettrica non ha sporto querela entro il termine previsto. Per evitare una declaratoria di improcedibilità, il Pubblico Ministero, in un’udienza successiva alla scadenza di tale termine, ha modificato l’imputazione. Ha aggiunto la circostanza aggravante di aver commesso il furto su cose destinate a pubblico servizio (art. 625, comma 1, n. 7 c.p.), un’aggravante che rende il furto procedibile d’ufficio.

Nonostante questa modifica, il Tribunale di primo grado ha dichiarato il non doversi procedere per mancanza di querela, ritenendo che il potere del PM di modificare l’accusa non potesse ‘sanare’ la mancanza ormai consolidata della condizione di procedibilità. Il Procuratore ha quindi presentato ricorso per cassazione.

La Procedibilità d’ufficio e la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore, annullando la sentenza del Tribunale e rinviando il caso alla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale: il potere del Pubblico Ministero di contestare una circostanza aggravante che determina la procedibilità d’ufficio non è precluso dalla scadenza del termine per proporre la querela.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nella distinzione logica e cronologica tra due istituti: la contestazione suppletiva dell’accusa (art. 517 c.p.p.) e la declaratoria di una causa di non punibilità (art. 129 c.p.p.).

La Corte ha chiarito che l’improcedibilità per mancanza di querela è una causa di non punibilità che va valutata al momento in cui il giudice deve pronunciarsi. A differenza dell’estinzione del reato (come la prescrizione), che ‘spegne’ il reato nella sua dimensione sostanziale, l’improcedibilità è una condizione processuale. Pertanto, se al momento della decisione l’imputazione è stata legittimamente modificata includendo un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio, la condizione di procedibilità sussiste e il processo deve continuare.

Il potere del Pubblico Ministero di modificare l’imputazione in dibattimento per adeguarla alle risultanze istruttorie è un potere/dovere che non incontra limitazioni temporali, se non quelle del dibattimento stesso. La scadenza del termine per la querela, relativa alla originaria e meno grave imputazione, non può impedire l’esercizio di tale potere. Di conseguenza, il giudice, prima di dichiarare l’improcedibilità, deve prendere atto della nuova contestazione e verificare se, sulla base di essa, il reato è perseguibile d’ufficio.

Conclusioni

Questa sentenza rafforza il principio secondo cui il processo penale deve tendere all’accertamento della verità materiale. Il potere del Pubblico Ministero di adeguare l’accusa ai fatti emersi nel dibattimento è essenziale per questo scopo. La pronuncia chiarisce che le modifiche legislative sul regime di procedibilità non possono paralizzare l’azione penale quando i fatti, nella loro completezza, configurano un reato per cui lo Stato ha l’obbligo di procedere. Viene così garantita la coerenza del sistema, permettendo al processo di proseguire verso una decisione di merito quando emerge una circostanza aggravante che giustifica la procedibilità d’ufficio.

Se un reato diventa procedibile a querela durante il processo, cosa succede?
La legge concede alla persona offesa un termine per presentare la querela. Se la querela non viene presentata entro tale termine, il processo si conclude con una sentenza di non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità.

Il Pubblico Ministero può aggiungere un’aggravante per rendere il reato procedibile d’ufficio dopo la scadenza del termine per la querela?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il Pubblico Ministero può modificare l’imputazione contestando un’aggravante emersa in dibattimento che rende il reato procedibile d’ufficio. Questa modifica è valida anche se interviene dopo la scadenza del termine per la proposizione della querela relativa all’originaria imputazione.

Qual è la differenza tra improcedibilità ed estinzione del reato secondo la Corte?
L’estinzione del reato (es. prescrizione) è una causa sostanziale che fa venir meno il reato stesso. L’improcedibilità, invece, è una condizione processuale che impedisce al giudice di procedere. La sua sussistenza deve essere valutata al momento della decisione, tenendo conto di tutti i fatti sopravvenuti, inclusa una modifica dell’imputazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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