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Procedibilità d’ufficio: contestazione e aggravanti

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che dichiarava improcedibile un reato di furto d’acqua per mancanza di querela. La Corte ha stabilito che la contestazione di un’aggravante da parte del PM, volta a ripristinare la procedibilità d’ufficio, è legittima anche se avvenuta dopo la scadenza del termine per la querela introdotto da una nuova legge, qualora il PM non abbia avuto la possibilità processuale di agire prima. Tale interpretazione tutela il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Procedibilità d’ufficio: la Cassazione fa chiarezza sulla contestazione tardiva

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un’importante questione procedurale sorta a seguito della Riforma Cartabia, chiarendo i poteri del Pubblico Ministero nel modificare un’imputazione per garantire la procedibilità d’ufficio di un reato. Il caso riguardava un furto aggravato d’acqua, il cui regime di procedibilità era stato modificato dalla nuova normativa, passando da procedibile d’ufficio a procedibile a querela di parte. La Corte ha stabilito che la contestazione di un’aggravante, idonea a ripristinare la procedibilità d’ufficio, è valida anche se effettuata dopo la scadenza del termine per presentare la querela, qualora il PM non abbia avuto prima la concreta possibilità di intervenire.

I fatti del caso

Un individuo veniva citato a giudizio per il reato di furto aggravato di acqua. Durante il processo, entrava in vigore il D.Lgs. n. 150/2022 (Riforma Cartabia), che modificava l’articolo 624 del codice penale, rendendo il furto semplice un reato procedibile a querela. La nuova legge prevedeva un termine transitorio per le persone offese per presentare querela per i reati commessi prima dell’entrata in vigore.

Nel caso specifico, alla prima udienza utile successiva all’entrata in vigore della riforma e alla scadenza del termine per la querela, il Pubblico Ministero procedeva a una contestazione suppletiva ai sensi dell’art. 517 c.p.p. Aggiungeva all’imputazione l’aggravante della destinazione del bene (l’acqua) a un pubblico servizio. Tale aggravante avrebbe reso il reato nuovamente procedibile d’ufficio, superando così la necessità della querela, che nel frattempo non era stata presentata.

La decisione del Tribunale e le ragioni del ricorso

Il Tribunale di primo grado dichiarava il non doversi procedere per difetto di querela. Il giudice riteneva ‘tardiva’ la contestazione dell’aggravante da parte del PM, in quanto effettuata dopo la scadenza del termine per la presentazione della querela. Secondo il Tribunale, la causa di improcedibilità si era ormai consolidata e non poteva essere rimossa da un atto successivo del PM.

Contro questa decisione, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello proponeva ricorso diretto in Cassazione (per saltum), lamentando una violazione di legge. Il ricorrente sosteneva che il Tribunale avesse errato, poiché il PM non aveva avuto alcuna udienza o possibilità processuale di modificare l’imputazione prima della scadenza del termine per la querela. Negare l’efficacia della contestazione suppletiva, effettuata alla prima occasione utile, rappresentava un’interpretazione irragionevole e in contrasto con il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sulla procedibilità d’ufficio

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno sottolineato che, a causa del calendario processuale, il PM si era trovato nell’oggettiva impossibilità di agire prima della scadenza del termine per la querela (30 marzo 2023), essendo la prima udienza fissata per il 5 luglio 2023.

Secondo la Corte, interpretare la situazione in modo da far prevalere la causa di improcedibilità sopravvenuta sulla legittima iniziativa del PM sarebbe irragionevolmente discriminatorio. Una tale lettura finirebbe per penalizzare l’accusa senza sua colpa, violando il dovere costituzionale di esercitare l’azione penale. La Suprema Corte ha affermato che, in casi di improcedibilità sopravvenuta, il potere di contestazione suppletiva del PM riacquista un ruolo fondamentale per valorizzare il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale.

La contestazione dell’aggravante, anche se avvenuta dopo il termine per la querela, era quindi un atto legittimo e tempestivo, in quanto compiuto alla prima occasione processuale disponibile. Di conseguenza, il Tribunale aveva errato nel dichiarare il reato improcedibile.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio. Questa decisione stabilisce un principio di diritto cruciale: la modifica legislativa del regime di procedibilità non può paralizzare l’azione penale quando il Pubblico Ministero, per ragioni oggettive e non a lui imputabili, non ha potuto adeguare l’imputazione tempestivamente. La contestazione di un’aggravante per ripristinare la procedibilità d’ufficio è uno strumento essenziale per garantire l’esercizio dell’azione penale e non può essere vanificata da una lettura formalistica delle norme transitorie.

Cosa succede se una legge rende un reato procedibile a querela mentre il processo è in corso?
La nuova legge si applica anche ai processi in corso. Viene fissato un termine entro il quale la persona offesa deve presentare la querela. Se la querela non viene presentata entro tale termine, il reato diventa improcedibile.

Il Pubblico Ministero può aggiungere un’aggravante per ripristinare la procedibilità d’ufficio dopo la scadenza del termine per la querela?
Sì, secondo la sentenza in esame. La Corte di Cassazione ha stabilito che è legittimo se il Pubblico Ministero non ha avuto alcuna possibilità processuale di effettuare la contestazione prima della scadenza. L’atto deve essere compiuto alla prima occasione utile.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale?
La Corte ha ritenuto che la decisione del Tribunale fosse frutto di un’interpretazione ‘irragionevolmente discriminatoria’. Impedire al PM di esercitare il suo potere di contestazione alla prima occasione utile, a causa di scadenze processuali non dipendenti da lui, violerebbe il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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