Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8345 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8345 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CATANIA
nel procedimento a carico dì:
COGNOME NOME nato a SIRACUSA il 24/06/1976
avverso la sentenza del 26/01/2024 del TRIBUNALE di SIRACUSA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
raj il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
che ha concluso chiedendo
udito iL4ìfensore
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 26.1.2024 il Tribunale di Siracusa ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato a lei ascritto di cui agli artt. 624, 625 comma 1 n. 2 cod. pen., rilevando che l’azione penale non dovesse essere proseguita per difetto della condizione di procedibilità.
2.Avverso la suindicata sentenza, ricorre per saltum in cassazione, il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catania, deducendo, con l’unico motivo articolato, l’erronea applicazione degli articoli 516 e ss. cod. proc. pen. per avere, il giudice, nonostante la contestazione da parte del P.M. dell’aggravante di cui all’art. 625 comma 1 n. 7 cod. pen. – per essere stato il fuo di energia elettrica commesso su bene destinato a pubblico servizio – dichiarato l’improcedibilità per difetto di querela ritenendo inammissibile per tardività tale contestazione elevata dopo il decorso dei 90 giorni previsto per presentare querela dall’art. 85 d.lgs. n. 150/2022. Rappresenta che il giudice non può sindacare l’esercizio di una facoltà che la legge attribuisce unicamente al Pubblico Ministero, quale è quella di modifica dell’imputazione.
Indi insta per l’annullamento della sentenza impugnata.
Il ricorso è stato trattato – ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d. I. n. 13 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, che continua ad applicarsi, in virtù del comma secondo dell’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 11, comma 7, d. I. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla I. del 23.2.2024 n. 18, per le impugnazioni proposte sino al 30.6.2024 – senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo annullarsi, con rinvio, la sentenza impugnata;
il difensore dell’imputata ha inviato una memoria con cui si chiede la conferma della sentenza impugnata, evidenziando, da un lato, la natura valutativa della circostanza aggravante in argomento e, dall’altro, l’obbligo di immediata declaratoria dell’improcedibilità per difetto di querela imposto dall’art. 129 del codice di rito che inibirebbe la contestazione suppletiva del P.M.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
Il reato risulta procedibile d’ufficio perché l’aggravante di avere commesso il fatto su bene destinato a pubblico servizio o pubblica utilità è stata tempestivamente contestata da parte del P.M.
2. A seguito della modifica dell’art. 624, comma 3, cod, pen., intervenuta per effetto dell’art. 2, comma 1, lett, i), d.lgs. 10 ottobre 2022 n.150, in vigore dal 30 dicembre 2022, il delitto di furto anche se aggravato o pluriaggravato ai sensi dell’art. 625 cod. pen. (prima procedibile di ufficio) è divenuto punibile a querela della persona offesa, tranne che nei seguenti casi: se la persona offesa è incapace, per età o per infermità; se ricorre taluna delle circostanze di cui all’art. 625, numero 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede (il reato è, quindi, procedibile di ufficio anche quando il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza); se ricorre taluna delle circostanze di cui all’art. 625, numero 7-bis.
In relazione ai fatti commessi prima della data di entrata in vigore della suddetta modifica legislativa, l’art. 85 del d.lgs. n. 150 del 2022 ha stabilito che il termine per la presentazione della querela (pari a tre mesi ex art. 124, primo comma, cod. pen.) decorre dalla predetta data (30 dicembre 2022), se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato.
La novità normativa riguardante il regime di procedibilità trova, dunque, applicazione anche in ordine a fatti commessi prima del 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore del d.lgs. 150 cit., e quindi anche in relazione al reato oggetto del presente procedimento accertato in data 18.5.2020.
3.Venendo al caso in esame, si deve premettere che il Collegio aderisce alla giurisprudenza, nettamente prevalente, secondo cui ha natura “valutativa” e non “autoevidente” la circostanza aggravante dell’essere il bene, oggetto di furto, destinato a pubblico servizio; con la precisazione, però, che essa possa ritenersi contestata anche quando si faccia rìcorso a perifrasi che, di quella destinazione, siano univoca esemplificazione (così, tra tante, Sez. 5, n. 14890 del 14/03/2024, Rv. 286291 – 01, COGNOME, che ha argomentato alla stregua dei principi indicati da Sezioni Unite Sorge, n. 24906 del 18/04/2019; e più di recente ).
Come ha già avuto modo di affermare questa Corte, la destinazione a pubblico servizio del bene-energia, oggetto di furto, non è un connotato intrinseco del bene medesimo, posto che, per essere affermata o negata, richiede una complessa valutazione da parte dell’interprete, riguardante anche norme extra-penali. Ciò che determina la punizione più grave è, infatti, la dimensione pubblica e collettiva dell’interesse eventualmente attinto nel caso concreto, tale da indurre il legislatore
del 2022 a non estendere anche a tale ipotesi il novellato regime di procedibilità a querela di parte.
Tuttavia, accanto alla contestazione formale della aggravante, può ritenersi consentita anche una tipologia di contestazione non formale che però deve essere congeniata in maniera da rendere manifesto all’imputato che dovrà difendersi dalla accusa di avere sottratto un bene posto al servizio di un interesse della intera collettività e diretto a vantaggio della stessa.
Nella fattispecie, il Pubblico ministero ha esercitato l’azione penale per un fatto così in origine descritto nel capo di imputazione: «del reato p. e. p dagli artt. 624 e 625 comma 1 n. 2 cod. perì. perché, quale intestataria ed effettiva fruitrice dell’utenza elettrica relativa all’immobile sito in Palazzolo Acre/de in INDIRIZZO, al fine di trarne profitto, si impossessava di un quantitativo di energia elettrica, per un importo non inferiore ad euro 2.251,77, sottraendola all’Enel, mediante manomissione della calotta del contatore, con rottura di tre tenoni posteriori di trattenuta ed intervento sul circuito amperometrico, in modo tale da ridurre la registrazione dei consumi nella misura del 66 77% »,
Sicché non ricorrono i presupposti per ritenersi l’aggravante in parola, nella fattispecie, già, nella sostanza, contestata in via non formale.
Ciò nondimeno va rilevato che il Pubblico ministero, alla prima udienza utile che nel caso di specie è da individuare in quella del 10.3.2023, ricadente in data antecedente a quella ultima fissata dal legislatore per la presentazione della querela da parte della persona offesa, coincidente con il 30.3.2024, decorrendo il termine per la presentazione della querela dall’entrata in vigore della Riforma Cartabia intervenuta il 30.12.2023 – ha contestato l’aggravante di essere stato il fatto commesso su bene destinato a pubblico servizio o pubblica utilità.
Sicché il Tribunale non poteva addivenire a declaratoria di improcedibilità per difetto della querela, quale, sopravvenuta, condizione di procedibilità, ritenendo in buona sostanza che la contestazione del P.M. non potesse spiegare, per tardività, i propri effetti, essendo questi inibiti dalla ormai sopravvenuta causa di improcedibilità del reato; che, nell’ottica del Tribunale, dovendo per legge – ex art. 129 cod. proc. pen. – essere rilevata immediatamente dal giudice, non consentirebbe la prosecuzione del processo con la contestazione suppletiva; laddove, peraltro, nel caso dì specie, all’atto della contestazione dell’aggravante, non era neppure ancora decorso il termine per presentare la querela stabilito dall’art. 85 cit.; circostanza questa rimasta del tutto ignorata nella pronuncia impugnata.
4.1. Il Collegio, innanzitutto, non condivide l’impostazione del Tribunale, ritenendo, nel solco già delineato da Sez. 5, n. 14891 del 14/03/2024, Buonarío e
ripreso ampiamente da Sez. 5, n. 37142 del 12/06/2024, Rv. 28706002 – oltre che da numerose altre pronunce di analogo tenore, tra le quali, di recente, Sez. 4, n. 41716 del 23/10/2024, Rv. 287037 – 01, che ha a sua volta richiamato Sez. 5, n. 17532 del 11/04/2024, Rv. 286448 – 01 – che la questione, in linea generale, debba essere risolta attraverso una lettura coordinata degli artt. 129 e 517 cod. proc. pen., che tenga conto anche delle particolarità – soprattutto in relazione all’esercizio dei poteri del Pubblico ministero – che si sono venute a delineare a seguito della disciplina transitoria posta dall’art. 85 del d.lgs. n. 150 del 2022. La questione deve essere analizzata sotto il profilo della ratio sottesa alle disposizioni di cui agli artt. 516 e ss. cod, proc., pur col dovuto coordinamento di tali norme con l’art. 129 cod. proc. pen., che impone al giudice di pronunciare immediatamente il proscioglimento dell’imputato quando manca una condizione di procedibilità, e con l’art. 85 d.lgs. n. 150 del 2022, che ha posto una disciplina transitoria in ordine alla presentazione della querela per i reati per i quali la riforma Cartabia ha modificato il regime di procedibilità.
Alla luce dei principi affermati dalla richiamata giurisprudenza di questa Quinta Sezione Penale, seguita di recente anche dalla Quarta Sezione, e dell’approfondita analisi, ivi contenuta, del quadro normativo e giurisprudenziale sotteso alla soluzione della questione che, di fondo, permea il ricorso, deve in particolare affermarsi, per quanto di rilievo nel caso specifico, che va riconosciuto al pubblico ministero il potere processuale di modificare l’imputazione, analogamente a quanto previsto per la persona offesa dal reato, cui il legislatore ha riservato un termine per la proposizione della querela dopo il mutamento del regime di procedibilità. Ciò perché va tutelata, in adesione ai principi costituzionali previsti dagli artt. 3, 111, comma 2, e 112 Cost., anche la posizione processuale della pubblica accusa, la quale si sia trovata nella situazione di non aver contestato sin dall’origine tutte le circostanze aggravanti caratterizzanti il delitto di furto, per qualsiasi ragione. “Anzi, la mancata proposizione di un termine analogo per il pubblico ministero – lungi da costituire un argomento di una volontà legislativa che puntava ad impedire un epilogo di modifica della contestazione – si collega coerentemente con la previsione, nel nostro sistema processuale, di un mezzo ordinario (ed eventuale, collegato alla scelta, ancora una volta, dell’ufficio di Procura) di ripristino della situazione di procedìbilità di un reato, qualora sussistano le condizioni di legge e quelle della fattispecie concreta. Tale mezzo è la contestazione suppletiva della circostanza aggravante che renda il reato procedibile d’ufficio alla prima occasione utile, da intendersi, quando il processo è già in corso – come nel caso di specie ed in quelli decisi dalle sentenze cui il Collegio intende adeguarsi – alla prima udienza utile” (in tali termini testuali, Sez. 5 n. 37142 del 12/06/2024 cit., in motivazione). E sul
punto – come hanno osservato le sentenze espressione dell’orientamento cui si aderisce – sarebbe irragionevole far dipendere la procedibilità del delitto dalla fissazione, o meno, di un’udienza utile alla contestazione suppletiva prima della data del 30 marzo 2023.
4.2. Sicché deve concludersi che, essendo la contestazione suppletiva intervenuta nel caso di specie alla prima udienza utile del 10.3.2023, antecedente al termine di scadenza, del 30.3.2023, per la proposizione della querela da parte della persona offesa, a maggior ragione il giudice di primo grado non avrebbe potuto ragionare nei termini sopra indicati. Non risultando ancora spirato, al momento della contestazione suppletiva, il termine per presentare la querela assegnato dal legislatore della riforma alla persona offesa non poteva ritenersi già venuta ad esistenza la causa di improcedibilità e quindi inibito al Pubblico Ministero il potere-dovere di procedere alla contestazione suppletiva. Né potrebbe assumere rilievo la circostanza che la querela della persona offesa non sia intervenuta neppure in seguito entro il termine stabilito, dal momento che intanto era stata tempestivamente contestata l’aggravante in parola che aveva determinato la procedibilità di ufficio del reato. Tale diverso regime di procedibilità aveva reso di fatto, e di diritto, irrilevante la mancata presentazione della querela da parte della persona offesa che quindi il giudice non avrebbe potuto in alcun modo rilevare dichiarando l’improcedibilità – sopravvenuta – dell’azione penale.
5.Per le ragioni esposte, la contestazione suppletiva ha reso il reato procedibile di ufficio e, conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio, che va disposto, versandosi nel caso di ricorso per saltum, nei confronti della Corte di appello di Catania, risultando adempiute le formalità conseguenti alla contestazione suppletiva di cui all’art. 520 del codice di rito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte dì appello di Catania, per il giudizio di appello.
Così deciso il 19/12/2024.