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Procedibilità d’ufficio: Cassazione sul furto aggravato

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di non doversi procedere per furto di energia elettrica, chiarendo la questione della procedibilità d’ufficio. La Suprema Corte ha stabilito che la contestazione di un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio, effettuata dal Pubblico Ministero alla prima udienza utile e prima della scadenza del termine per la querela, è valida e impedisce la declaratoria di improcedibilità.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Procedibilità d’ufficio: La Cassazione e il potere del PM dopo la Riforma Cartabia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8345/2025) ha fornito un chiarimento cruciale sulla procedibilità d’ufficio per il reato di furto aggravato, specialmente alla luce delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia. La decisione si concentra sul potere del Pubblico Ministero di modificare l’imputazione in corso di causa e sugli effetti di tale modifica sulla necessità della querela di parte. Analizziamo insieme i fatti, il percorso giuridico e le conclusioni della Suprema Corte.

I fatti del caso: furto di energia e la questione della querela

Il caso ha origine da un’accusa di furto di energia elettrica. L’imputata era accusata di essersi impossessata di energia sottraendola alla società erogatrice tramite la manomissione del contatore. Inizialmente, il reato era stato qualificato come furto aggravato ai sensi dell’art. 625, comma 1, n. 2 del codice penale (violenza sulle cose).

Con l’entrata in vigore della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), il delitto di furto, anche se aggravato, è diventato procedibile a querela della persona offesa, salvo specifiche eccezioni. Nel caso di specie, la querela non era stata presentata. Il Tribunale di primo grado, rilevando la mancanza di questa condizione di procedibilità, aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell’imputata.

Contro questa decisione, il Procuratore Generale ha proposto ricorso per saltum direttamente in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato. Il Pubblico Ministero, infatti, nel corso della prima udienza utile, aveva proceduto a una contestazione suppletiva, aggiungendo l’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 7 c.p., ovvero l’aver commesso il fatto su un bene destinato a pubblico servizio. Questa specifica aggravante rende il reato procedibile d’ufficio, vanificando la necessità della querela.

La Procedibilità d’Ufficio e la Modifica dell’Imputazione

Il cuore della questione giuridica risiedeva nel determinare se la contestazione suppletiva del P.M. fosse tardiva e, quindi, inefficace. Il Tribunale aveva ritenuto che, essendo già maturata la causa di improcedibilità (mancanza di querela entro i termini transitori), il P.M. non potesse più ‘sanare’ la situazione modificando l’accusa.

La Corte di Cassazione ha ribaltato questa interpretazione. I giudici supremi hanno affermato il pieno diritto del Pubblico Ministero di esercitare i poteri conferitigli dal codice di procedura penale (artt. 516 e ss.), inclusa la modifica dell’imputazione, fino a quando il processo è in corso.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sulla base di una lettura coordinata delle norme processuali e della disciplina transitoria della Riforma Cartabia. Innanzitutto, è stato chiarito che il potere del P.M. di modificare l’imputazione è un principio cardine del nostro sistema processuale, volto a garantire che l’accusa rispecchi pienamente i fatti emersi nel dibattimento.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato un aspetto temporale decisivo: la contestazione suppletiva dell’aggravante che assicura la procedibilità d’ufficio è avvenuta alla prima udienza utile, in una data antecedente alla scadenza del termine ultimo concesso dalla normativa transitoria (art. 85 D.Lgs. 150/2022) per la presentazione della querela. Pertanto, al momento della modifica dell’imputazione, non si era ancora consolidata alcuna causa di improcedibilità. Il Tribunale, di conseguenza, non avrebbe dovuto dichiarare il non doversi procedere, ma consentire al processo di proseguire sulla base della nuova e più grave accusa, per la quale la querela non era necessaria.

La Cassazione ha evidenziato che sarebbe irragionevole far dipendere la procedibilità di un reato dalla mera casualità della fissazione di un’udienza prima o dopo la scadenza del termine per la querela. Il P.M. deve avere la possibilità di adeguare l’accusa alla prima occasione processuale utile.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del Tribunale con rinvio alla Corte d’Appello di Catania. La decisione stabilisce un principio fondamentale: la contestazione tempestiva, da parte del Pubblico Ministero, di una circostanza aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio prevale sulla mancata presentazione della querela, a condizione che tale contestazione avvenga prima della scadenza del termine previsto per la querela stessa. Questa sentenza riafferma il ruolo e i poteri della pubblica accusa nel processo penale, bilanciandoli con le nuove disposizioni sulla procedibilità introdotte dalla Riforma Cartabia.

Dopo la Riforma Cartabia, quando è valida la contestazione di un’aggravante che rende un reato procedibile d’ufficio?
La contestazione è valida se effettuata dal Pubblico Ministero alla prima udienza utile e prima che sia scaduto il termine concesso alla persona offesa per presentare la querela, come previsto dalla disciplina transitoria della riforma.

La sopravvenuta mancanza di querela può bloccare l’azione del Pubblico Ministero che vuole modificare l’imputazione?
No. Se la modifica dell’imputazione, con l’aggiunta di un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio, avviene tempestivamente (prima della scadenza del termine per la querela), l’azione penale può proseguire legittimamente, e la mancanza della querela diventa irrilevante.

Il furto di energia elettrica è sempre procedibile d’ufficio?
No, non sempre. Diventa procedibile d’ufficio se sussistono determinate circostanze aggravanti, come quella prevista dall’art. 625, n. 7 del codice penale, ovvero quando il furto ha per oggetto beni destinati a un pubblico servizio o a pubblica utilità, come appunto l’energia elettrica facente parte della rete nazionale di distribuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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