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Procedibilità d’ufficio: appello inammissibile

Un individuo ricorre in Cassazione sostenendo che la Corte d’Appello, riqualificando un’accusa da tentato furto a danneggiamento aggravato, abbia violato il divieto di ‘reformatio in pejus’. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile per difetto di interesse. La motivazione risiede nel fatto che, a causa dell’aggravante del fatto commesso su un edificio pubblico, il reato mantiene la procedibilità d’ufficio in entrambe le qualificazioni giuridiche (sia furto che danneggiamento), rendendo l’appello privo di qualsiasi utilità pratica per il ricorrente.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Procedibilità d’ufficio e Riforma Cartabia: quando l’appello è inutile

La recente Riforma Cartabia ha modificato il regime di procedibilità per molti reati, introducendo la necessità della querela di parte. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: quando un’aggravante specifica mantiene la procedibilità d’ufficio per un fatto, un appello basato sulla sola riqualificazione giuridica del reato può risultare inammissibile per mancanza di interesse. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti del Caso

Un imputato veniva condannato in primo grado per diversi episodi di furto. In particolare, un capo d’imputazione, originariamente rubricato come tentato furto aggravato, veniva riqualificato dal Tribunale in danneggiamento aggravato. Con l’entrata in vigore della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), che ha esteso la procedibilità a querela a molte fattispecie, la difesa si aspettava una declaratoria di non doversi procedere per mancanza della querela della persona offesa.

La Corte d’Appello, tuttavia, pur riconoscendo la mancanza di querela, operava una nuova riqualificazione del fatto, riportandolo alla fattispecie di danneggiamento aggravato ai sensi dell’art. 635, comma 2, c.p. Questa mossa ha avuto una conseguenza cruciale: ha reso il reato procedibile d’ufficio, consentendo la conferma della condanna.

Il Ricorso in Cassazione: la violazione della procedibilità d’ufficio

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due vizi principali:

1. Violazione del divieto di reformatio in pejus: Secondo la difesa, essendo l’imputato l’unico appellante, la Corte d’Appello non avrebbe potuto peggiorare la sua posizione. Trasformare un reato, divenuto non procedibile per mancanza di querela, in uno procedibile d’ufficio rappresentava, a suo dire, un chiaro peggioramento.
2. Motivazione illogica: La decisione di riqualificare il fatto sarebbe stata supportata da una motivazione carente e illogica.

L’obiettivo del ricorso era chiaro: ottenere l’annullamento della sentenza per far dichiarare l’improcedibilità del reato, esattamente come era avvenuto per un’altra delle accuse contestate.

La Decisione della Cassazione e la chiave della procedibilità d’ufficio

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per una ragione dirimente: il difetto di interesse. L’interesse ad impugnare, infatti, non è un concetto astratto, ma deve tradursi nella possibilità di ottenere un risultato pratico più vantaggioso. In questo caso, tale vantaggio non era raggiungibile.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’analisi dell’aggravante contestata sin dall’inizio. Il fatto era stato commesso “su edificio a uso pubblico o destinato all’uso pubblico”, circostanza prevista dall’art. 625, n. 7 del codice penale.
La Corte di Cassazione ha spiegato che, nonostante la Riforma Cartabia, la procedibilità d’ufficio è rimasta invariata per i reati che presentano questa specifica aggravante.

– Se il fatto viene qualificato come furto aggravato (art. 624 c.p. in relazione all’art. 625, n. 7), l’art. 624, comma 3, prevede espressamente che si proceda d’ufficio.
– Se il fatto viene qualificato come danneggiamento aggravato (art. 635 c.p.), la procedibilità d’ufficio è ugualmente prevista quando il reato è commesso sulle cose indicate nell’art. 625, n. 7.

In entrambi gli scenari, la qualificazione giuridica non cambia la sostanza: il reato resta perseguibile d’ufficio. Di conseguenza, l’imputato non avrebbe potuto ottenere alcun beneficio pratico dall’accoglimento del suo ricorso. L’esito finale, in termini di procedibilità, sarebbe stato identico.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un importante insegnamento: l’analisi della procedibilità di un reato deve essere completa e tenere conto di tutte le circostanze specifiche del caso. Non basta guardare alla norma generale introdotta da una riforma; è essenziale verificare se esistano eccezioni, come le aggravanti, che mantengono il regime di procedibilità d’ufficio. Un’impugnazione è ammissibile solo se può portare a un risultato concretamente più favorevole per il ricorrente. Se, come in questo caso, qualsiasi qualificazione giuridica del fatto conduce allo stesso risultato processuale, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile per mancanza di un interesse giuridicamente rilevante.

Quando un ricorso in appello è inammissibile per ‘difetto di interesse’?
Un ricorso è inammissibile per ‘difetto di interesse’ quando, anche in caso di accoglimento, l’imputato non otterrebbe alcun vantaggio pratico o una situazione più favorevole rispetto a quella decisa nella sentenza impugnata. L’interesse deve essere concreto e non puramente teorico.

La Riforma Cartabia ha reso tutti i reati di furto e danneggiamento procedibili a querela?
No. La sentenza chiarisce che, sebbene la regola generale sia diventata la procedibilità a querela, rimangono diverse eccezioni. Nello specifico, sia il furto che il danneggiamento restano procedibili d’ufficio se commessi su edifici a uso pubblico o destinati a uso pubblico (aggravante ex art. 625, n. 7 c.p.) o in altre circostanze indicate dalla legge.

Cosa significa il divieto di ‘reformatio in pejus’ e perché in questo caso non è stato violato?
Il divieto di ‘reformatio in pejus’ impedisce al giudice di appello di peggiorare la condanna dell’imputato se solo lui ha presentato appello. In questo caso, la Cassazione ha ritenuto che il principio non fosse pertinente perché la situazione dell’imputato non è peggiorata: il reato era e rimaneva procedibile d’ufficio a prescindere dalla qualificazione giuridica. Non c’è stato un peggioramento effettivo, ma solo la constatazione di un regime processuale immutato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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