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Procedibilità d’ufficio: aggravante tardiva non salva

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13779/2024, ha stabilito un importante principio in materia di procedibilità d’ufficio. Se un reato, a seguito di una riforma, diventa procedibile a querela e il termine per presentarla scade, il Pubblico Ministero non può ‘salvare’ il processo contestando tardivamente un’aggravante che renderebbe il reato procedibile d’ufficio. La Corte ha stabilito che, una volta maturata l’improcedibilità per mancanza di querela, il giudice ha l’obbligo di dichiararla immediatamente, rendendo inefficace ogni successiva contestazione suppletiva.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Procedibilità d’ufficio: la Contestazione Tardiva dell’Aggravante Non Salva il Processo

Con la sentenza n. 13779 del 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale in tema di procedibilità d’ufficio e mutamenti legislativi. La decisione chiarisce che se un reato diventa procedibile a querela e il termine per proporla scade, l’improcedibilità che ne deriva non può essere superata da una successiva contestazione di un’aggravante da parte del Pubblico Ministero. Approfondiamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: Furto di Energia e Riforma Legislativa

Il caso trae origine da un’accusa di furto aggravato di energia elettrica. Durante il processo, è entrato in vigore il D.Lgs. n. 150/2022 (la cosiddetta ‘Riforma Cartabia’), che ha modificato il regime di procedibilità per il reato di furto, rendendolo, in molte ipotesi, perseguibile solo a querela della persona offesa. La legge prevedeva un termine transitorio per consentire alle persone offese di presentare la querela per i reati commessi prima della riforma.

Nel caso specifico, questo termine è scaduto senza che la società erogatrice dell’energia elettrica presentasse la querela. Di conseguenza, il reato era diventato improcedibile.

La Mossa del Pubblico Ministero e la Decisione del Tribunale

Durante un’udienza successiva alla scadenza del termine, il Pubblico Ministero ha tentato di superare l’ostacolo contestando una circostanza aggravante ulteriore (prevista dall’art. 625, n. 7, c.p.), ossia l’aver commesso il furto su cose destinate a pubblico servizio. La presenza di tale aggravante avrebbe reso il reato nuovamente procedibile d’ufficio.

Il Tribunale di primo grado, tuttavia, ha respinto questa iniziativa. Ha dichiarato il non doversi procedere per mancanza della querela, ritenendo la contestazione dell’aggravante tardiva e inefficace, poiché formulata quando una causa di improcedibilità si era già consolidata.

L’Analisi della Cassazione sulla Procedibilità d’ufficio

Il Procuratore ha presentato ricorso in Cassazione, ma la Suprema Corte ha confermato la decisione del Tribunale, rigettando il ricorso. Il ragionamento della Corte si fonda su un’applicazione estensiva dei principi enunciati dalle Sezioni Unite nella celebre sentenza ‘Domingo’ in materia di prescrizione.

L’applicazione dei principi ‘Domingo’ alla mancanza di querela

La sentenza ‘Domingo’ (Cass. Sez. U, n. 49935/2023) aveva stabilito che, una volta maturato il termine di prescrizione per un reato, una successiva contestazione di un’aggravante (che pure allungherebbe i termini di prescrizione) è inefficace. Questo perché il giudice, ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, ha l’obbligo di dichiarare immediatamente la causa di estinzione del reato non appena essa si verifica.

La Quinta Sezione Penale, nel caso in esame, ha ritenuto che lo stesso principio debba applicarsi anche alla mancanza di una condizione di procedibilità come la querela. La scadenza del termine per proporre querela determina il sorgere di una causa di improcedibilità che il giudice deve rilevare e dichiarare immediatamente.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che, una volta che il termine per la querela è decorso invano, si cristallizza una situazione processuale che preclude la prosecuzione dell’azione penale. La successiva contestazione suppletiva da parte del PM, pur essendo un’espressione del suo potere di esercizio dell’azione penale, non può ‘resuscitare’ un procedimento ormai paralizzato da una causa di improcedibilità. La contestazione dell’aggravante deve essere considerata tamquam non esset, ovvero come se non fosse mai avvenuta, perché interviene quando il potere del giudice di decidere nel merito è già venuto meno.

Questo approccio tutela principi di rango costituzionale come la ragionevole durata del processo e la stabilità delle situazioni giuridiche. Permettere al PM di modificare l’imputazione per aggirare una causa di improcedibilità già maturata creerebbe incertezza e pregiudicherebbe il diritto dell’imputato a veder definita la propria posizione processuale.

Le Conclusioni: un Principio di Stabilità Processuale

In conclusione, la sentenza rafforza un principio fondamentale del diritto processuale penale: l’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente le cause di non punibilità, come l’improcedibilità per mancanza di querela, ai sensi dell’art. 129 c.p.p. Tale obbligo prevale sulla facoltà del Pubblico Ministero di modificare l’imputazione. La contestazione di un’aggravante finalizzata a ripristinare la procedibilità d’ufficio è inefficace se interviene dopo che il termine per la presentazione della querela è scaduto, consolidando una causa di improcedibilità.

È possibile rendere un reato procedibile d’ufficio contestando un’aggravante dopo la scadenza del termine per la querela?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se il termine previsto dalla legge per presentare la querela è scaduto, il reato diventa improcedibile. Una successiva contestazione di un’aggravante che renderebbe il reato procedibile d’ufficio è inefficace e non può ‘sanare’ la mancanza della condizione di procedibilità già maturata.

Quale principio applica la Cassazione per risolvere il conflitto tra contestazione tardiva e mancanza di querela?
La Corte applica, per analogia, i principi stabiliti dalle Sezioni Unite nella sentenza ‘Domingo’ in materia di prescrizione. Così come una contestazione tardiva non può far rivivere un reato già prescritto, allo stesso modo non può far rivivere l’azione penale quando si è già consolidata una causa di improcedibilità, come la mancanza di querela.

La facoltà del Pubblico Ministero di modificare l’imputazione è illimitata?
No. Sebbene il Pubblico Ministero abbia il potere di formulare contestazioni suppletive fino alla chiusura del dibattimento, tale potere non può superare l’obbligo del giudice, sancito dall’art. 129 c.p.p., di dichiarare immediatamente una causa di non punibilità (come l’improcedibilità) non appena questa si manifesta. La formazione della causa di improcedibilità preclude ogni ulteriore attività processuale finalizzata a una decisione nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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