LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Procedibilità d’ufficio: aggravante non contestata

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore Generale che sosteneva la procedibilità d’ufficio per un tentato furto di batterie telefoniche. La Corte ha stabilito che, affinché un reato sia procedibile d’ufficio per la presenza di una circostanza aggravante (in questo caso, il furto di cose destinate a pubblico servizio), tale aggravante deve essere stata esplicitamente contestata dal Pubblico Ministero nell’atto di imputazione, cosa non avvenuta nel caso di specie.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Procedibilità d’ufficio: L’aggravante deve essere contestata dall’accusa

Con l’ordinanza n. 4722 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: la procedibilità d’ufficio legata a una circostanza aggravante dipende dalla sua esplicita contestazione da parte del Pubblico Ministero. Se l’accusa non inserisce l’aggravante nel capo di imputazione, questa non può essere invocata successivamente per superare la necessità della querela. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti del processo

Il caso nasce da un procedimento per tentato furto aggravato a carico di tre individui. Gli imputati erano accusati di aver cercato di sottrarre 76 batterie di mantenimento da una centrale telefonica. A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2022 (la cosiddetta ‘Riforma Cartabia’), che ha ampliato il novero dei reati procedibili a querela di parte, il Tribunale di Isernia aveva dichiarato il non doversi procedere per difetto di querela.

Il ricorso e la questione sulla procedibilità d’ufficio

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha impugnato la decisione del Tribunale, sostenendo che il reato dovesse essere considerato procedibile d’ufficio. La tesi del ricorrente si basava sulla configurabilità della circostanza aggravante prevista dall’art. 625, comma primo, n. 7 del codice penale, ovvero il fatto commesso su cose ‘destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità’. Secondo il Procuratore, la natura dei beni (batterie di una centrale telefonica) rendeva automatica l’applicazione di tale aggravante e, di conseguenza, la procedibilità d’ufficio del reato, a prescindere dalla querela.

La centralità della contestazione formale

Il punto cruciale del dibattito legale si è concentrato sulla necessità che una circostanza aggravante, per poter produrre i suoi effetti (incluso quello sulla procedibilità), debba essere formalmente e specificamente contestata nell’atto di imputazione. Non è sufficiente che essa sia astrattamente desumibile dalla descrizione dei fatti.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno sottolineato che il Pubblico Ministero è l’unico organo titolare del potere di contestare le circostanze aggravanti. Nel caso specifico, l’aggravante del furto su cose destinate a pubblico servizio non era stata menzionata né tra le norme di legge richiamate, né nella descrizione del fatto contenuta nel capo d’imputazione. Anzi, le aggravanti contestate erano altre (art. 625, nn. 2 e 5 e art. 61 n. 7 c.p.).
La Corte ha inoltre evidenziato un elemento decisivo: lo stesso Pubblico Ministero, in sede di conclusioni del processo di primo grado, aveva chiesto di dichiarare il ‘non doversi procedere per difetto di querela’. Questo comportamento dimostra inequivocabilmente che l’accusa stessa non aveva mai inteso contestare l’aggravante che avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio. Pertanto, il tentativo del Procuratore Generale di ‘introdurre’ tale aggravante in sede di appello è stato ritenuto illegittimo, in quanto viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: l’imputato deve essere giudicato solo per i fatti e le circostanze che gli sono stati formalmente contestati. La procedibilità d’ufficio non può derivare da un’interpretazione postuma dei fatti, ma deve trovare fondamento in una precisa e tempestiva contestazione da parte dell’organo dell’accusa. La decisione della Cassazione serve da monito sull’importanza della precisione nella formulazione dei capi d’imputazione, i cui effetti si propagano per l’intero corso del processo, influenzando anche le condizioni di procedibilità.

Quando un furto diventa procedibile d’ufficio anche dopo la Riforma Cartabia?
Un furto è procedibile d’ufficio se sussiste e viene formalmente contestata dal Pubblico Ministero una delle circostanze aggravanti previste dalla legge che lo rendono tale, come ad esempio il fatto commesso su cose destinate a pubblico servizio.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore Generale?
Perché la circostanza aggravante che avrebbe garantito la procedibilità d’ufficio (furto su cose destinate a pubblico servizio) non era stata contestata dal PM nell’imputazione originaria. Non si può far valere in appello un’aggravante mai formulata formalmente in primo grado per modificare il regime di procedibilità.

Chi ha il potere di contestare le circostanze aggravanti in un processo penale?
Secondo quanto stabilito dal sistema processuale e ribadito dalla Corte, il Pubblico Ministero (PM) è l’unico organo titolare del potere di contestare le circostanze aggravanti, che definiscono l’ambito e la gravità dell’accusa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati