Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2576 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2576 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a BARLETTA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MESAGNE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal ConNOMEe NOME COGNOME; letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibili ricorsi
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Ancona, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia con la quale il 16/11/2020 il Tribunale di Ascoli Piceno aveva dichiarato COGNOME NOME e COGNOME NOME responsabili del delitto previsto dagli artt. 110, 624 e 625 nn. 4 e 6 cod. pen. perché, in concorso tra loro, al fine di trarne profitto, all’interno dell’esercizio denominato «bar Florian», avevano asportato una carta di credito rilasciata dalla Banca Picena Trentina di Martinsicuro, una carta bancomat rilasciata dal medesimo istituto bancario e una carta postepay, nonché la tessera sanitaria ed euro 50 di proprietà di COGNOME COGNOME. Tali beni erano custoditi all’interno di un armadietto presente in un locale del suddetto esercizio commerciale adibito a spogliatoio. Con le aggravanti di aver commesso il fatto all’interno di un esercizio in cui si somministrano cibi o bevande e con la recidiva (capo a); del delitto previsto dagli artt. 110 cod. pen. e 55, comma 9, d. Igs. 21 novembre 2007, n. 231 perché, in concorso tra loro, indebitamente avevano utilizzato non essendone titolari la carta di credito di proprietà di COGNOME NOME acquistando presso la profumeria «RAGIONE_SOCIALE» un prodotto dal costo di euro 52,99, presso il negozio di abbigliamento «RAGIONE_SOCIALE» un pantalone e una maglia in lana del costo totale di euro 149, presso il negozio di telefonia RAGIONE_SOCIALE un telefono mobile Samsung Galaxy del costo di euro 599 e presso il negozio di telefonia «In RAGIONE_SOCIALE» un telefono modello Nokia Lumia 920 del costo di euro 389 e avevano prelevato presso la Banca Popolare dell’EmiliaRomagna la somma di euro 250 (capo b). In San Benedetto del Tronto il 30 ottobre 2013.
Il tribunale aveva concesso a entrambe le imputate le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, esclusa la circostanza del furto con destrezza e, con l’aumento per la continuazione, le aveva condannate alla pena di anni uno mesi quattro di reclusione ed euro 600 di multa ciascuna (pena base per il reato di cui al capo B un anno di reclusione ed euro 310,00 di multa, aumentata per la continuazione interna a un anno mesi due e giorni quindici di reclusione ed euro 560,00 di multa, aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo A ad un anno e mesi quattro di reclusione ed euro 600,00 di multa), revocando il beneficio della sospensione condizionale per entrambe.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando la sentenza per omessa motivazione in merito alle censure svolte dalla difesa con riferimento alla ascrivibilità dei reati all’imputata. Non vi sono testimoni che possano dire di aver
visto l’imputata commettere il reato, né video o foto che la ritraggono, in quanto i fotogrammi agli atti non permettono di identificare l’odierna ricorrente. Lo stesso tribunale aveva affermato di non aver potuto individuare con certezza il ruolo svolto dalla ricorrente, alla quale si riconosce tuttavia senza motivazione un concorso morale. La COGNOME avrebbe avuto il ruolo di palo, ma in contrasto con i fotogrammi della telecamera del bar Florian, che immortalano una sola persona con capelli corti di sesso incerto, mentre nelle foto segnaletiche dell’epoca NOME COGNOME portava i capelli lunghi e aveva fisionomia diversa dalla persona immortalata. Analoghe considerazioni si possono fare per l’utilizzo della carta di credito, anche perché il teste COGNOME NOME, commesso del negozio di telefonia RAGIONE_SOCIALE di San Benedetto del Tronto, ha riconosciuto solo COGNOME NOME, non anche COGNOME NOME, la teste COGNOME NOME, commessa del negozio «RAGIONE_SOCIALE», aveva riconosciuto la COGNOME, la teste COGNOME NOME, commessa del negozio «RAGIONE_SOCIALE», ha riconosciuto entrambe le donne senza però precisare il ruolo della ricorrente e la teste COGNOME NOME, commessa del negozio «RAGIONE_SOCIALE», non ha riconosciuto nessuna delle due. Le individuazioni fotografiche fatte dai testi sono avvenute cinque mesi dopo i fatti, essendo pertanto inattendibili.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per difetto di condizione di procedibilità in quanto la persona offesa si è limitata a presentare una denuncia.
4.1. Deduce vizio di motivazione in relazione all’individuazione dell’imputata quale autrice materiale delle condotte contestate, fondandosi la condanna su una prova indiziaria che non può assurgere al rango di prova piena oltre ogni ragionevole dubbio. Argomento centrale della vicenda è l’individuazione delle imputate quali autrici delle condotte loro ascritte, gli indizi addotti non essendo tali da assurgere a prova. Il giudice di appello si è limitato a convalidare la ricostruzione effettuata dal giudice di primo grado. In particolare, nell’atto di appello si era assunto che nessuno avesse visto le imputate perpetrare il furto di cui al capo a), anche perché dai fotogrammi estrapolati dal sistema di videosorveglianza dell’esercizio commerciale non era possibile riconoscere nemmeno il sesso della persona immortalata. Da tale rilievo non si sono tratte le debite conclusioni. Il vizio di motivazione riguarda anche la fattispecie di reato contestata al capo b), non esistendo immagini video o fotogrammi delle imputate all’interno degli esercizi commerciali intente a effettuare gli indebiti acquisti. convincimento della colpevolezza dell’imputata si fonda esclusivamente sulle individuazioni fotografiche effettuate da alcuni dipendenti degli esercizi commerciali che, tuttavia, non sono univoche e lasciano margini di dubbio
notevoli. La difesa aveva esplicitato tutte le discrepanze presenti nella dichiarazione dei testimoni, ma i giudici di appello hanno omesso di sottoporre ad approfondito vaglio il ragionamento del giudice di primo grado. Il riconoscimento delle due imputate non è stato effettuato in termini di certezza e sul punto la sentenza di appello è palesemente contraddittoria, avendo evidenziato come almeno due testimoni si fossero espressi in maniera dubitativa. Il sillogismo dal quale si fa derivare la responsabilità penale della ricorrente è fondato su una premessa incerta e discutibile, ossia dal riconoscimento operato dai testi, dal quale si fa derivare la responsabilità per il reato di furto e poi quel di indebito utilizzo della carta di credito. Non vi è alcun accenno alla precisa censura relativa al fatto che nell’album fotografico mostrato in sede di indagini e poi al dibattimento vi fosse tra le 12 persone raffigurate una sola persona con i capelli corti, proprio la COGNOME, così da inficiare l’attendibilità delle risulta dell’individuazione fotografica. E’ stata dedotta dal fatto, non provato, che le autrici del furto fossero le imputate l’ulteriore circostanza secondo la quale le stesse sarebbero state anche le responsabili dell’indebito utilizzo della carta di credito. Le sentenze di merito si fondano sulla contiguità temporale tra la sottrazione e l’utilizzo, ma si tratta di un dato neutro e privo della valenza probatoria che la Corte di appello gli ha attribuito. Si è fatto riferimento all’elevato grado di credibilità razionale che è proprio dei reati colposi mentre per i reati dolosi è necessaria la prova oltre ogni ragionevole dubbio, nel caso di specie non raggiunta. La circostanza che all’interno dei telefoni comprati con la carta di credito vi fossero due schede SIM intestate alla COGNOME non costituisce prova della responsabilità delle imputate, le quali avrebbero ben potuto acquistare incautamente il cellulare in buona fede da terzi.
4.2. Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 133 cod. pen. e carenza di motivazione in merito al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti contestate; motivazione necessaria qualora il giudice si sia discostato dal minimo edittale.
il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve, preliminarmente, osservarsi che le censure inerenti all’affermazione di responsabilità delle imputate in relazione al capo b) dell’imputazione non superano il vaglio di ammissibilità in quanto, a fronte di una motivazione coerente con la gravità indiziaria a disposizione dei giudici dei due gradi di
merito, tendono a ottenere in fase di legittimità una rivalutazione delle acquisizioni istruttorie (esito positivo della perquisizione eseguita presso il domicilio delle imputate, utilizzo dei telefoni cellulari provento di furto mediante due schede SIM intestate a COGNOME NOME, prove dichiarative) già analizzate e valutate nelle competenti fasi di merito. Occorre, pertanto, dichiarare ai sensi dell’art.624 cod. proc. pen. l’irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità relativamente a tale capo d’imputazione.
Con riguardo, invece, al reato contestato al capo a), il primo motivo del ricorso proposto da COGNOME NOME è fondato e assorbe ogni altra censura anche perché estensibile alla coimputata COGNOME NOME ai sensi dell’art.587, comma 1, cod. proc. pen. Occorre, in primo luogo, rimarcare che, pur essendo la questione attinente alla procedibilità dell’azione penale rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art.129 cod. proc. pen. in ogni stato e grado del procedimento (Sez. 5, n.23689 del 06/05/2021, COGNOME, Rv. 281318 – 01; Sez. 3,n.24146 del 14/03/2019, NOME., Rv. 275981 – 01), la Corte territoriale ha omesso di verificare la sussistenza della querela.
L’art. 2, comma 1, lett. i), d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150 ha così sostituito l’art. 624, comma 3, cod. pen.: «Il delitto è punibile a querela della persona offesa. Si procede, tuttavia, d’ufficio se la persona offesa è incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all’art. 625, n. 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e n. 7bis)»; la condotta di furto aggravato ascritta alle imputate al capo a) (artt. 624 e 625, n.6 cod.pen.) è, pertanto, divenuta procedibile a querela per effetto di una norma applicabile a decorrere dal 30 dicembre 2022; in relazione ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della modifica legislativa, l’art.85 dello stesso decreto ha stabilito che «Per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato».
Va, dunque, rilevato che la Corte territoriale ha emesso sentenza di condanna in data 10 gennaio 2023, ossia dopo l’entrata in vigore del d. Igs. n.150/2022, senza verificare se, nel termine previsto dalla disposizione transitoria, la persona offesa avesse presentato o intendesse presentare una valida querela, essendo in atti solo la denuncia presentata alla Stazione
Carabinieri di Martinsicuro in data 1 novembre 2013 priva di espressione di volontà punitiva.
La pronuncia della sentenza in data antecedente la scadenza del termine previsto dall’art.85 d. Igs. n.150/2022 non consente alla Corte di cassazione di provvedere ai sensi dell’art.129 cod. proc. pen.; tale questione, che risulta preliminare e dirimente anche con riferimento al ricorso proposto da COGNOME NOME (Sez. 2, n. 189 del 21/11/2019, dep. 2020, Bonometti Rv. 277814 – 02, in cui si è affermato che l’effetto estensivo dell’impugnazione produce i suoi effetti anche con riferimento all’imputato non ricorrente, o il cui ricorso sia inammissibile, e indipendentemente dalla fondatezza dei motivi dell’imputato validamente ricorrente, purché di natura non esclusivamente personale) impone l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al reato contestato al capo a), con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia, che dovrà verificare se per il fatto oggetto della relativa imputazione sia stata proposta querela e, in caso negativo, rilevare il difetto di procedibilità per il predetto reato e rideterminare il trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata relativamente al reato di furto contestato al capo a) e rinvia alla Corte di appello di Perugia per il giudizio.
Dichiara inammissibile il ricorso limitatamente al reato di cui al capo b). Visto l’art.624 cod. proc. pen. dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità delle imputate con riferimento al reato di cui al capo b).
Così deciso il 9 gennaio 2024
NOME estensore
GLYPH
Il Presidente