Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28317 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28317 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME NOME nato il 14/02/1994 a COGNOME COGNOME nato il 28/01/2000 a ROMA
avverso la sentenza in data 25/10/2024 della CORTE DI APPELLO DI ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME, per il tramite del comune procuratore speciale e con separati ricorsi, impugnano la sentenza in data 25/10/2024 della Corte di appello di Roma che, in riforma della sentenza in data 07/05/2024 del G.i.p. del Tribunale di Latina, in relazione alla posizione di COGNOME COGNOME, ha riqualificato ai sensi dell’art. 610 cod. pen. il fatto contestato al capo A) e, in relazione a entrambi, ha rideterminato la pena inflitta dal giudice di primo grado per i reati loro rispettivamente ascritti.
Deducono:
COGNOME Cesare.
1.1. Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. e travisamento della prova in relazione al capo A).
Il ricorrente de nuncia l’ illogicità della motivazione della sentenza impugnata, in quanto non considera che la condotta realizzata da COGNOME era diretta a ottenere un risarcimento per la manovra pericolosa messa in atto da COGNOME, così mancando l’elemento psicologico del delitto di rapina.
Lamenta la mancata considerazione dell’intercettazione ambientale del 18/11/2023, progressivo n. 1101 RIT 996/2022 e la mancata considerazione del fatto che la richiesta di denaro era stata avanzata per vedersi risarcire per lo spavento sofferto per la manovra pericolosa.
Aggiunge che la condotta realizzata da COGNOME era la stessa di quella di COGNOME COGNOME, che la corte di appello ha qualificato come violenza privata, così che anche quella del ricorrente andava qualificata in tal senso.
1.2. Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 56, comma terzo, cod. pen. , oltre che travisamento della prova in relazione ai capi A) e B).
1.2.1. Secondo il ricorrente, in relazione al capo A), non poteva configurarsi un tentativo, per la mancanza del requisito degli atti idonei diretti in modo non equivoco all’impossessamento del denaro di NOME; osserva, inoltre, che la condotta era stata interrotta volontariamente da COGNOME, nonostante non vi fosse nessuna telecamera nella FIAT Doblò dello stesso COGNOME.
Si duole anche della mancata risposta al motivo di gravame con il quale si rappresentavano tali circostanze.
1.2.2. In relazione al capo B), il ricorrente osserva che COGNOME COGNOME era entrato armato nella farmacia per chiedere del denaro all’insaputa di COGNOME, che in quel frangente si trovava in macchina, ignaro della condotta realizzata dal coimputato.
Precisa, comunque, che COGNOME COGNOME recedeva volontariamente dalla condotta predatoria, pur avendo la possibilità di portarla a termine, visto che si allontanava dalla farmacia perché temeva che la farmacista fosse morta.
1.3. Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione per la mancata esclusione della recidiva.
In questo caso il ricorrente denuncia l’apparenza della motivazione , la violazione dei principi di diritto in materia di recidiva e l’omessa risposta al motivo di gravame, con il quale si evidenziava che i precedenti penali erano relativi a reati risalenti nel tempo e di forma tentata; che in relazione al capo B) non si era avuta la prova che l’arma fosse vera ovvero che fosse un’arma giocattolo e che, comunque, vi era stata una desistenza da parte di COGNOME COGNOME; che la condotta di
cui al capo A) era stata estemporanea e occasionale; che in entrambi i fatti non era stato arrecato alcun danno a persone o cose.
1.4. Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 62 -bis cod. pen..
A tale proposito si denuncia il travisamento del fatto e l’illogicità della motivazione in quanto la corte di appello ha ritenuto grave la banale lite per motivi di viabilità per cui era stato contestato il reato di cui al capo A).
Osserva, inoltre, che COGNOME non è stato l’autore materiale del reato di cui al capo B).
1.5. Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 63, comma quarto, cod. pen. , in riferimento all’aumento per la recidiva.
Secondo il ricorrente, una volta applicato l’aumento di pena previsto per la rapina aggravata, l’ulteriore aumento di un terzo per la recidiva è eccessivo, con conseguente violazione dell’art. 63, comma quarto , cod. pen..
1.6. Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 56 cod. pen., per la riduzione di un solo terzo e per l’eccessività della pena base.
Anche in questo caso si sostiene l’illogicità della motivazione in quanto pone l’acce nto sulla gravità dei fatti, in relazione a condotte occasionali, l’una costituendo una lite per futili motivi e l’altra una condotta non portata a compimento.
1.7. Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 56, comma quarto, cod. pen., per il mancato riconoscimento del recesso attivo.
Si assume che il recesso attivo è stato erroneamente escluso dalla corte di appello, in quanto sia in relazione al capo A), sia in relazione al capo B) le azioni non furono portate a termine, nonostante l’attività esecutiva si fosse interamente compiuta, mancando soltanto la realizzazione dell’evento .
2. COGNOME Leonardo.
2.1. Violazione di legge, inosservanza di norma processuale, vizio di motivazione e travisamento della prova in relazione al capo A).
Il ricorrente sostiene che era stato COGNOME a bloccare il furgone condotto da COGNOME, mentre COGNOME COGNOME si era limitato a insultare la persona offesa per la condotta di guida scorretta.
Denuncia la mancata considerazione dell’intercettazione ambientale del 18/11/2023, progressivo n. 1101 RIT 996/2022 e la mancata considerazione che la richiesta di denaro era stata avanzata per vedersi risarcire per lo spavento sofferto per la manovra pericolosa.
Aggiunge che, una volta qualificato il fatto ai sensi dell’art. 610 cod. pen., la corte di appello avrebbe dovuto dichiararne l’estinzione del reato per difetto di querela.
2.2. Violazione di legge, inosservanza di norma processuale in relazione all’art. 56, comma terzo, cod. pen..
Dopo avere illustrato i contenuti oggettivi e soggettivi della desistenza volontaria, precisa che COGNOME COGNOME recedeva volontariamente dalla condotta predatoria, pur avendo la possibilità di portarla a termine, visto che si allontanava dalla farmacia perché temeva che la farmacista fosse morta.
2.3. Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 62 -bis cod. pen.
A tale proposito si denuncia il travisamento del fatto e l’illogicità della motivazione in quanto la corte di appello ha ritenuto grave la banale lite per motivi di viabilità per cui era stato contestato il reato di cui al capo A).
Osserva, inoltre, che per il capo B) c’era stata la desistenza volontaria.
2.4. Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 56 cod. pen., in relazione alla riduzione di un solo terzo in ragione del tentativo e per l’eccessività della pena base.
Anche in questo caso si sostiene l’illogicità della motivazione in quanto pone l’accento sulla gravità dei fatti, in relazione a condotte occasionali, l’una costituendo una lite per futili motivi e l’altra una condotta non portata a compimento.
Si deduce, quindi, l’eccessività della pena base, con la sola riduzione di un terzo per effetto del tentativo, pur in presenza di un soggetto incensurato.
2.5. Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 56, comma quarto, cod. pen., per il mancato ricono -scimento del recesso attivo.
Si assume che il recesso attivo è stato erroneamente escluso dalla corte di appello, in quanto sia in relazione al capo A), sia in relazione al capo B) le azioni non furono portate a termine nonostante l’attività esecutiva si fosse interamente compiuta, ma ncando soltanto la realizzazione dell’evento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di COGNOME Cesare è inammissibile perché i primi sei motivi sono meramente reiterativi delle identiche questioni sollevate con l’atto di appello , mentre il settimo non era stato devoluto con l’atto d’impugnazione davanti alla corte territoriale.
La motivazione che segue deve ritenersi riferita anche alla posizione di COGNOME COGNOME attesa la sovrapponibilità dei motivi esibiti nei due ricorsi, fatta
eccezione per la questione della procedibilità in relazione al capo A), riferibile alla sola posizione di COGNOME COGNOME.
1.1. La corte di appello, con riguardo al capo A) ha spiegato che doveva ritenersi configurata una rapina perché era stata chiesta una somma di denaro priva di causale, visto che l’imputato non aveva subito danni; ha considerato il contenuto dell’intercettazione e l’ha ritenuta non liberatoria; ha osserv ato che dalle conversazioni intercettate subito dopo il fatto emergeva che COGNOME non aveva proseguito nella sua condotta per la presenza delle telecamere che COGNOME gli aveva detto essere installate nel furgone, così che la sua desistenza non poteva definirsi spontanea e comunque la condotta era oramai compiuta, in quanto era già stata avanzata la richiesta di denaro; ha evidenziato l’in influenza del fatto che COGNOME non avesse riferito di una richiesta di denaro, visto che tale frammento di condotta emergeva da quanto narrato dallo stesso COGNOME nella conversazione intercettata.
Diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, poi, la corte di appello ha spiegato la differenza tra condotta realizzata da COGNOME e da COGNOME COGNOME, osservando che quest’ultimo si era limitato a limitare la libertà di movimento di COGNOME, mentre soltanto COGNOME lo aveva minacciato chiedendogli del denaro, così solo quest’ultimo aveva realizzato la condotta riconducibile al delitto di rapina.
1.2. Con riguardo al capo B), i giudici hanno osservato che COGNOME COGNOME entrava nella farmacia armato di una pistola, con la quale minacciava la farmacista al fine di farsi consegnare il denaro; che la farmacista -spaventata- urlava e si nascondeva dietro un mobile; che in quel frangente entrava in farmacia un’anziana signora e l’imputato si dava alla fuga, raggiungendo COGNOME, che lo attendeva in macchina con la funzione di palo (in ciò consistendo il suo concorso nel delitto); che dalle intercettazioni emerge che COGNOME COGNOME si dava alla fuga perché aveva temuto che la farmacista fosse morta.
Proprio a tale ultimo riguardo, la corte di appello ha osservato che COGNOME COGNOME aveva realizzato completamente la propria condotta, avendo minacciato e chiesto il denaro e che l’evento non si verificava per ragioni indipendenti dalla volontà dell’agente, che si allontanava per il sopraggiungere di una persona e perché temeva che la vittima ‘fosse morta’, così che il suo allontanamento non poteva considerarsi spontaneo.
Quanto alle circostanze attenuanti generiche, in relazione a entrambi gli imputati, i giudici hanno osservato che la rapina di cui al capo B) risultava pianificata e, dunque, non poteva considerarsi occasionale. Dalle conversazioni intercettate, invero, risultava la comune organizzazione dell ‘ azione predatoria, con il ruolo di esecutore materiale attribuito a COGNOME COGNOME e quello di ‘palo’ a COGNOME.
Parimenti significativa, in senso sfavorevole agli imputati, risultava la condotta di cui al capo A), realizzata per ritorsione per una presunta errata condotta
di guida, che conduceva gli imputati tra l’altro – a costringere COGNOME ad autodefinirsi ‘una merda’.
Quanto alla recidiva contestata a COGNOME, la corte di appello ha preso atto dei precedenti penali, ma, soprattutto, ha valorizzato la personalità proclive a delinquere e pericolosa emersa sia dai fatti, sia dai contenuti delle conversazioni.
I giudici hanno escluso che si potesse operare una maggiore riduzione per il tentativo, proprio per quanto esposto, anche con riguardo alla non occasionalità della condotta.
Così sintetizzata la motivazione, va rilevato che la corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto fissati sia in tema di desistenza volontaria, sia in punto di recidiva.
2.1. Per quanto riguarda la desistenza, va ribadito che «in tema di reati di danno a forma libera, come la rapina, la desistenza volontaria, che presuppone un tentativo incompiuto, non è configurabile una volta che siano posti in essere gli atti da cui origina il meccanismo causale capace di produrre l’evento, rispetto ai quali può operare, se il soggetto agente tiene una condotta attiva che valga a scongiurare l’evento, la diminuente per il cosiddetto recesso attivo. (Sez. 2, n. 16054 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 272677 -01).
Va osservato che la difesa di COGNOME ha denunciato l’omessa motivazione in relazione al profilo del recesso attivo.
La questione, però, non era stata dedotta con l’atto di appello, con la conseguenza che essa non può essere sollevata per la prima volta davanti alla Corte di cassazione.
Peraltro, essa deve ritenersi, comunque disattesa in quanto incompatibile con la motivazione dianzi sunteggiata e con i principi di diritto richiamati.
2.2. Con riguardo alla recidiva, la corte di appello non si è limitata a verificare i prece denti penali, ma ha anche rilevato l’esistenza di indici sintomatici di una maggiore pericolosità, in conformità al principio di diritto a mente del quale «ai fini della rilevazione della recidiva, intesa quale sintomo di un’accentuata pericolosità sociale dell’imputato e non come mera descrizione dell’esistenza a suo carico di precedenti penali per delitto, la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale della loro realizzazione, ma deve esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se e in qual misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto, che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice » (Sez. 2, n. 10988 del 07/12/2022, dep. 2023, Antignano, Rv. 284425 -01).
Analoghe considerazioni valgono con riguardo alle circostanze attenuanti generiche e alla misura della pena.
3.1. Con riguardo alle circostanze attenuanti generiche la motivazione è conforme al principio di diritto, a mente del quale «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato» (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 -01).
La corte di appello, per il vero, come visto, ha anche individuato elementi negativi a carico di entrambi gli imputati i quali, dal loro canto, non hanno indicato nessun elemento positivamente valutabile, se non una ricostruzione dei fatti intesa a minimizzarne il disvalore e lo stato di incensuratezza di COGNOME COGNOME, irrilevante per legge.
3.2. Con riguardo alla posizione di COGNOME, si deve rilevare la manifesta infondatezza della pretesa violazione dell’art. 63, comma quarto, cod. pen..
In realtà la corte di appello ha correttamente applicato il secondo aumento nella misura massima consentita, pari a un terzo.
3.3. Quanto alla misura della pena base prevista per il capo B) e per la riduzione limitata a un terzo per il tentativo, entrambi i ricorrenti oppongono una personale valutazione dei fatti, intesa a minimizzarne il disvalore, là dove la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni e all’individuazione della pena base, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen..
I giudici, peraltro, hanno giustificato la misura della pena complessivamente considerata con motivazione adeguata, logica, priva di contraddizioni e aderente alle emergenze processuali, così risultando incensurabile in sede di legittimità.
3.4. Quanto esposto porta alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso di COGNOME e la sua conseguente condanna al pagamento delle spese del procedi-mento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Passando al ricorso di COGNOME COGNOME risulta fondato il motivo esposto in relazione al capo A) , mentre sono inammissibili i restanti motivi d’impugnazione .
4.1. Con riguardo alla rapina di cui al capo B), attesa la sovrapponibilità dei motivi, valgono le osservazioni già svolte in relazione alla posizione di COGNOME, in relazione a tutte le questioni fin qui già trattate.
Da qui l’inammissibilità dei relativi motivi di ricorso in relazione al capo B) .
4.2. Risulta, invece, fondata la questione di procedibilità per difetto di querela sollevata in relazione al capo A).
La corte di appello, in relazione a tale capo d’imputazione, ha ritenuto che NOME COGNOME fosse responsabile di violenza privata e non di concorso nella rapina che si è ritenuta perpetrata dal solo COGNOME NOME.
All’epoca della commissione del fatto (4 aprile 2022) il delitto di violenza privata era procedibile d’ufficio; alla data della pronuncia della sentenza di appello (25/10/2024), invece, era già entrato in vigore il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, che ha mutato il regime della procedibilità, rendendo il reato perseguibile a querela della persona offesa.
Nel caso in esame non risulta che la persona offesa abbia presentato querela nei confronti di COGNOME COGNOME con la conseguente fondatezza del relativo motivo d’impugnazione.
Bisogna, infatti, ribadire che «in tema di reati divenuti perseguibili a querela a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la previsione della procedibilità a querela comporta che, stante la natura mista, sostanziale e processuale, della querela, nonché la sua concreta incidenza sulla punibilità dell’autore del fatto, il giudice, in forza dell’art. 2, comma quarto, cod. pen., deve accertare l’esistenza della stessa anche per i reati commessi anteriormente all’intervenuta modifica» (Sez. 5, n. 22641 del 21/04/2023, P., Rv. 284749 -01).
Da ciò discende che la sentenza va annullata nei confronti di COGNOME COGNOME, limitatamente al capo A).
L’annullamento, tuttavia, può essere disposto senza rinvio , potendosi rideterminare il trattamento sanzionatorio sulla base delle indicazioni del giudice di merito, essendo a tal fine sufficiente eliminare l’aumento di pena applicato in continuazione, pari a mesi uno e giorni dieci di reclusione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME COGNOME NOME limitatamente al reato di cui al capo a) perché improcedibile per difetto di querela ed elimina la relativa pena pari a mesi 1 e giorni 10 di reclusione. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME Cesare che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
Così è deciso, 09/07/2025 Il Consigliere estensore La Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME