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Procedibilità a querela: reato estinto per la riforma

Due soggetti ricorrono in Cassazione contro una condanna per tentata rapina e altri reati. Per uno, il ricorso è inammissibile. Per l’altro, la Corte annulla la condanna per violenza privata. Il motivo è che, a seguito della Riforma Cartabia, il reato è diventato a procedibilità a querela e, in assenza di querela della persona offesa, l’azione penale non può proseguire.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Procedibilità a Querela: Come la Riforma Cartabia Annulla una Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha messo in luce un aspetto cruciale della giustizia penale: l’impatto delle riforme legislative sui processi in corso. Il caso analizzato dimostra come la modifica della procedibilità a querela di un reato, introdotta dalla Riforma Cartabia, possa portare all’annullamento di una condanna. La decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro ordinamento: l’applicazione retroattiva della legge più favorevole all’imputato.

I Fatti del Caso: Tra Lite Stradale e Tentata Rapina

La vicenda giudiziaria trae origine da due distinti episodi delittuosi. Nel primo (capo A), due soggetti, a seguito di un alterco per motivi di viabilità, bloccavano il furgone di un altro automobilista. Uno dei due lo minacciava, chiedendo una somma di denaro a titolo di risarcimento per una presunta manovra pericolosa. L’altro si limitava a inveire contro la vittima. La Corte d’Appello aveva qualificato la condotta del primo come tentata rapina e quella del secondo come violenza privata.

Nel secondo episodio (capo B), uno degli imputati entrava in una farmacia armato di pistola con l’intento di farsi consegnare l’incasso. La reazione della farmacista, che urlava e si nascondeva, e il contemporaneo ingresso di un’altra cliente, lo spingevano a desistere e a fuggire, raggiungendo il complice che lo attendeva in auto con il ruolo di ‘palo’.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Dopo la condanna in appello, entrambi gli imputati presentavano ricorso per Cassazione. Le loro difese contestavano la qualificazione dei reati, la valutazione della prova, il mancato riconoscimento della desistenza volontaria e delle circostanze attenuanti generiche, nonché l’eccessività della pena.

In particolare, la difesa di uno degli imputati sollevava una questione decisiva relativa al reato di violenza privata: con l’entrata in vigore del D.Lgs. 150/2022 (Riforma Cartabia), tale reato è diventato perseguibile solo a querela di parte. Poiché la persona offesa non aveva mai sporto querela, il reato non poteva più essere perseguito.

La Decisione della Cassazione sulla Procedibilità a Querela

La Suprema Corte ha adottato due decisioni distinte per i due ricorrenti.

Per il primo imputato, autore materiale della tentata rapina in farmacia e della richiesta di denaro nella lite stradale, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati fossero una mera ripetizione di argomenti già respinti in appello e che la valutazione dei fatti e della pena da parte della corte territoriale fosse logica e corretta.

Per il secondo imputato, invece, il ricorso è stato parzialmente accolto. Mentre sono state respinte le censure relative alla tentata rapina in farmacia, la Corte ha ritenuto fondata la questione sulla procedibilità a querela del reato di violenza privata.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha ribadito che, in tema di reati che diventano perseguibili a querela, il giudice ha il dovere di accertare l’esistenza della stessa anche per i fatti commessi prima della modifica legislativa. Questo principio discende dall’articolo 2, comma quarto, del codice penale, che sancisce l’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli all’imputato.

La natura mista, sostanziale e processuale, della querela incide direttamente sulla punibilità dell’autore del fatto. Pertanto, la sua assenza impedisce l’esercizio dell’azione penale. Nel caso di specie, il reato di violenza privata, al momento della sua commissione, era procedibile d’ufficio. Tuttavia, al momento della sentenza di appello, la nuova legge era già in vigore. Non risultando agli atti alcuna querela da parte della persona offesa, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che annullare la sentenza di condanna per quel capo d’imputazione, senza necessità di un nuovo giudizio, rideterminando la pena per il reato residuo.

Per gli altri motivi, la Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito, escludendo la desistenza volontaria (poiché la fuga era stata dettata da fattori esterni come la paura di essere scoperto o che la vittima fosse morta) e confermando la correttezza nella valutazione della recidiva e nella determinazione della pena.

Conclusioni: L’Impatto della Riforma sulla Giustizia Penale

Questa sentenza è un chiaro esempio di come le riforme legislative possano avere un impatto immediato e decisivo sui processi in corso. La scelta del legislatore di ampliare il catalogo dei reati a procedibilità a querela risponde a una logica di deflazione del carico giudiziario e di valorizzazione della volontà della persona offesa. Per gli operatori del diritto, e per i cittadini, emerge un’importante lezione: le condizioni per l’esercizio dell’azione penale non sono immutabili e devono essere verificate in ogni stato e grado del procedimento, alla luce delle normative sopravvenute più favorevoli.

Se un reato diventa perseguibile a querela dopo che è stato commesso, cosa succede al processo in corso?
Se un reato, originariamente procedibile d’ufficio, diventa perseguibile a querela per una modifica legislativa, il giudice deve verificare se la persona offesa ha presentato querela. In assenza di querela, il reato non è più procedibile e il processo deve concludersi con una sentenza di proscioglimento o, come in questo caso, di annullamento della condanna per quel specifico reato.

Quando un tentativo di reato può considerarsi ‘desistenza volontaria’?
La desistenza è volontaria solo se l’agente interrompe l’azione criminale per una scelta autonoma e non a causa di fattori esterni che rendono impossibile o troppo rischioso continuare. In questo caso, la Cassazione ha ritenuto che la fuga per la presenza di telecamere o per il timore che la vittima fosse morta non costituisse una desistenza spontanea.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti del processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può rivalutare i fatti o le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per questo motivo, i ricorsi che si limitano a contestare la valutazione dei fatti fatta dai giudici di appello vengono dichiarati inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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