Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18636 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 7 Num. 18636 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/06/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Firenze confermava la sentenza con cui il tribunale di Pisa, in data 6.7.2018, aveva condannato COGNOME NOME alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al delitto di cui agli artt. 81, cpv., 624,, 625, co. 1, n. 7), c.p., in rubrica ascrittogli
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, lamentando: 1) violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento al difetto della condizione di procedibilità, trattandosi di reato divenuto perseguibile a querela di parte; 2) violazione di legge e vizio di motivazione, in punto di ritenuta sussistenza dell’indicata circostanza aggravante e di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche
Il ricorso va accolto, essendo fondato il primo motivo di ricorso, in esso assorbita ogni ulteriore doglianza.
Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità con orientamento costante la mancanza di una condizione di procedibilità – nella specie, la querela – osta a qualsiasi altra indagine in fatto, imponendo al giudice di dichiarare immediatamente e preliminarmente l’improcedibilità (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 45160 del 22/10/2015, Rv. 265098).
In questa prospettiva si è opportunamente evidenziato come, in tema di applicazione delle disposizioni di cui all’art. 129, c.p.p., la questione attinente alla procedibilità dell’azione penale è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e, quindi, può essere dedotta per la prima volta davanti alla Corte di cassazione, a eccezione del caso in cui, eccepita la tardività della querela, il “dies a quo” non debba essere determinato con un giudizio di fatto che è precluso al giudice di legittimità. (cfr. Sez. 5, n. 23689 del 06/05/2021, Rv. 281318, nonché Sez. 3, n. 24146 del 14/03/2019, Rv. 275981).
Legittima, dunque, deve considerarsi la proposizione da parte del ricorrente della questione sulla querela, che appare anche fondata, in essa assorbita ogni ulteriore doglianza.
Al riguardo si osserva che attualmente il delitto di furto, aggravato dalla circostanza di cui all’art. 625, co. 1, 7), c.p., per essere stato commesso il fatto su beni esposti per destinazione alla pubblica fede, come nel caso in esame, originariamente perseguibile d’ufficio, ai sensi della nuova formulazione dell’art. 624, co. 3, c.p., aggiunto dall’art. 2, co. 1, lett. i), d.lgs. 10.10.2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ex. art. 6, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, risulta perseguibile a querela di parte, rimanendo inalterata la perseguibilità d’ufficio solo “se la persona è incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all’art. 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7-bis”, circostanze, come si è visto, non configurabili nel caso che ci occupa.
Si pone, dunque, il problema dell’individuazione della disciplina da applicare nel caso, come quello in esame, di successioni di leggi nel tempo in punto di condizione di procedibilità.
Orbene, secondo il consolidato principio di diritto affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, il problema dell’applicabilità dell’art.2, c.p., in caso di mutamento nel tempo del regime della procedibilità a querela, va positivamente risolto alla luce della natura mista, sostanziale e processuale, di tale istituto, che costituisce nel contempo condizione di procedibilità e di punibilità. Infatti, il principio dell’applicazione della norma più favorevole al reo opera non soltanto al fine di individuare la norma di diritto sostanziale applicabile al caso concreto, ma anche in ordine al regime della procedibilità che inerisce alla fattispecie dato che è inscindibilmente legata al fatto come qualificato dal diritto (cfr. Sez. Sez. 3, n. 2733 del 08/07/1997, Rv. 209188).
Principio ribadito e approfondito da successive pronunzie, in cui si è evidenziato come a seguito della modifica del regime di procedibilità per delitti originariamente perseguibili d’ufficio, divenuti, sulla base di una sopravvenuta modifica normativa, perseguibili a querela, nei procedimenti in corso l’intervenuta remissione della querela comporta l’obbligo di dichiarare la non procedibilità ai sensi dell’art. 129, c.p.p.,
ove non ricorrano altre circostanze aggravanti ad effetto speciale (cfr. Sez. 2, n. 225 del 08/11/2018, Rv. 274734; Sez. 2, n. 21700 del 17/04/2019, Rv. 276651).
Nei sensi ora indicati si è espressa la giurisprudenza di legittimità successivamente all’entrata in vigore della nuova disciplina, affermando, in conformità al principio secondo cui l’applicazione della norma sopravvenuta più favorevole al reo opera anche con riguardo al regime di procedibilità, che, a seguito delle modifiche dell’art. 649-bis, c.p., introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la remissione di querela in relazione al reato di appropriazione indebita aggravato dalla recidiva reiterata comporta l’obbligo di dichiarare la non procedibilità ex art. 129, c.p.p., ove non sussistano altre circostanze aggravanti a effetto speciale (cfr. Sez. 2, n. 12179 del 25/01/2023, Rv. 284825).
Unico limite alla possibilità di proporre in sede di legittimità, con riferimento ai procedimenti in corso, la questione sul difetto della condizione di procedibilità ora richiesta dall’intervento riformatore va individuato nell’inammissibilità originaria del ricorso.
Sul punto la giurisprudenza della Suprema Corte, in una serie di condividibili arresti ha affermato il principio alla luce del quale, nei giudizi pendenti in sede di legittimità, l’improcedibilità per mancanza di querela, necessaria per reati divenuti procedibili a querela a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non prevale sull’inammissibilità del ricorso, poiché, diversamente dall’ipotesi di “abolitio criminis”, non è idonea a incidere sul cd. giudicato sostanziale (cfr. Sez. 5, n. 5223 del 17/01/2023, Rv. 284176; Sez. 4, n. 2658 del 11/01/2023, Rv. 284155). Tale principio, tuttavia, non si applica al caso in esame, non potendosi ritenere il ricorso dell’COGNOME radicalmente inammissibile, posto che, da un lato, esso risulta tempestivamente proposto; dall’altro, non possono ritenersi manifestamente infondati gli altri motivi di ricorso.
Trova, pertanto, applicazione il principio, affermato dalla giurisprudenza di questa sezione in un condivisibile arresto, secondo cui in tema di reati divenuti perseguibili a querela a seguito della modifica introdotta dal
d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la previsione della procedibilità a querela comporta che, stante la natura mista, sostanziale e processuale, della querela, nonché la sua concreta incidenza sulla punibilità dell’autore del fatto, il giudice, in forza dell’art. 2, comma quarto, c.p., deve accertare l’esistenza della stessa anche per i reati commessi anteriormente all’intervenuta modifica (cfr. Sez. 5, n. 22641 del 21/04/2023, Rv. 284749).
Ciò posto non può non rilevarsi l’assenza in atti di valida querela, che pure avrebbe potuto essere proposta dalla persona offesa nel termine previsto dall’art. 85, comma 1 d.lgs., 10.10.2022, n. 152, risultando, inoltre, del pari mancanti comportamenti processuali della suddetta persona offesa dai quali poter desumere una manifestazione di volontà punitiva, come l’avvenuta costituzione di parte civile o la riserva di costituirsi parte civile (cfr. Sez. 3, n. 19971 del 09/01/2023, Rv. 284616).
Sulla base delle svolte considerazioni, difettando la necessaria condizione di procedibilità, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato improcedibile per mancanza di querela (cfr. Sez. 5, n. 22658 del 10/05/2023, Rv. 284698).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’azione penale non può essere proseguita per mancanza della condizione di procedibilità. Così deciso in Roma il 13.12.2023.