LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Privata dimora: la cabina del bagnino e il furto

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto in una cabina da bagnino. La Corte ha confermato che tale luogo, se arredato e utilizzato per attività di vita quotidiana, costituisce una privata dimora, giustificando l’aggravante prevista dall’art. 624-bis del codice penale. L’identificazione fotografica è stata ritenuta valida.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Privata Dimora: Quando la Cabina del Bagnino Diventa Spazio Protetto

La recente ordinanza della Corte di Cassazione Penale affronta un tema di grande interesse pratico: la definizione di privata dimora ai fini della configurabilità del reato di furto aggravato. La Corte ha stabilito che anche un luogo di lavoro, come la cabina di un bagnino, può rientrare in questa categoria se utilizzato per lo svolgimento di atti della vita privata. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di furto, commesso all’interno della cabina di un bagnino. La pena inflitta era di quattro anni, cinque mesi e dieci giorni di reclusione, oltre a una multa. L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di ricorrere in Cassazione, contestando due aspetti principali della decisione dei giudici di merito:

1. La qualificazione giuridica della cabina del bagnino come privata dimora, elemento che determina l’applicazione della più grave fattispecie di reato prevista dall’art. 624-bis del codice penale.
2. La validità della prova relativa alla sua identificazione, avvenuta tramite confronto fotografico.

La Nozione di Privata Dimora secondo la Cassazione

Il punto centrale della controversia riguarda la nozione di privata dimora. L’imputato sosteneva che una cabina da lavoro non potesse essere equiparata a un’abitazione. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha respinto questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile.

I giudici hanno richiamato il consolidato orientamento delle Sezioni Unite, secondo cui rientrano nel concetto di privata dimora tutti quei luoghi in cui si svolgono, in modo non occasionale, atti della vita privata, e che non sono aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare. Questo concetto include anche i luoghi destinati ad attività lavorativa o professionale, a condizione che vi si compiano anche atti della vita privata in modo riservato.

Nel caso specifico, la Corte d’appello aveva correttamente accertato che la cabina del bagnino non era un semplice spogliatoio. Al contrario, era un locale completamente arredato, dotato di un cucinino e un letto, e veniva abitato per tutto il periodo estivo e durante l’arco della giornata dalla famiglia del bagnino. Queste circostanze hanno reso evidente la sua destinazione a luogo di vita privata, giustificando la sua classificazione come privata dimora.

La Validità dell’Identificazione Fotografica

Anche la seconda doglianza, relativa all’identificazione, è stata giudicata infondata. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero fornito una motivazione logica e adeguata. L’identificazione era stata effettuata dalla polizia giudiziaria confrontando le immagini di videosorveglianza con una fotografia dell’imputato scattata al momento del suo fermo.

I filmati mostravano una persona con caratteristiche fisiche molto specifiche e individualizzanti: capelli neri lunghi e lisci, occhiali da sole di un noto stile, un bracciale, una maglietta rossa con una scritta evidente, jeans e scarpe da ginnastica. Tutti questi elementi trovavano una precisa corrispondenza con la fotografia dell’imputato, rendendo il riconoscimento attendibile e non contestabile in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi proposti erano riproduttivi di censure già correttamente esaminate e respinte nei gradi di merito. L’imputato, secondo i giudici, non ha sollevato critiche pertinenti alla logicità della sentenza impugnata, ma ha tentato di ottenere una nuova e inammissibile valutazione delle prove. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si può riesaminare il fatto, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la tutela della privata dimora non è limitata alla sola abitazione principale, ma si estende a tutti i luoghi in cui l’individuo svolge la propria vita privata al riparo da ingerenze esterne. La decisione sottolinea che la valutazione deve essere fatta caso per caso, analizzando l’uso effettivo del luogo. Una semplice cabina di lavoro può trasformarsi in uno spazio protetto se diventa, di fatto, un centro di attività personali e familiari. L’esito del processo, con la condanna dell’imputato al pagamento delle spese e di una somma alla cassa delle ammende, conferma la solidità dell’impianto accusatorio e la corretta interpretazione della legge da parte dei giudici di merito.

Un luogo di lavoro può essere considerato ‘privata dimora’ ai fini del reato di furto?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, un luogo di lavoro rientra nella nozione di privata dimora se in esso si compiono in modo non occasionale atti della vita privata e si preclude l’accesso a terzi senza il consenso del titolare.

Quali caratteristiche deve avere un luogo per essere qualificato come privata dimora?
Deve essere un luogo dove si svolgono atti della vita privata in modo stabile e non occasionale. Nel caso specifico, la presenza di arredi come un letto e un cucinino e l’uso del locale da parte della famiglia del titolare per tutta la giornata sono stati elementi decisivi.

È possibile contestare in Cassazione l’identificazione fotografica fatta dalla polizia giudiziaria?
No, non è possibile se la contestazione mira a una nuova valutazione del materiale probatorio. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo se si lamenta un vizio di motivazione, ovvero se le ragioni fornite dal giudice di merito sono illogiche, mancanti o contraddittorie, cosa che nel caso di specie è stata esclusa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati