Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25131 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25131 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 30/11/1993
avverso l’ordinanza del 19/02/2025 del GIP TRIBUNALE di VERCELLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto annullarsi con rinvio il provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza del 19 Febbraio 2025 il Tribunale di Vercelli ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso a NOME COGNOME con la sentenza della Corte d’appello di Bologna del 18 ottobre 2023.
A ragione della decisione osserva che la prevenuta aveva usufruito del beneficio più volte, con le sentenze emesse dal Tribunale di Busto Arsizio il 5 novembre 2018 e dal Tribunale di Rovigo il 4 giugno 2019, complessivamente per condanne superiori a due anni di reclusione, in violazione dell’art. 168 cod. pen.
2- Ricorre NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME sviluppando un unico motivo con cui deduce erronea applicazione della legge penale nonché manifesta illogicità della motivazione.
Lamenta che l’ordinanza impugnata non ha considerato il dato pacifico che la condannata è stata estradata dalla Germania esclusivamente per il procedimento n. 3209 del 2023 del Tribunale di Verona e che la stessa ,sentita dal magistrato di sorveglianza, no n ha dato l’assenso all’estensione degli effetti dell’estradizione in relazione procedimenti diversi da quello citato.
Il Tribunale avrebbe dovuto sospendere il procedimento per acquisire il consenso della condannata o, comunque, verificare la violazione del divieto del principio di specialità dell’estradizione.
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità
3.1. Il ricorrente sostiene che il decidente avrebbe dovuto esaminare di ufficio la questione dell’operatività dell’istituto della revoca della sospensione condizionale pena per fatti di reato diversi da quelli per i quali l’estradizione è stata assentita ed anteriori alla consegna nonché dei limiti alla sua efficacia in difetto del rinnovato assenso dello Stato estero sul titolo pregresso (e in assenza delle condizioni vicarie, stabilite dall’art. 721 cod. proc. pen.).
3.2. Trattasi di questione assai complessa che ha ricevuto in giurisprudenza soluzioni contrastanti.
Secondo una risalente pronuncia di questa Corte qualora, a seguito di estradizione concessa dallo stato estero, il soggetto estradato sia stato giudicato e condannato in Italia, detta condanna non può comportare la revoca di benefici (nella specie sospensione condizionale della pena e indulto) a suo tempo concessi in relazione a condanne inflitte per reati per i quali l’estradizione non sia stata concessa. (Sez. 5, n. 16129 del 30/01/2002, COGNOME, Rv. 221907-01)
Secondo un più recente condivisibile orientamento, il principio di specialità non preclude dunque al giudice dell’esecuzione di disporre, secondo il diritto interno, la revoca di benefici, siano essi l’indulto o la sospensione condizionale della pena, anche in relazione a condanne per fatti anteriori e diversi da quelli per ì quali la consegna è stata concessa; mentre non è legittimo, in assenza dì estradizione suppletiva concernente il titolo cui la revoca si riferisce, e salvo che sussistano i presupposti ulteriori ex art. 721, comma 5, cod. proc. pen., emettere l’ordine di carcerazione, o comunque includere la pena detentiva rinveniente dalla revoca nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti ex art. 663 cod. proc. pen. e disporre l’esecuzione contestuale pene cumulate (Sez. 1, n. 34872 del 30/06/2022, COGNOME, Rv. 283506 -01; nella stessa direzione Sez. 1, n. 20767 del 23/02/2018, COGNOME Rv. 272834-01; Sez. 1, n. 4457 del 17/01/2017 Wahid Rv. 269189 – 01 .). D’altra parte, il principio di specialità non osta a che l’Autorità giudiziaria italiana proceda nei confronti della persona estradata per reati diversi da quelli per i quali la stessa è stata consegnata, commessi anteriormente al suo trasferimento nel territorio nazionale. In assenza di estradizione suppletiva, e a
meno che non si verifichino le diverse condizioni stabilite dall’art. 721, comma 5, lett. b) e c), cod. proc. pen., deve ritenersi soltanto preclusa la possibilità di eseguire, nei confronti della persona estradata, misure restrittive della libertà personale, sia durante il procedimento che in esito allo stesso (Sez. 2, n. 7747 del 26/03/1982, COGNOME, Rv. 154924-01).
Tale è anche la disciplina vigente a proposito del mandato di arresto europeo (Sez. 1, n. 4457 del 17/01/2017, COGNOME, Rv. 269189- 01).
Quel che è vietato, in violazione del principio di specialità, è dunque eseguire le pene, ed eventualmente celebrare il processo (nei caso evocati dall’art. 721, comma 2, cod. proc. pen.); mentre non sono inibiti provvedimenti in executivis che, dopo il giudicato, incidano sulla sola quantificazione delle pene da espiare.
La violazione di legge ed il vizio di motivazione sono denunciati non solo in termini involuti, che rendono impossibile individuare gli esatti contorni delle censure, ma soprattutto senza riferimenti specifici alla vicenda concreta neanche per relatione m. Né, ai fini dell’applicazione degli invocati principi, è possibile integrare gli scarni dati forniti consultando il fascicolo processuale, che non contiene, né nell’istanza né negli atti successivi, precise indicazioni sulla posizione processuale della ricorrente e sui limiti dell’estradizione citata nel ricorso.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 27 maggio 2025.