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Principio di specialità: frode fiscale e truffa

La Corte di Cassazione ha confermato l’annullamento di un sequestro preventivo, ribadendo il principio di specialità tra il reato di dichiarazione infedele e quello di truffa aggravata. Se la condotta fraudolenta non produce un profitto ulteriore e diverso rispetto alla mera evasione fiscale (come un indebito rimborso), si applica solo la norma tributaria specifica. Se quest’ultima non è punibile per il mancato superamento delle soglie di legge, il sequestro è illegittimo.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Principio di Specialità: Quando la Frode Fiscale Assorbe la Truffa

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 26934 del 2025, offre un importante chiarimento sul rapporto tra i reati tributari e la truffa aggravata ai danni dello Stato. Il fulcro della decisione è il principio di specialità, un cardine del diritto penale che stabilisce quale reato debba essere applicato quando una singola azione sembra violare più norme. La Corte ha stabilito che una condotta fraudolenta finalizzata all’evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore nella specifica norma tributaria, a meno che non produca un profitto ulteriore e diverso rispetto alla semplice evasione.

I Fatti del Caso

Il caso riguardava un’indagine su un complesso sistema fraudolento. Un soggetto, agendo in concorso con altri nell’ambito di un’associazione per delinquere, aveva presentato dichiarazioni fiscali (mod. 730) contenenti dati fittizi per ottenere indebiti rimborsi d’imposta. Il meccanismo era elaborato e prevedeva la creazione di falsi profili di operatori accreditati presso centri di assistenza fiscale (CAF), la raccolta illecita di dati di contribuenti e l’inserimento di un’enorme mole di dichiarazioni fraudolente.

Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva disposto un sequestro preventivo per un valore di oltre 700.000 euro, ipotizzando il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato. Tuttavia, il Tribunale del Riesame, in accoglimento del ricorso dell’indagato, aveva annullato il sequestro. Secondo il Tribunale, la condotta rientrava nel reato specifico di ‘dichiarazione infedele’ (art. 4 del D.Lgs. 74/2000) e, in base al principio di specialità, non poteva configurarsi anche il più generale reato di truffa. Inoltre, poiché l’imposta evasa tramite i rimborsi non superava le soglie di punibilità previste dalla legge per quel reato tributario, non sussisteva il fumus boni iuris necessario per mantenere il sequestro. Il Pubblico Ministero ha quindi proposto ricorso in Cassazione contro questa decisione.

La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, confermando in toto la decisione del Tribunale del Riesame. I giudici hanno stabilito che il provvedimento impugnato era immune da censure e che la corretta qualificazione giuridica del fatto era quella di dichiarazione infedele, assorbente rispetto alla truffa.

Le Motivazioni della Corte sul Principio di Specialità

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su un solido ragionamento giuridico, ancorato a un precedente fondamentale delle Sezioni Unite (sent. n. 1235/2010). Le motivazioni possono essere così sintetizzate:

1. Rapporto di Genere a Specie: La Corte ribadisce che tra la truffa aggravata e i reati di frode fiscale esiste un rapporto di specialità. La frode fiscale è una ‘specie’ del ‘genere’ truffa. La condotta fraudolenta descritta dalla norma tributaria (come l’indicazione di elementi passivi fittizi in dichiarazione) non è altro che una forma specifica degli ‘artifici e raggiri’ richiesti per la truffa.

2. L’Assenza di un Profitto ‘Ulteriore e Diverso’: Il criterio distintivo per stabilire se possa concorrere anche il reato di truffa è la natura del profitto. Il concorso di reati è possibile solo se dalla condotta deriva un profitto ulteriore e diverso rispetto alla mera evasione fiscale. Nel caso di specie, il rimborso d’imposta ottenuto non è un profitto ‘diverso’, ma costituisce l’esatto risultato della condotta evasiva. È il profitto tipico del reato fiscale.

3. Irrilevanza della Complessità Organizzativa: Il Pubblico Ministero sosteneva che la complessità dell’organizzazione (creazione di falsi CAF, raccolta illecita di dati) costituisse un ‘quid pluris’ rispetto alla semplice dichiarazione infedele, integrando così gli artifici e raggiri della truffa. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che tutte le attività preparatorie e organizzative, per quanto complesse, se finalizzate unicamente a presentare la dichiarazione fraudolenta, sono assorbite dal reato fiscale. Esse non costituiscono un’autonoma condotta di truffa ma rientrano nel perimetro del reato tributario.

4. Estensione del Principio: La Corte ha affermato che i principi espressi dalle Sezioni Unite, sebbene relativi ad altri reati fiscali, sono pienamente applicabili anche all’ipotesi di dichiarazione infedele (art. 4 D.Lgs. 74/2000), data la coerenza sistematica e teleologica del sistema penale tributario.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Stabilisce una netta linea di demarcazione: le condotte fraudolente finalizzate a evadere le imposte o a ottenere rimborsi indebiti devono essere inquadrate esclusivamente nelle fattispecie previste dalla legislazione penale tributaria. L’accusa di truffa aggravata può essere mossa solo in presenza di un vantaggio patrimoniale che esula dal rapporto fiscale, come l’ottenimento di pubbliche erogazioni non collegate a un’imposta. Questa decisione fornisce certezza giuridica, impedendo duplicazioni di accuse per lo stesso fatto (violazione del ne bis in idem) e ancora la repressione penale al rispetto delle specifiche soglie di punibilità previste dalle norme tributarie, come voluto dal legislatore.

Quando una frode fiscale può essere considerata anche truffa aggravata ai danni dello Stato?
Secondo la Corte, ciò avviene solo quando la condotta fraudolenta produce un profitto che è ‘ulteriore e diverso’ rispetto al mero vantaggio fiscale. Un rimborso d’imposta, essendo il diretto risultato dell’evasione, non costituisce un profitto ulteriore e diverso, quindi la condotta resta confinata nel reato tributario.

Una struttura organizzativa complessa creata per evadere le tasse integra il reato di truffa?
No. La Cassazione ha chiarito che anche le condotte preparatorie complesse (come la creazione di profili falsi, la raccolta illecita di dati, etc.), se finalizzate unicamente alla presentazione di una dichiarazione fiscale fraudolenta, sono assorbite dal reato tributario e non configurano un’autonoma fattispecie di truffa.

Cosa accade se una condotta è qualificata come reato tributario ma l’importo evaso è inferiore alla soglia di punibilità?
Se la condotta viene inquadrata in uno specifico reato tributario (come la dichiarazione infedele) ma non raggiunge le soglie di punibilità previste dalla legge per quel reato, il fatto non è penalmente rilevante. Di conseguenza, non possono essere applicate misure cautelari come il sequestro preventivo, poiché manca il presupposto del ‘fumus boni iuris’, ossia la parvenza di un reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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